VILLA VIRGINIO

Nacque a Cinisello il 13 maggio del 1921 da Carlo Villa e Giuseppina Mauri. Era un ragazzo di media statura con i capelli neri ondulati. Residente in via Risorgimento 18, frequentò la scuola fino al secondo anno del corso di avviamento professionale. Svolgeva la professione di fabbro e di garzone prima della chiamata alle armi.

Arruolato nell’Esercito con la matricola 16761, fu messo in congedo illimitato il 13 gennaio del 1940. L’8 gennaio 1941 fu richiamato alle armi e il 19 settembre fu assegnato al 30° Reggimento Artiglieria Corpo d’Armata.

Nel dicembre 1942 fu dichiarato disperso sul fronte russo. Solo a marzo del 1998 si venne a sapere che era stato catturato dalle forze armate sovietiche e internato nel campo 188 di Rada vicino a Tambov (Russia), dove morì il 29 gennaio 1943.

Fu sepolto in fosse comuni nel cimitero di Tambov.

Durante un pellegrinaggio degli Alpini in Russia sui luoghi dove trovarono la morte molti soldati italiani, venne ritrovata su un prato, in prossimità delle fosse comuni di Tambov, una gavetta senza coperchio sulla quale era inciso il nome di Virginio Villa e la scritta "Cinisello - Milano 8-1-41 - Motto: Credere Obbedire Combattere". Gli Alpini portarono a Cinisello Balsamo la gavetta che fu consegnata alla sorella di Villa. In occasione di questo ritrovamento e del settantacinquesimo anniversario del Gruppo A.N.A. (Associazione Nazionale Alpini) di Cinisello Balsamo fu organizzato un concerto alla memoria del caduto.

Il suo nome compare sulla lapide Ai dispersi della seconda guerra mondiale sita nell’atrio del Palazzo comunale in piazza Confalonieri 5.

PER APPROFONDIRE

Tambov è una città dove furono internati migliaia di italiani, vittime della campagna di Russia. Era situata in una posizione strategica rispetto allo scenario di guerra ed era sede di campi di prigionia sovietici.
A Tambov, intorno al Natale del 1942, iniziarono ad arrivare i primi prigionieri italiani catturati sul fronte del Don (che dista poco più di cinquecento chilometri) dall’Armata Rossa che aveva iniziato il grande sfondamento.

Lanceri, congelati e affamati, dopo un viaggio in vagoni merci, durato diversi giorni; fanti dell’Armata Italiana in Russia, l’A.R.M.I.R., iniziarono a riempire uno dei più grandi campi di concentramento dell’U.R.S.S. (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche), il Lager 188 di Rada, nei pressi di Tambov, quasi cinquecento chilometri a sud-est di Mosca. Un luogo dove, in gigantesche fosse comuni (profonde due metri e mezzo con dentro duecentocinquanta corpi ammucchiati a strati e ricoperti di calce), sono sepolti forse ottantamila soldati, tra i quali almeno diecimila italiani.

A Rada, non distante dalla stazione dove i prigionieri arrivavano con i treni, ci sono cippi commemorativi in mezzo a quello che era il cimitero principale. Le lapidi, in sei lingue, ricordano le nazionalità più rappresentate in questo luogo di morte: tedeschi, italiani, francesi, rumeni, ungheresi, polacchi. Ma sotto il basso strato di neve, a due passi dal campetto di calcio che già esisteva ai tempi del Lager, le vittime della follia umana sono di tutte le razze.

Alla fine del 1942 l’Armata Rossa passò al contrattacco. Già a novembre fu la volta dei rumeni, accerchiati assieme ai tedeschi nell’inferno di Stalingrado; poi a partire da dicembre la pressione sulle linee italiane divenne insostenibile. Cedettero le divisioni Cosseria e Ravenna, poi la Pasubio, la Torino, la Celere e la Sforzesca. Gli alpini della Julia, la Cuneense e la Vicenza si sacrificarono per permettere a tutta l’A.R.M.I.R. di ritirarsi. La Tridentina tentò di mettere ordine in un immenso gruppo di sbandati.

Solo la metà dei soldati partiti tornarono a casa. Molti di quelli dichiarati dispersi finirono i loro giorni in prigionia. Molti morirono già durante le lunghe marce verso i lager, lasciati all’aperto di notte con trenta gradi sotto zero. Altri prigionieri, quando i convogli arrivavano alla stazione di Rada, all’apertura dei vagoni piombati venivano trovati già morti; uomini che non avevano retto un viaggio di giorni e giorni senza acqua e quasi senza cibo, pigiati come sardine.

In sei mesi, dal dicembre del 1942, entrarono a Rada ventiquattromila prigionieri, di cui circa diecimila erano italiani.
Il Lager non era attrezzato per accogliere tanti uomini, gli stessi carcerieri dormivano in ricoveri di fortuna. La mortalità era altissima, gli italiani deceduti nel campo sono complessivamente ottomilacentonovantasette. Ma ancora oggi non è possibile conoscere esattamente tutti i loro nomi.

Foglio Matricolare
Lettera ai genitori foglio 1
Lettera ai genitori foglio 2
Lettera ai genitori foglio 3


Trascrizione della lettera ai genitori
Lettera alla sorella foglio 1
Lettera alla sorella foglio 2


Scheda del Comune di Cinisello Balsamo 1
Scheda del Comune di Cinisello Balsamo 2
Documento dell’Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia
Manifesto del concerto in onore di Virginio Villa


GALLERIA FOTOGRAFICA

Virginio Villa

Cimitero di Cinisello

Particolare della tomba

Tambov, memoriale dell’A.R.M.I.R.

Tambov, lapide