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Gruppo di lettura del giovedì

Esodo. Storia del nuovo millennio

di Domenico Quirico

giovedì 19 Maggio 2022
gruppo di lettura
21:00 Il Pertini . piano terra

Prosegue il percorso del Gruppo di lettura del giovedì; in questa occasione viene affrontato il libro di Domenico Quirico del 2016 che illumina un fenomeno fondamentale del nostro tempo: la Grande Migrazione.

IL LIBRO
Abitanti di un mondo in declino, trepidiamo soltanto per la nostra ricchezza, proprio come i popoli vecchi, le civiltà al tramonto. E non ci accorgiamo che nelle nostre tiepide città, in cui coltiviamo la nostra artificiale solitudine, vi sono già alveari ronzanti, di rumore e di colore, di preghiera e furore. Il mondo di domani - Domenico Quirico

Questo libro è la cronaca di un viaggio con i popoli migranti che si stanno riversando in Europa. In questo senso è il racconto in presa diretta della Grande Migrazione che sta già mutando il mondo e la storia a venire. Un esodo che ha inizio là dove parti intere del pianeta si svuotano di uomini, di rumori, di vita. Negli squarci sterminati di Africa e di Medio Oriente, dove la sabbia già ricopre le strade e ne cancella il ricordo, dove sterpaglie e foresta inghiottono edifici, capanne e campi (che senso ha coltivare ancora una terra che non dà nulla, sfinita com’è dalle siccità, dalla mancanza di concimi e dalla esiguità delle sementi?). Nei luoghi dove tutti quelli che possono mettersi in cammino partono e non restano che donne e vecchi che hanno avuto paura. Raggruppati, rannicchiati insieme, senza un grido, una parola. Gli unici rumori sono quelli della guerra: camion carichi di soldati bambini o gendarmi, jihadisti sui loro pick-up e con le loro lugubri bandiere. Termina nel nostro mondo, dove file di uomini sbarcano da navi che sono già relitti o cercano di sfondare muri improvvisati, camminano, scalano montagne, hanno mappe che sono messaggi di parenti o amici che già vivono nel Paradiso. È il Grande Esodo. Muterà il mondo, ma quando ce ne accorgeremo sarà già in noi. Il libro racconta la coralità di questa mutazione: non storie singole di migranti, perché è un delitto separarli, ma il viaggio, in terra e in mare, che li ha resi un popolo nuovo.

I FILM

MIRACOLO A LE HAVRE
di Aki Kaurismäki
Commedia - Finlandia, Francia, Germania, 2011 - durata 93 minuti

A Le Havre vive Marcel Marx, di professione lustrascarpe, mestiere che esplica mirabilmente l’idea che Aki Kaurismäki ha della società e del cinema. Benché la sua Le Havre sia riconducibile al cinema popolare francese degli anni Trenta (da Carnè a Clair, ma per la mescolanza di tragico e comico sarebbero pertinenti rimandi anche a Sobborghi, del sovietico Boris Barnet), la storia sembra essere ambientata nell’immediato dopoguerra.
Lo stile di Aki Kaurismäki mescola l’essenzialità di Bresson alla leggera ma profonda commozione chapliniana: divertente, discreto, colto di riferimenti, eppur mai pedante, unico al mondo, certamente tra i più inconfondibili del cinema contemporaneo.
Nostalgia? Lentezza? Rifiuto della contemporaneità? Non accade spesso che il cinema europeo affronti il tema della sempre più grave crisi economica, politica e soprattutto morale che ha portato alla questione irrisolta dei profughi: il regista, non avendo soluzioni da proporre, dona all’attuale problema il suo stile, il suo modo di raccontare.
L’umanità dei suoi personaggi, in contrapposizione con la recitazione antinaturalistica di quasi tutto il cast, raggiunge con questo film un vertice nell’itinerario dell’autore finlandese e, in generale, nel cinema contemporaneo. "Miracolo a Le Havre" è dunque immerso nel presente per tematiche sociali, ma al contempo raffigurato con un’anima avulsa da ogni tentazione post-moderna. In questo modo risulta un film sull’oggi non solo per l’oggi, ma per tutte le stagioni.
È sicuramente un film necessario, come poteva esserlo un film di Charlie Chaplin degli anni Venti o Trenta del secolo scorso. E come in quei capolavori, sotto la scorza comica c’è sempre un discorso di lotta di classe.
Aki Kaurismäki continua a schierarsi dalla parte degli umiliati, scriverebbe Maggiani. Senza dimenticare i problemi sociali e privati, lo spudorato ottimismo che esprime Aki Kaurismäki è da considerarsi come un gesto di ribellione: una fiaba miracolosa nel fondere etica ed estetica, antidoto contro le brutture del mondo e i catastrofismi cinematografici; è un capolavoro che riconcilia col cinema e con la vita, toccato dalla medesima grazia della natura che scolpisce la bellezza di un ciliegio in fiore.

WELCOME
di Philippe Lioret
Drammatico - Francia, 2009 - durata 110 minuti

Esiste ancora un cinema capace di denunciare, senza ricorrere al linguaggio del docu-film o del documentario?

Un film che ha incontrato in Francia diverse polemiche da parte del governo. La storia del giovane Bilar, che dal profondo Kurdistan giunge in Europa da clandestino, a piedi, con l’obiettivo di arrivare a Londra e ricongiungersi alla ragazza della quale è innamorato.
Qui l’Europa è Calais, la città attorno a cui ruota l’azione del film, più simile a un girone dantesco, per la disumanità nei confronti degli immigrati, che a un paese della Comunità Europea. Calais testimonia l’incubo quotidiano di una dura terra di frontiera.
Duro e commovente, senza retorica, il regista denuncia una condizione oggettiva, la brutalità di un luogo di frontiera restio alla contaminazione, violento e diffidente perché terrorizzato dalla presenza dell’”altro”. Dopo l’uscita del film diverse delegazioni di organizzazioni non governative si sono recate in Francia per verificare direttamente la situazione e le condizioni dei minori.
Il regista ha descritto così la preparazione del film: “Per parecchi giorni, durante un inverno ghiacciato, abbiamo seguito i volontari di queste organizzazioni, venendo a contatto con la vita infernale dei rifugiati: la giungla dove trovano riparo, il racket delle estorsioni dei contrabbandieri, le infinite persecuzioni da parte della polizia, i centri di detenzione, i continui controlli dei camion dove stanno ammucchiati per riuscire a imbarcarsi sul traghetto e dove rischiano la vita per sfuggire alle ispezioni… Quello che ci ha sorpreso di più è stata l’età dei rifugiati: il più vecchio non aveva ancora 25 anni”.

LES SAUTEURS
di Moritz Siebert, Estephan Wagner, Abou Bakar Sidibé
Documentario, - Danimarca, 2016 - durata 80 minuti

Il Monte Gurugu affaccia sull’enclave spagnola di Melilla, sulla costa mediterranea settentrionale dell’Africa. L’Unione europea e l’Africa sono separate qui da un impianto di confine ad alta sicurezza, composto da tre recinzioni. I rifugiati, per lo più provenienti dalla regione sub-sahariana, vivono in un centro ai piedi del monte. Da qui sono in molti a tentare di attraversare la frontiera terrestre tra il Marocco e la Spagna. Uno di loro è Abou Bakar Sidibé, proveniente dal Mali, che in Les Sauteurs è sia il protagonista che uno dei registi. Dopo 14 mesi nel campo e numerosi tentativi - falliti - di battere il sistema di recinzione, Abou inizia le riprese di un documentario, concentrandosi sulla sua routine quotidiana, le perlurstrazioni della zona e le attese noiose tra un "salto" e l’altro.
Le immagini che ne derivano sono un documento imprescindibile per capire l’organizzazione sociale della comunità dei rifugiati, senza tralasciare quel velo di tristezza rappresentato dalla presunta Eldorado d’Europa.

Gruppo di lettura del giovedi
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Intervento video di Domenico Quirico: Il migrante

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