E noi, che cosa stiamo diventando? E io, cosa sono diventato? si chiede Paolo Nori.
Vogliamo raccontare – prosegue Nori – la storia di Anna Achmátova, una poetessa russa nata nei pressi di Odessa e morta a Mosca nel 1966. Anche se Anna Achmátova voleva essere chiamata poeta, non poetessa e non si chiamava, in realtà, Achmatova, si chiamava Gorenko; quando suo padre, un ufficiale della Marina russa, seppe che la figlia scriveva delle poesie, le disse “non mischiare il nostro cognome con queste faccende disonorevoli”. Allora lei, invece di smettere di scrivere versi, pensò bene di cambiare cognome. E prese il cognome di una sua antenata da parte di madre, una principessa tartara: Achmátova.
Le sue opere ci dicono delle cose memorabili, di lei, del mondo, e di noi, e se, invece che il poeta, avesse fatto l’ingegnere navale - il padre di Anna Achmátova era ingegnere navale, come Dostoevskij - ne sapremmo meno, di lei, del mondo, e di noi.
Non mi era cara la voce dell’uomo,
ma comprendevo quella del vento.
Anna Achmàtova appartiene alla categoria dei poeti che non hanno né una genealogia né uno sviluppo ben individuabile. È uno di quei poeti che semplicemente avvengono. In certi periodi della Storia c’è solo la poesia che sia capace di guardare la realtà condensandola in qualcosa di afferrabile, qualcosa che in nessun altro modo la mente riuscirebbe a trattenere.
In questo senso, tutta una nazione prese il nom de plume di Anna Achmátova: il che spiega la sua popolarità e, fatto più importante, le permise di parlare per la nazione e di dirle cose che essa, la nazione, non sapeva.
Iosif Brodskij
Una riflessione sul rito del ricordo, la retorica della commemorazione, la condivisione del passato.
BLOG – Pagina dedicata all’incontro: Vi avvero che vivo per l’ultima volta, Paolo Nori (link)
Macerata Racconta - Teatro della Filarmonica, 6 maggio 2023 (estratto video - link)
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