Giuseppe Gozzini, per tutti Beppe, nasce a Cinisello Balsamo il 14 luglio 1936 in una famiglia operaia, il padre Abele è saldatore alla Breda.
Gozzini è un bravo studente e un fervente cattolico; viene pertanto mandato a studiare per diventare prete in un collegio diocesano fino alla terza media e dai Salesiani fino alla classe prima liceo. Crescendo si rende conto di non sentire la vocazione e decide di proseguire gli studi al Liceo Parini di Milano, un ambiente elitario dove non resiste nemmeno un anno. Decide pertanto di ritirarsi per preparare gli esami di maturità da privatista.
Sin da giovane è animato da profondi sentimenti di giustizia e di uguaglianza. Cresce nell’ambiente dell’oratorio San Luigi e della Cooperativa La Nostra Casa ed è inserito, anche se criticamente, all’interno di Azione Cattolica. Dà vita, insieme ad altri giovani della città, alla Fondazione Centro Studentesco, un’associazione che si prefigge la promozione culturale locale.
Già nella prima metà degli anni Cinquanta collabora con don Mario Colnaghi (che poi farà il prete operaio* alla Pirelli e alla Snia Viscosa). Per contenere o contrastare l’egemonia dell’Azione Cattolica nell’apostolato fra i giovani, Gozzini organizza un campeggio estivo per ragazzi, fonda un Circolo Giovanile, promuove un cineforum, pubblica diversi giornalini ciclostilati, svolge insomma quell’attività di base alla quale rimarrà fedele per tutta la vita.
Dopo la maturità si iscrive all’università e nel 1961 si laurea in giurisprudenza. Per mantenersi agli studi fa il precettore dei figli dell’alta borghesia milanese.
In quegli anni Gozzini frequenta la Corsia dei Servi a Milano, un’Associazione culturale famosa per le sue posizioni di apertura verso tutto il mondo laico e non, fondata nell’immediato dopoguerra da due frati, David Maria Turoldo e Camillo de Piaz**. Lì conosce anche don Primo Mazzolari*** (autore del libro Tu non uccidere), padre Umberto Vivarelli (amico ed erede spirituale di don Mazzolari) e Jean Goss (un operaio cattolico, segretario itinerante del M.I.R. - Movimento Internazionale della Riconciliazione).
In quel contesto inizia il suo percorso di formazione fatto di letture e incontri con i movimenti pacifisti, esperienze determinanti che lo porteranno all’obiezione di coscienza.
Sempre più orientato verso la nonviolenza, è vicino ai gruppi pacifisti, allora formati da poche persone ma collegati a movimenti internazionali come il M.I.R. o la W.R.I. (War Resisters International). Si reca a Bruxelles per incontrare Jean van Lierde (un cattolico condannato al carcere per la sua obiezione di coscienza). Partecipa ai campi di lavoro del Servizio Civile Internazionale, durante questa esperienza conosce Danilo Dolci****. Organizza proiezioni nelle parrocchie e nelle sedi del P.C.I. (Partito Comunista Italiano) di documentari giapponesi sugli effetti delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki.
Aderisce a iniziative di solidarietà nei confronti di giovani francesi che rifiutano di partire per la guerra d’Algeria rivendicando il diritto all’insubordinazione. Attraverso la Corsia dei Servi, partecipa al Reseau di Francis Janson, un’organizzazione clandestina nata appositamente per dare rifugio ai disertori.
In previsione della chiamata alle armi, Gozzini discute con gli amici sulla sua convinzione di optare per l’obiezione di coscienza. Alcuni di loro, preoccupati per i rischi a cui andrebbe incontro, cercano di dissuaderlo. L’amico Piero Scaramucci (fondatore e primo direttore di Radio Popolare) non condivide sul piano politico quella scelta, mentre Paola Ciardella (allora militante del P.C.I., conosciuta in una sezione del partito, che diventerà sua moglie) ne rimane affascinata. Gozzini, confortato dalla preghiera e dalla meditazione, dissipa ogni dubbio e sceglie l’obiezione di coscienza.
Il 13 novembre del 1962, chiamato alle armi, si reca al Car di Pistoia e rifiuta di indossare la divisa militare in coerenza con la sua fede. E’ il primo obiettore di coscienza cattolico, scelta che a quei tempi equivaleva a reato militare (in base all’articolo 173 del Codice Penale Militare di Pace). Fino ad allora gli obiettori di coscienza erano stati anarchici o Testimoni di Geova; i cattolici, assenti dai movimenti per la pace e per il disarmo, non si pongono il problema del rifiuto del servizio militare.
Gozzini viene rinchiuso a Firenze, nel carcere Militare Giudiziario della Fortezza da Basso, e il 18 novembre trasferito nel reparto neurologico dell’ospedale militare della città, dove cercano di fargli firmare un foglio con cui si certifica la sua infermità mentale. A seguito del suo rifiuto, il 24 novembre è internato nuovamente nel carcere.
La prima udienza del processo si tiene il 20 dicembre 1962 ed ha una risonanza enorme. Suscita nell’Italia degli anni Sessanta un notevole scalpore e crea un caso mediatico di notevoli proporzioni; escono centinaia di articoli su molti quotidiani e periodici italiani e anche stranieri (perfino il Times ne parla). Si organizzano dibattiti, manifestazioni, veglie di preghiera e digiuni. Mai in Italia si era visto un giovane cattolico, settentrionale, istruito, di buona famiglia, disobbedire in modo così palese e intransigente a un’istituzione dello Stato.
La seconda udienza si svolge l’11 gennaio 1963, con l’aula piena di amici e simpatizzanti, molti giornalisti e fotografi. Testimoni al processo sono, tra gli altri, don Germano Proverbio (sacerdote salesiano con il quale Gozzini aveva dato vita a un gruppo di studio e di preghiera, precursore delle comunità di base) e Aldo Capitini****. Nonostante l’estesa mobilitazione del mondo pacifista, Gozzini viene condannato a sei mesi di carcere senza la condizionale (in seguito sarà amnistiato).
Il caso Gozzini esplode clamoroso a ridosso del Concilio Vaticano II, in un contesto internazionale particolarmente delicato per i rischi di un nuovo conflitto mondiale con l’impiego di armi atomiche.
La forte presa di posizione di alcuni personaggi noti del mondo cattolico dà particolare eco al processo. Prende le sue difese il sindaco di Firenze Giorgio La Pira***** che, con un atto di disobbedienza civile, fa proiettare pubblicamente il film Non uccidere di Claude Autant-Lara, boicottato dopo essere stato presentato alla Mostra di Venezia nel 1961 (la censura del film suscita l’indignazione anche del deputato Sandro Pertini che, con altri socialisti, presenta un’interrogazione parlamentare).
Si schierano con le posizioni di Gozzini anche due preti toscani, immediatamente contestati da alcuni ambienti cattolici. Sono padre Ernesto Balducci e don Lorenzo Milani (vedi schede allegate).
Balducci, che era stato sollecitato ad intervenire da alcuni operai della Galileo, viene denunciato per un articolo apparso su La Nazione e condannato in Corte d’Appello a otto mesi di reclusione (sentenza che sarà confermata dalla Cassazione nel 1964). La condanna fa un enorme scalpore coinvolgendo prelati e teologi, intellettuali e giuristi, giornalisti e alcuni parlamentari che avevano proposto disegni di legge sull’obiezione di coscienza.
L’11 febbraio 1965 i cappellani militari in congedo della Toscana tornano alla carica con una lettera a La Nazione nella quale gettano disprezzo sugli obiettori di coscienza. A insorgere questa volta è don Milani che risponde con una lettera aperta pubblicata da Rinascita. Mai era stato scritto un testo antimilitarista più argomentato e convincente, e per di più da un prete. Dalla lettera scaturirà il libro L’obbedienza non è più una virtù, testo fondamentale dell’antimilitarismo di ogni epoca. Denunciato alla Magistratura, don Milani, da tempo molto malato, manda una lettera di difesa, propria e della libertà di coscienza, ai giudici di Roma che lo assolvono in primo grado il 17 febbraio 1966. Morirà prima della sentenza d’appello.
Si estende nel Paese l’adesione al movimento antimilitarista; il gesto di Giuseppe Gozzini segna uno spartiacque nella storia dell’obiezione di coscienza in Italia. Anche sull’onda dei successivi processi a padre Balducci e a don Milani parte una grande campagna per il riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza, alimentata, tra il 1962 e il 1972 da decine di altri casi di obiettori (come Fabrizio Fabbrini******), cattolici e anarchici che, spinti dal caso Gozzini, rifiutano il servizio militare in nome del pacifismo, finendo a loro volta in prigione.
Viene così approvata nel 1972 la legge 772 sull’obiezione di coscienza al servizio militare, che arriva dieci anni dopo l’obiezione di coscienza di Gozzini e ventiquattro anni dopo quella di Pietro Pinna. Pinna, antimilitarista, primo obiettore di coscienza in Italia che negli anni 1948-50 aveva rifiutato più volte di vestire la divisa scontando parecchi anni di carcere, fa parte con Aldo Capitini del movimento nonviolento e pacifista. Quest’ultimo da tempo sosteneva i diritti della coscienza individuale contro la violenza di stato, il suo appoggio si rivela determinante nella lotta per l’obiezione di coscienza e per imprimere ulteriori contenuti e continuità di sviluppi al gesto di Pinna.
Nel frattempo per Giuseppe Gozzini, uscito dal carcere nel 1963 e classificato R.A.M. (Ridotte Attitudini Militari), si apre una seconda stagione di vita nella quale la profezia deve fare i conti con la storia. Già prima dell’obiezione di coscienza aveva letto San Tommaso o Sant’Agostino ma anche il Capitale di Karl Marx e gli scritti di Rosa Luxemburg, avvicinandosi al gruppo dei Quaderni Rossi che criticava il P.C.I. (Partito Comunista Italiano) da sinistra. Sono anni in cui l’identità di cattolico coincide con quella di democristiano; non è immaginabile un’altra appartenenza politica. Gozzini è invece un cattolico di formazione marxista come lo erano stati subito dopo la guerra giovani come Felice Balbo e Franco Rodano.
Fino alle soglie del 1968, ormai lontano da Cinisello Balsamo, Gozzini è impegnato in molteplici attività, continuando a far parte dei Quaderni Rossi e di alcuni gruppi di impronta antimilitarista dove conosce, fra gli altri, Giuseppe Pinelli. Nel 1964 collabora alla rivista di poesia Il Fondo sulla quale appare a puntate il suo libro Appunti sulla naja, che esce nel novembre del 1965.
Sono gli anni in cui Gozzini si domanda se ha senso impegnarsi con gruppi che si occupano di pacifismo quasi in via esclusiva, isolando tutte le altre tematiche. Ritiene che anche lottare contro l’ingiustizia sociale partendo da un’analisi di classe sia un modo per contribuire alla pace. Il superamento evangelico della contrapposizione fra amico e nemico non esclude la scelta di parte; anche Gesù Cristo stava dalla parte dei poveri, dei pubblicani, delle samaritane.
Convinto della necessità della nonviolenza di parte, anima critica e figura del dissenso, partecipa al Sessantotto impegnandosi soprattutto nella controinformazione di base, scrivendo e promuovendo iniziative editoriali per i movimenti, documentando ad esempio l’opposizione alla guerra in Vietnam degli obiettori di coscienza negli Stati Uniti e di migliaia di soldati americani ammutinati e disertori. Scrive anche per riviste di forte impegno politico e sociale, rivelando una cultura e un’acutezza di pensiero che catturano chi entra in contatto con lui.
Gozzini, che intanto si era sposato con Paola Ciardella (dal matrimonio nasceranno due figlie: Letizia e Graziella), per mantenere la famiglia inizia a cercare un lavoro che però, a causa della sua vicenda, ha grossi problemi a trovare. Prima fa pratica legale in uno studio milanese e poi inizia a lavorare alla Rizzoli come correttore di bozze e in seguito come giornalista aziendale per riviste specializzate sul mondo dei motori. E’ copywriter e pubblicista free lance per aziende di comunicazione e agenzie pubblicitarie come la Lowe Pirella, scrive libri di marketing con lo pseudonimo di Beppe Zigoni. Mestieri con i quali non si identifica ma che gli permettono di vivere.
Nel 1969 è il primo che, contro le versioni dei media, difende pubblicamente l’immagine dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra della Questura dopo essere stato ingiustamente accusato di essere coinvolto nella strage di piazza Fontana. Scrive una lettera aperta che viene pubblicata da decine di giornali e riviste (vedi scheda allegata).
Il numero 44-46 (maggio 1987 - aprile 1988) della rivista fiorentina di poesia Collettivo R pubblica una lunga recensione di Gozzini al libro di Giorgio Antonucci dal titolo I pregiudizi e la conoscenza. Critica alla psichiatria. Più che una recensione si tratta di una sintesi e di una difesa appassionata del lavoro di Antonucci, per cui Gozzini nutre profonda stima. Il libro viene ripubblicato da Eleuthera nel 1989 (ristampato nel 1998) con il titolo: Il pregiudizio psichiatrico e con la prefazione di Gozzini (a novembre 1999 uscirà un breve saggio sul numero 8 di “A” - rivista anarchica - su due approcci alla psichiatria, due libri a confronto: quello di Paolo Algranati, Dal silenzio, e quello di Giorgio Antonucci.)
Dopo la seconda guerra del Golfo (1991) riprende i contatti in Italia con l’area pacifista ed è tra i fondatori della rivista Guerre & Pace.
Gozzini si impegna a fondo per insegnare ai giovani l’importanza della scelta pacifista e nonviolenta. Partecipa a incontri con ragazzi che prestano servizio civile in molte città (tra cui anche Cinisello Balsamo); ad aprile del 1997 è ad Assisi (Pg) al convegno Quel che resta dell’obiezione di coscienza organizzato dalla Caritas (i contenuti del suo intervento saranno pubblicati nel 1998 su Città Nostra con il titolo L’obiezione di coscienza: cos’era nel 1963 e cos’è oggi).
L’Amministrazione comunale di Cinisello Balsamo gli assegna nel 2004 l’onorificenza cittadina Spiga d’Oro con la seguente motivazione:
“Per essere stato nel 1962 il primo obiettore di coscienza cattolico, un testimone che ha fatto della non violenza un principio fondamentale della propria vita, con un impegno costante contro la guerra promuovendo una cultura di pace. Con questa sua azione ha favorito un nuovo modo di pensare, di intendere e praticare un diverso servizio al Paese, attraverso attività di carattere sociale e assistenziale espletate nelle associazioni e negli enti pubblici. Una obiezione di coscienza intesa come strumento di ogni persona per testimoniare valori e scelte di vita che concorrono alla realizzazione di sé e dell’intera società civile”.
Il 20 aprile 2006, in occasione del 61° anniversario della Liberazione, presenta a Cinisello Balsamo il suo libro Sulla frontiera. Camillo De Piaz, la Resistenza, il Concilio e oltre; durante il dibattito è al suo fianco l’amico padre Camillo De Piaz.
Dal 2008 aderisce ai movimenti di protesta atti a sensibilizzare l’opinione pubblica nazionale per la chiusura in Italia delle basi militari straniere. La sua ultima uscita pubblica è con il movimento No Dal Molin (contrario alla realizzazione della nuova base dell’esercito statunitense nell’aeroporto Dal Molin di Vicenza).
La malattia sopraggiunta gli impedisce di impegnarsi come vorrebbe. Due anni di sofferenze e poi il 13 maggio 2010 Giuseppe Gozzini muore.
Uomo impegnato, rigoroso e dolce nello stesso tempo, è stato un modello dell’antiretorica nel modo di pensare e di vivere in famiglia, nei rapporti con gli amici (e con i meno amici), e di concentrarsi in un lavoro culturale e sociale durato una vita. Sempre ai margini o esterno ai tanti luoghi comuni di ogni cultura di massa, a partire da quella che si dice per il cambiamento, purtroppo spesso non ha visto riconosciuto il suo impegno, anche se con la sua vita e con le sue scelte ha contribuito alla realizzazione di conquiste di grande civiltà.
PER APPROFONDIRE
Bibliografia
Appunti sulla naja, La Locusta, Vicenza, 1965.
Gozzini racconta la sua esperienza di obiettore di coscienza. Su quell’episodio della sua vita scrive anche alcune lettere che vengono raccolte e pubblicate in un libro di ******Fabrizio Fabbrini, dal titolo Tu non ucciderai. I cattolici e l’obiezione di coscienza in Italia, Cultura Editrice, Firenze, 1966.
Sulla frontiera. Camillo De Piaz, la Resistenza, il Concilio e oltre, Libri Scheiwiller, Milano, 2006.
La storia del servita padre Camillo De Piaz, della Corsia dei Servi di Milano, del mondo cattolico a cui appartiene, del mondo laico con cui incessantemente si confronta. Un dialogo a due voci, tra passato e presente, sul filo di una coerenza che attraversa il secondo Novecento, che lega parola e azione, silenzio e coraggio. Un testo d’interesse per l’importanza del personaggio, per i riferimenti a eventi, libri e protagonisti incontrati nel corso della sua vita.
**Camillo De Piaz (Madonna di Tirano/Tirano/So, 24 febbraio 1918 - Sondrio, 31 gennaio 2010), frate dei Servi di Maria dal 1934, ordinato sacerdote nel 1941, viene destinato al convento milanese del suo Ordine di San Carlo al Corso insieme al confratello David Maria Turoldo.
Partecipano entrambi attivamente alla Resistenza (sono tra i fondatori del Fronte della Gioventù e del foglio clandestino L’uomo), esperienza che segnerà profondamente la loro vita e motiverà il loro costante impegno democratico. Nel dopoguerra fondano presso il convento di San Carlo l’Associazione culturale Corsia dei Servi.
E’ autore di numerosi testi; in ambito editoriale ha collaborato nel delicato ruolo di lettore con alcune case editrici ed è autore di numerose traduzioni dal francese. E’ membro della giuria del Premio Gallarate, del Premio di poesia Clemente Rebora e del Concorso Letterario Renzo Sertoli Salis.
Costanti sono il suo interesse per l’arte, e l’impegno per la promozione di buoni rapporti con la vicina valle svizzera di Poschiavo, il Grigioni Italiano e con il mondo riformato.
Esercizi di memoria. Il ’68 visto dal basso. Sussidio didattico per chi non c’era. Cronologie 1967-1975, Asterios Editore, Trieste, 2008.
Cronistoria dettagliata dei movimenti sociali che hanno trasformato modi di pensare e di vivere, idee e comportamenti di una generazione fino al 1975: operai, studenti, giornalisti, magistrati, impiegati, insegnanti, artisti, cattolici, sfrattati, femministe, matti, militari, carcerati.
(a cura di) Piero Scaramucci e Letizia Gozzini, Non complice. Storia di un obiettore. Giuseppe Gozzini, Edizioni dell’Asino, Roma, 2014.
Raccolta di scritti di Giuseppe Gozzini.
Della vita operosa di Beppe Gozzini (1936-2010) non sono pochi i momenti da ricordare: il processo subito come primo obiettore di coscienza cattolico nel 1962, la militanza nei "Quaderni rossi", il ’68 e ’69 vissuti i mezzo agli operai milanesi. Il lettore che voglia capire oggi la storia delle minoranze di ieri, le più determinate eticamente e politicamente dal dentro delle nuove e aspre contraddizioni portate dalla mutazione e dalla globalizzazione, può trovare conforto e convinzione confrontandosi con la storia di una sinistra non ideologica e settaria, non smaniosa di potere e idolatra dello sviluppo, non soltanto preoccupata di affermare una leadership e di vincere. Si tratta, oggi come ieri, di affermare una diversità però mite e decisa nell’esprimere valori alti e insieme radicali e nell’attuare pratiche conseguenti, attenta al metodo perché cosciente che sono i mezzi a dar senso ai fini.
*Con il nome di preti operai si indicano quei sacerdoti che, a partire dal secondo dopoguerra, prima in Francia e poi in molti altri Paesi dell’Europa occidentale, lavorano in fabbrica come operai; in alcune Nazioni, come in Italia, si sono riuniti in associazione.
Da parte delle gerarchie ecclesiastiche questa esperienza viene definita pericolosa per l’integrità della fede e della testimonianza cristiana; alcuni sacerdoti vengono accusati di essere vicini al comunismo.
Nel 1954 Pio XII ordina a tutti loro di tornare alla loro precedente attività pastorale. Il cardinale Giuseppe Pizzardo, nominato Prefetto della Congregazione dei Seminari, tenta di reprimere il fenomeno e nel luglio del 1954 proibisce a tutti i seminaristi di farsi assumere in fabbrica, per via del pericolo di contaminazione intellettuale e morale. Scrive inoltre una lettera ai preti operai in cui li si obbliga a scegliere tra vita operaia e vita sacerdotale. Alcuni sacerdoti abbandonano il ministero in rottura con le decisioni del Vaticano.
Nel 1965, dopo il Concilio Vaticano II, vengono riabilitati e Paolo VI dà il consenso a quest’esperienza.
I preti operai sono presenti tuttora, seppure in maniera ridotta.
***Don Primo Mazzolari (Cremona, 13 gennaio 1890 - Bozzolo/Mn, 12 aprile 1959), presbitero, scrittore e partigiano, è conosciuto come il parroco di Bozzolo. E’ una delle più significative figure del Cattolicesimo italiano nella prima metà del Novecento. Il suo pensiero anticipa alcune delle istanze dottrinarie e pastorali del Concilio Vaticano II (in particolare relativamente alla Chiesa dei poveri, alla libertà religiosa, al pluralismo, al dialogo coi lontani, alla distinzione tra errore ed erranti), tanto da venire definito carismatico e profetico.
****Danilo Dolci (Sesana/Ts, oggi Slovenia, 28 giugno 1924 - Trappeto/Pa, 30 dicembre 1997), sociologo, poeta, educatore e attivista della nonviolenza. Dal 1952 si trasferisce in Sicilia dove promuove lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti e il lavoro.
Il 2 febbraio 1956 ha luogo a Partinico (Pa) uno sciopero alla rovescia. Alla base c’è l’idea che, se un operaio per protestare si astiene dal lavoro, un disoccupato può scioperare invece lavorando. Così centinaia di disoccupati si organizzano per riattivare pacificamente una strada comunale abbandonata. Ma i lavori vengono fermati dalla polizia e Dolci, con alcuni suoi collaboratori, viene arrestato. L’episodio suscita indignazione nel Paese e provoca numerose interrogazioni parlamentari. Danilo Dolci è successivamente scagionato, dopo un processo che ha enorme risalto sulla stampa: a difenderlo è il grande giurista Piero Calamandrei.
****Aldo Capitini (Perugia, 23 dicembre 1899 - Perugia, 19 ottobre 1968), filosofo, politico, antifascista, poeta ed educatore, è uno tra i primi in Italia a cogliere e a teorizzare il pensiero nonviolento gandhiano, al punto da essere appellato come il Gandhi italiano.
Domenica 24 settembre 1961 Capitini organizza la prima Marcia per la Pace e la fratellanza dei popoli, un corteo nonviolento che si snoda per le strade che da Perugia portano verso Assisi, una marcia tuttora proposta con cadenza annuale dalle associazioni e dai movimenti per la pace. In questa occasione viene per la prima volta utilizzata la Bandiera della pace, simbolo dell’opposizione nonviolenta a tutte le guerre.
*****Giorgio La Pira (Pozzallo/Rg, 9 gennaio 1904 - Firenze, 5 novembre 1977), politico italiano, sindaco di Firenze, servo di Dio per la Chiesa cattolica, nel 1952 organizza il Primo Convegno Internazionale per la Pace e la Civiltà Cristiana. Da esso ha inizio un’attività, unica in Occidente, tesa a promuovere contatti vivi, profondi, sistematici tra esponenti politici di tutti i Paesi. Nel 1955 i sindaci delle capitali del mondo siglano a Palazzo Vecchio un patto di amicizia.
Vai alla scheda: "Alle vittime delle guerre".
GALLERIA FOTOGRAFICA
Milano, Liceo Parini, 2^ B, anno-scolastico 1954-55, Giuseppe Gozzini è il secondo da sinistra nella fila in alto, accanto a lui l’amico Paolo Sequi (terzo da sinistra fila in alto)
Gozzini a Cinisello Balsamo abitava in via Sant’Ambrogio 5 in un edificio ricavato in un’ala di villa Ghirlanda Silva Cippelletti. Nel cortile vi era un grande lavatoio sul quale era stata edificata un’area abitabile in seguito trasformata in due piccoli negozi: una fiaschetteria gestita dal padre di Gozzini e un negozio di vimini. Oggi tutta l’area è sede del Museo di Fotografia Contemporanea
Cinisello Balsamo, villa Arconati Visconti Arese. Giuseppe Gozzini (secondo da destra in basso) con altri ragazzi della Fondazione Centro Studentesco tra cui Paolo Sequi (primo da destra in basso), Giorgio Conconi (terzo da destra in basso) e Renato Seregni (quarto da destra in basso)
Da sinistra: Gigi Omodei Zorini, Anna Veneruso, Edoarda Masi, Paola Ciardella Gozzini e Giuseppe Gozzini
2004, Cinisello Balsamo, il sindaco Angelo Zaninello consegna a Letizia, figlia di Giuseppe Gozzini, la Spiga d’Oro (Gozzini era assente per un impegno a Pesaro con gli ultimi obiettori di coscienza)
Cinisello Balsamo, 20 aprile 2006, Giuseppe Gozzini alla presentazione del suo libro sulla storia di padre Camillo De Piaz
Cinisello Balsamo, 20 aprile 2006, presentazione del libro di Giuseppe Gozzini. Nella fotografia Gozzini con Vittorio Bellavite
Cinisello Balsamo, 20 aprile 2006, presentazione del libro di Giuseppe Gozzini. Nella fotografia Gozzini con Vittorio Bellavite e Aldo Tortorella