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Consegniamo alle nuove generazioni la passione per la libertà, senza esclusivismi e rivendicazioni

Carissimi Amici,

è motivo di orgoglio e fonte di responsabilità prendere la parola in occasione della celebrazione della Festa della Liberazione.

Il 25 aprile 1945 venne proclamata l’insurrezione generale di tutti i territori occupati dalle forze nazifasciste: per Milano è il giorno effettivo della liberazione dalla dittatura fascista e dall’occupazione tedesca. Per altri territori, invece, si dovrà attendere ancora qualche giorno, sino alla definitiva capitolazione avvenuta il 3 maggio 1945.

Sin dal 1946, però, la data del 25 aprile è considerata “Festa della Liberazione”: una ricorrenza sentita da tutti gli italiani che, al termine di uno dei periodi più bui della nostra storia, avvertì l’esigenza di consacrare questo giorno alla vittoria sulla prepotenza della dittatura e della violenza oppressiva di ogni libertà.

Anche noi, oggi, siamo radunati nelle nostre piazze per celebrare questo giorno. Non si tratta solo di una commemorazione storica, per quanto fondamentale e importante, ma di una vera e propria festa: la festa della nostra democrazia e della nostra libertà.

Festa della democrazia, perché, dopo il 25 aprile 1945, si gettarono basi solide per la costruzione dello Stato repubblicano, con la partecipazione di tutte le forze politiche di allora, che avevano combattuto insieme durante la Resistenza. Quegli uomini, pur con visioni della vita differenti, ebbero la forza e l’intelligenza di mettere al primo posto il bene comune per la costruzione di uno Stato libero e democratico.

Molto abbiamo da imparare anche noi, anche se in un contesto decisamente mutato, da questa umile disponibilità ad anteporre il bene di tutti agli interessi di una parte.
Festa della libertà, perché con il sacrificio di molte vite umane, l’Italia venne definitivamente liberata. Donne e uomini misero al primo posto la libertà contro ogni oppressione e ingiustizia che, nella storia, sono sempre nate dalle ideologie, di qualunque colore e di qualunque estrazione. L’ideologia è un punto di vista parziale fatto valere come assoluto ed esclusivo. La battaglia contro le ideologie non è mai finita.

Dal sangue di questi uomini e di queste donne è germogliato l’albero della nostra democrazia. Un albero dalle radici profonde, ma non per questo immune da malattie e, talvolta, fragilità istituzionali. A noi il compito di proteggerlo, per nutrirci sempre dei suoi buoni frutti.

Per questo, quella di oggi, non può essere solo una commemorazione, ma deve assumere i toni di una vigilanza. Abbiamo la responsabilità di consegnare alle nuove generazioni la passione per la libertà, senza retorica, senza esclusivismi e senza rivendicazioni di sorta contro alcuno.

Dopo tutti questi anni abbiamo potuto e dobbiamo sempre verificare la fragilità di valori come democrazia e libertà. Valori che non devono essere sbandierati al solo fine di sottolineare le contrapposizioni oggi ancora esistenti.

Lo scontro politico, come quello quotidiano nelle nostre case e città, fino ad arrivare alle innumerevoli ondate di atti terroristici, di cui gli episodi accaduti in Sri Lanka il giorno di Pasqua sono solo gli ultimi di una lunga serie, sono un perentorio avvertimento circa la necessità di non smarrire la nostra origine e il significato di queste parole e di questi valori. Non possiamo dare per scontato che ciò che festeggiamo oggi sia ancora comprensibile a tutti. Il velo dell’indifferenza si è alzato sullo sguardo di molti. I termini che utilizziamo non possono più beneficiare di una comprensione e di una condivisione comune. Ciò per cui i nostri padri si sono battuti non è più un bene per tutti e anche noi rischiamo di dividerci proprio per difendere e trasmettere ciò che ci ha unito.

L’esempio di chi ha combattuto e ha lottato per la libertà, infatti, ci insegna che nei momenti di difficoltà, pur nella diversità di tradizioni, ideologie e mentalità, siamo chiamati a fare squadra, per perseguire beni più nobili e più alti rispetto alle nostre diversità.

È quindi particolarmente significativo vedere oggi accanto a noi la partecipazione di una rappresentanza storica della Brigata Ebraica. I figli di Israele, che versarono il tributo più alto rispetto a ogni altro popolo, seppero unirsi, per non soccombere ai piedi della tirannia e dei molti crimini commessi dal nazifascismo.
Il nostro grazie verso questi fratelli non sarà mai sufficiente, così come, ancora oggi, non possiamo che provare vergogna per la pagina più drammatica della storia d’Italia: la promulgazione delle leggi razziali.

Per questo, cari amici, oltre alla parola democrazia e alla parola libertà, dobbiamo oggi, con un po’ di coraggio, richiamare un’altra alleata: la verità.
In questa ricorrenza, sento infatti la necessità di condannare fermamente certe dottrine antisemite e neonaziste che ancora serpeggiano tra alcune frange estremiste. A noi spetta il compito di combattere ideologie anacronistiche, professate da chi, con ogni probabilità, non ha mai conosciuto l’oppressione, l’ingiusta prigionia, la violenza gratuita e la tortura.

Proprio ai più giovani rivolgo l’invito ad appassionarsi sempre di più alla democrazia, partecipando attivamente non soltanto a queste manifestazioni, ma soprattutto donando gratuitamente i propri talenti per la costruzione di una società migliore. La partecipazione attiva alla cosa pubblica, la passione politica, la lotta contro le disuguaglianze e le ingiustizie è l’unica risposta che abbiamo contro ogni forma di violenza.
Tutti noi pretendiamo infatti un mondo migliore, tutti ricerchiamo sempre spazi di libertà.

Ma la vera libertà nasce dalla condivisione, dalla fratellanza, dall’amicizia. Passa attraverso il sacrificio, la rinuncia del sé per mettere al primo posto il noi.
La democrazia fonda le proprie radici nell’uguaglianza, nella condivisione, nella solidarietà.

Costruire oggi la democrazia significa fare tesoro della tradizione ricevuta e promuovere con gesti concreti la libertà di ogni persona, sia come singolo, sia in tutte le formazioni sociali.

Senza la riscoperta di un terreno comune sarà impossibile impedire che la logica del museo prenda il sopravvento, costringendoci a vivere con la testa rivolta al passato senza più essere in grado di costruire nulla.

Perciò, mentre ringrazio con il cuore spalancato ciascuno di voi, senza perdere un istante in inutili polemiche e sterili precisazioni, desidero con forza ribadire che abbiamo bisogno di ritrovare la verità del nostro stare insieme, del nostro lottare, del nostro lavorare, del nostro studiare, del nostro amministrare per riscoprire quel terreno comune, costituito dai valori ricordati poc’anzi, che ci consentirà di costruire un domani più solido.

Non una verità inventata, o costruita a tavolino, ma riconosciuta in molti segni presenti come il risveglio e la nascita di tante realtà cittadine - e non solo - che si stanno prodigando per il bene comune.

Cari amici, il tricolore che abbiamo esposto per questa giornata può aiutarci a riscoprire ciò che distingue un popolo da una folla qualsiasi, aiutandoci a capire bene perché siamo qui. Giosuè Carducci nel 1897, in occasione del centenario della bandiera italiana, scrisse così:
«Il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l’anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de’ poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi».

Questo è sicuramente passo importante per non finire nel nulla.

Grazie a tutti!

Giacomo Giovanni Ghilardi

Data ultima modifica: 8 ottobre 2020
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