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Giornata della memoria 2019

“Chi è stato ferito rimuove il ricordo per non rinnovare il dolore. Chi ha ferito ricaccia il ricordo nel profondo per liberarsene. Per alleggerire il suo senso di colpa”.

Con questo pensiero, che ci lascia in eredità uno dei testimoni più noti dell’olocausto, Primo Levi, voglio mettere in guardia noi tutti, spettatori ancora oggi increduli della malvagità dell’uomo, dal grande pericolo che possiamo correre, se decidiamo di dimenticare ciò che è stato.

Le ferite profonde lasciate dalla tragedia dell’olocausto, infatti, non sono impresse solo nella carne e nella mente di tutti gli uomini e le donne che hanno vissuto in prima persona una delle pagine più buie della storia contemporanea.
Esse devono interrogare, oggi, il nostro cuore di persone libere.

Perché l’uomo è stato capace di tanta malvagità? Come è stato possibile che Nazioni autoproclamatisi civili e moderne abbiano compiuto crimini di tale gravità?
La risposta, penso, non può che essere una: l’incapacità di riconoscere la dignità della persona, intesa come entità unica e irrepetibile.

L’incapacità di riconoscere in ogni uomo, a prescindere dalle sue condotte e dalle sue origini, l’incommensurabile grandezza e sacralità della persona umana.
Nei campi di sterminio del ‘900, sappiamo, l’uomo veniva innanzitutto privato del suo essere persona: diventava un numero, un pezzo, un ingranaggio di una macchina orribile finalizzata solo a produrre morte.

Fare memoria, oggi, non può e non deve significare radunarsi per ricordare un fatto lontano, per quanto tragico e doloroso esso sia.
Non può essere una formalità imposta dal politicamente corretto e dal quieto vivere.
Non avrebbe senso nemmeno erigere un monumento, significativo e profondo come questo, se ad esso non attribuissimo un significato educativo per noi stessi e per le generazioni future, verso le quali abbiamo un obbligo morale, direi sacro, di tramandare ciò che è stato.

Fare memoria significa rivivere oggi quegli eventi. Comprendere nel profondo del nostro cuore che tutti noi, più o meno consapevolmente, corriamo il rischio di diventare nuovi architetti di morte, se siamo incapaci di riconoscere in ogni persona la sua dignità; di proteggere i più deboli dalla sopraffazione dei violenti; di vigilare sempre sulla democrazia, spesso imperfetta, ma unico e solo baluardo in grado di metterci al riparo da ogni deriva autoritaria.

Il sangue, le lacrime, i sogni spezzati, la dignità calpestata delle persone trucidate nei campi di sterminio possa sempre, ogni giorno, soprattutto nel momento in cui abbiamo la tentazione di imboccare scorciatoie per sopraffare chi è più indifeso, di tormentare la nostra coscienza e di richiamarci ai nostri doveri.

Con questi pensieri, rivolgo in caloroso abbraccio alle autorità militari e civili presenti, ai rappresentanti delle Forze dell’Ordine, alle Associazioni, ai rappresentanti di tutte le Associazioni di reduci, combattenti, di volontariato e di categoria e a tutti i cittadini intervenuti.

Possano i fatti di cui abbiamo fatto memoria rimanere impressi, ogni giorno, nelle nostre menti e nei nostri cuori.
Perché ciò più non accada.
Grazie.

Data ultima modifica: 8 ottobre 2020
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