Studiano molto. Non si accontentano della laurea, ma mirano a proseguire la formazione con percorsi postuniversitari. Partecipano a programmi di mobilità internazionale. Fanno piccoli lavori part-time per mantenersi e per non pesare sulle famiglie. è il ritratto degli universitari italiani che emerge dall’Ottava Indagine Eurostudent per il periodo 2016-2018, finanziata dal Miur e condotta dal Centro Informazioni Mobilità Equivalenze Accademiche (Cimea), che disegna il profilo dello studente universitario italiano e consente di confrontarlo, sulla base di indicatori condivisi, con quello dei suoi colleghi degli altri 27 Paesi europei che hanno partecipato all’Indagine.
Dall’analisi dei dati raccolti appare che gli studenti italiani impegnano nello studio quasi 44 ore settimanali, il 30% in più della media calcolata in Europa. Oltre la metà intende proseguire gli studi dopo la laurea e, non appena possibile, si dà da fare per contribuire a mantenersi con piccoli lavori part-time, in modo da non pesare eccessivamente sulle famiglie.
Circa il 20% degli iscritti alla laurea magistrale ha già partecipato a progetti di mobilità internazionale: una percentuale non lontana dalla media complessiva europea. Un dato che dimostra la validità delle politiche per la mobilità studentesca sulle quali sta puntando il Miur per incentivare la competitività degli studenti nel mercato del lavoro dell’Eurozona. Questo perché, secondo i dati della Commissione europea, il tasso di disoccupazione a lungo termine degli ex allievi Erasmus si ferma al 2% (equivalente alla metà esatta di quello registrato fra gli studenti che non hanno partecipato al programma, il 4%).
L’Ottava Indagine Eurostudent allarga poi il campo di osservazione al quadro economico e sociale di provenienza degli universitari. Le condizioni socio-economiche generali, e in particolare quelle della famiglia di provenienza, rappresentano elementi determinanti per la scelta dell’università e spesso anche del modo in cui affrontarla. L’analisi dei dati evidenzia come i giovani che provengono dalle famiglie meno agiate, pur di raggiungere l’obiettivo del titolo di studio, facciano scelte compatibili con le proprie risorse, come ad esempio Atenei o corsi di studio disponibili nel proprio territorio di residenza, mantenendo così la percentuale del pendolarismo al 50%.
I giovani tendono sempre più a scegliere l’università in base all’offerta di borse di studio e di servizi per la didattica, meglio ancora se l’Ateneo dovesse risultare inserito in un contesto urbano e sociale e tale da favorire la possibilità di trovare un lavoro che aiuti a mantenersi. Questo sottolinea, dopo 10 anni di crisi economica, un allargamento crescente della forbice Nord/Sud e la trasformazione delle abitudini di vita degli studenti per fare i conti con la crisi.
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