Chi ci amministra > Sindaco on line > In Primo Piano

Discorso di insediamento del sindaco Giacomo Ghilardi

Signore e Signori Consiglieri,
Signore e Signori Assessori,
Carissimi Amici!

Oggi, dopo cinque anni di lavoro, ci ritroviamo per il primo consiglio comunale e per il giuramento del sindaco.
All’inizio del quinquennio passato, nel discorso che feci per questa stessa occasione, ho voluto tratteggiare le linee del mio impegno per la Città e dichiarare i riferimenti culturali e politici della mia storia.
Dalle radici cristiane a cui sono stato educato ho attinto i valori che mi hanno accompagnato in questi anni e che si sono tradotti in servizio per l’unità, ovvero la volontà di trovare un punto di incontro pur nel riconoscimento delle differenze, in servizio per la libertà, quindi nella capacità di guardare la realtà senza partire da uno schema prefissato, e in servizio per la verità, quindi nell’agire con trasparenza, senza doppiezza.

A quel testo ho cercato di fare sempre riferimento e per me rimane un punto di paragone ancora oggi.
Era il mio primo mandato e tutti avevamo bisogno di tempo per verificare persone e programmi.
Oggi prendo la parola davanti a voi, e ai cittadini, con cinque anni alle spalle che hanno permesso questa conoscenza e che, in modo deciso, chi è andato a votare ha apprezzato.

Qualcosa è cambiato
In questo tempo la nostra città è cambiata.
Non ho la presunzione di dire che è cambiata solo grazie al lavoro della giunta e del sindaco, anche se abbiamo fatto la nostra parte senza tirarci indietro.
Piuttosto il cambiamento è avvenuto grazie a un quotidiano sintonizzarci sui bisogni incontrati.
Il cambiamento di cui sto parlando è quello emerso dal voto. Chi ha votato ha manifestato un legame radicalmente più forte con le persone prima ancora che con la parte politica da esse rappresentata. Sappiamo che, almeno a livello locale, questo è sempre stato vero, ma oggi appare ancora più vero. E noi che siamo qui questa sera ne siamo la dimostrazione.
I grandi ideali che hanno mosso le correnti partitiche negli anni sono andati sempre più sfumando. Assistiamo anche al mutamento degli ideali stessi di alcuni grandi partiti italiani che, così facendo, lasciano politicamente orfane non poche persone che non si sentono più rappresentate. Il modo di presentare l’attività politica è cambiato, complici anche i nuovi strumenti di comunicazione.
Alla cultura dell’incontro si preferisce spesso quella dello scontro. E così abbiamo circa il 46% degli aventi diritto che non ha votato. Dobbiamo guardare anche a loro, forse anzitutto a loro. Dobbiamo guardare a loro insieme, maggioranza e minoranza, non come a un terreno da riconquistare, ma come a persone con cui riprendere un rapporto e fare una proposta.
I partiti in qualità di corpi intermedi rivestono un ruolo determinante e hanno il compito decisivo di raccolta delle idee della gente. Per questo l’appello di essere sempre più vicini alle istanze del territorio e di fungere da elemento di congiunzione tra la politica e i cittadini così che insieme si possa tornare ad essere sempre di più realtà che rappresentino le idee delle persone piuttosto che rispondere alle logiche di potere.
Sono convinto che l’astensionismo non dipenda solo da una delusione o da un disinteresse della nostra gente, ma anche dal fatto che gli elettori sono diventati più informati e più esigenti. Esigono gente seria, che non si odi, che non svenda se stessa in nome di un principio astratto, che non scenda a compromesso su tutto, che non cambi bandiera pur di rimanere in sella, che non sgomiti per avere i primi posti,
che non rinneghi la propria storia pur di ottenere il potere. Insomma, la gente esige uomini e donne liberi.
Questo fa parte del cambiamento che ho notato in questi anni nel piccolo della nostra realtà. E mi sono chiesto: cosa mostra questo cambiamento? Che strada ci indica?

Cosa vuol dire essere presenti
Uno dei punti su cui ho investito molto, in questi cinque anni, è stata la presenza capillare sul territorio.
Ho cercato di incontrare tutti, di ascoltare tutti, di interessarmi a ciascuno.
Nelle periferie, come nel centro della Città, la gente ha visto spesso il sindaco presente.
Siamo intervenuti dove occorreva farlo e abbiamo invece sostenuto chi lo stava facendo prima di noi e meglio di noi in altri contesti, valorizzando al massimo l’iniziativa dei cittadini e delle associazioni.
Del resto, è nostro convincimento che lo stato non debba sostituirsi, ma mettersi a servizio della popolazione, come recita l’articolo 118 della nostra Costituzione .
Su questo principio continuerà la nostra azione.
Ma cosa vuol dire essere presenti?
In questi anni, circa questa domanda, ho fatto alcune scoperte. Per raccontarvele mi permetto di fare riferimento all’ultima canzone di Jovanotti e Gianni Morandi dal titolo “Evviva!”. Canzone a cui ho già fatto ricorso in occasione della presentazione della Giunta. E che oggi voglio riprendere.
Forse non è molto istituzionale, ma dice bene quello che ho nel cuore.
«Sono giorni complicati, ma lo sono sempre stati. Sai com’è, poi li rimpiangi quando ormai sono passati». a prima scoperta che ho fatto è l’urgenza della condivisione della vita. In questi anni abbiamo affrontato prove mai viste e imprevedibili. Ci hanno lasciato questo dono: non possiamo vivere sopportandoci. Noi e la nostra gente abbiamo bisogno che chi si occupa dell’amministrazione della città prenda sul serio la vita concreta di tutti. Paradossalmente è proprio nella complicazione delle situazioni che si è più portati a dare il meglio di noi stessi. Essere presenti significa condividere la vita dell’altro.
La canzone continua così: «Quest’Italia bella e pazza si divide su ogni cosa. Casa, chiesa, rete e piazza, moralista e fantasiosa. I miei tempi sono adesso e lo sono ormai da un pezzo. Hai reclamo c’è un ufficio, ma non ricordo l’indirizzo».
La seconda scoperta di questi anni è il valore dell’unità. In questo confronto elettorale i due candidati principali condividevano, e condividono, anzitutto la medesima origine. Prima ancora che essere dell’uno o dell’altro partito, siamo cristiani. Guardarsi così, dare il primato a ciò che è definitivo anziché a ciò che passa, cambia completamente il modo di operare. Essere presenti significa esserlo con la verità di noi stessi. Spero che il prossimo mandato su questo punto ci veda realmente coinvolti. Polemiche, scontri inutili, accuse, cattiverie… lasciamoli a quelli che sono rimasti attaccati ad una ideologia. Ciascuno di noi vale di più dell’ideologia.
Per essere presenti occorre essere uniti.
Torniamo a Gianni Morandi. «Facciamo un pezzo di strada che non so dove arriva. Accada quello che accada, sono vivo e sei viva». Il ritornello della canzone insiste sull’andare avanti senza sapere con precisione quello che capiterà. La politica è un’arte che chiede a ciascuno la reale disponibilità a lasciarsi correggere dall’altro.
L’alternativa si chiama potere. Il potere è una smania che spinge a raggiungere ciò che uno si è prefissato costi quel che costi, anche scavalcando chi si dovesse mettere di traverso.
Illude di poter trovare la salvezza nel raggiungimento del proprio obiettivo.
In questi anni ho imparato che l’altro può arrivare prima e con idee migliori.
Ho sperimentato che i buoni rapporti sono più importanti dell’avere le stesse idee.
Essere presenti significa custodire la libertà circa il risultato e essere fermi sulle ragioni per cui facciamo le cose.
Il cambiamento di questi anni ci chiede di essere presenti.

Proseguiamo una strada insieme
Lo slogan che ho scelto per la campagna elettorale è stato “Avanti insieme”. Due parole semplici che dicono di due movimenti. Anzitutto “avanti”. Il rischio di camminare con la testa rivolta indietro è un pericolo che non possiamo permetterci.
Non possiamo permetterci di imbroccare strade che la storia ha già chiuso, senza accorgerci delle nuove sfide, di alzare muri che non ci permettono di guardare con attenzione tutti i fattori in gioco nella realtà. Questo modo di fare ci porterebbe inesorabilmente su due binari paralleli facendone pagare tutto il prezzo alla cittadinanza che siamo chiamati a servire. Occorre invece uno slancio per andare “avanti”, scoprire ciò che ci attende, sfidare il futuro. Tutto questo però “insieme”. Ma Insieme a chi? Anzitutto insieme alla nostra storia. Abbiamo la fortuna di avere dei padri, una tradizione, un passato vivo che ci accompagna. La strada che continuiamo insieme non inizia con noi. Avanti insieme agli amici.
Ciascuno di noi ha una rete di persone che, nel tempo, sono diventate come una casa. L’amicizia è uno dei tratti più decisivi dell’esperienza umana. Il nostro lavoro dovrebbe aiutare la gente a costruire rapporti di amicizia civica, quotidiana e leale, che faccia progredire uno stare insieme sempre più umano. Quante liti, quante contese, quanti litigi si potrebbero evitare. C’è un modo di amministrare che aiuta uno stile simile e un modo che non aiuta. Per esempio, Cinisello Balsamo occorre che sia una città in cui le regole che ci diamo servano solo per aiutare la convivenza e mai per imporre una pena. Dobbiamo vigilare, come amministrazione, perché i primi a rispettare le regole nei confronti dei cittadini dobbiamo essere proprio noi, per non chiedere agli altri ciò in cui il Comune potrebbe essere carente. Snellire la burocrazia, intervenire sui bisogni reali, favorire una rete di rapporti valorizzando associazionismo e volontariato, insomma mettere tutti nelle condizioni di poterci essere e di poter essere amici. I cittadini occorre che riconoscano dalla loro parte gli amministratori. In questo senso “amici”.
Andare avanti per il bene comune. Su questo desidero richiamare brevemente alcune urgenze che stanno a cuore a me e alla squadra che compone l’attuale giunta.

Alcune urgenze: sicurezza, bellezza, educazione
Nel programma elettorale abbiamo elencato e dettagliato quanto abbiamo fatto e desideriamo fare in questi anni. Richiamo qui solo tre urgenze che ci stanno particolarmente a cuore.
In primo luogo, la sicurezza. È un aspetto, certo non sufficiente, ma irrinunciabile perché i quartieri e il territorio rimangano luoghi di vita. Si deve poter vivere la Città come una casa, senza aver paura di uscire in alcuni orari e in certi posti. I nostri figli hanno bisogno di un ambiente sicuro. Il metodo più efficace è abitare la Città.
Più la Città è abitata, più diventa sicura. Per questa ragione occorre che la Città sia sempre più bella.
La bellezza piace a tutti. Le cose curate, ordinate, pulite sono un valore universale.
Il bello dice di uno stile nel fare le cose che ne dichiara il valore. Come scrisse il grande poeta francese Charles Péguy: «Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore.
La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era naturale, era inteso. Era un primato. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura. Una tradizione venuta, una storia, un assoluto, un onore esigevano che quella gamba di sedia fosse ben fatta. E ogni parte della sedia fosse ben fatta. E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano. Secondo lo stesso principio delle cattedrali».

La bellezza chiede un’educazione. Su questo occorre chiarire che non è compito dello stato educare i cittadini, ma valorizzare e sostenere chi lo fa rispettando il dettato costituzionale. Per questo desideriamo incoraggiare e sostenere le realtà presenti sul territorio che hanno come carisma quello educativo. Che ogni famiglia sia messa nelle condizioni reali di poter scegliere che educazione dare ai propri figli rimane per noi un primato culturale prima che politico. Per quanto può fare il Comune lo faremo.

Per concludere
Una provocazione ancora valida
Sulla piazza Gramsci si affaccia la chiesa di sant’Ambrogio. Quando fu vescovo di Milano combatté sopra ogni cosa per la libertà della Chiesa e per combattere gli errori di quel tempo. Era un’epoca molto dura e disse: «Voi pensate: i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi».
Vivere bene è il modo più efficace per rendere bello tutto, persino le difficoltà.

All’inizio di questo nuovo mandato rivolgo a ognuno di voi questo augurio. Lo rivolgo a chi mi ha votato e a chi non mi ha votato. A chi collaborerà sinceramente e a chi ci ostacolerà. A chi vorrà dare il proprio contributo e a chi preferirà la polemica. Lo rivolgo agli amici della Giunta e a tutti i consiglieri.
Viviamo bene e muteremo i tempi.

Data ultima modifica: 7 giugno 2023
  • Via XXV aprile, 4 20092 Cinisello Balsamo

    Centralino 02660231

    Numero Verde 800397469

    WhatsApp 366.6229188

    Segnalazioni del cittadino

    Posta certificata: comune.cinisellobalsamo@pec.regione.lombardia.it

    Codice Fiscale 01971350150
    Partita Iva 00727780967
    Codice Catastale: C707

    Sito registrato al Tribunale di Monza n. 2022