Estate del 1943. Il 25 luglio Mussolini viene arrestato e l’8 settembre l’Italia firma quell’armistizio separato con gli angloamericani che condurrà al caos. L’esercito non sa più chi è il nemico e chi l’alleato. Il dramma si trasforma in tragedia per i soldati abbandonati a se stessi nei teatri di guerra ma anche e soprattutto per le popolazioni civili Istriane, Fiumane, Giuliane e Dalmate, che si trovano ad affrontare un nuovo nemico: i partigiani di Tito che avanzano in quelle terre, spinti da una furia anti-italiana. In questo drammatico contesto storico, avrà risalto la figura di Norma Cossetto, giovane studentessa istriana, laureanda all’Università di Padova, barbaramente violentata e uccisa dai partigiani titini avndo la sola colpa di essere Italiana e figlia di un dirigente locale del partito fascista.
Maximiliano Hernando Bruno è riuscito a trovare in buona misura la chiave giusta per raccontare quei giorni e quelle vicende, cioè per adempiere ad uno dei molteplici compiti del cinema: fare memoria. Diciamo in buona misura perché qualche accentuazione melodrammatica non manca (il capobanda titino è il Male assoluto così come al comunista italiano vengono offerti i tratti del traditore della propria gente, anche per risentimento amoroso, con possibilità di riscatto finale come nell’opera lirica).
Nel complesso però la sceneggiatura sa mostrare con equilibrio sia la sensazione di smarrimento conseguente all’8 settembre, sia ciò che anima nell’intimo le varie parti in causa. Il generale Esposito espone tutte le perplessità dell’Esercito dinanzi a una guerra sbagliata voluta dal fascismo così come non viene taciuta l’italianizzazione forzata dell’area condotta negli anni dal regime.
Ci viene però anche mostrato come la convivenza tra le diverse etnie fosse stata possibile e quanto invece l’odio da parte dei rappresentanti degli avamposti delle forze comandate dal Tito abbia scardinato un esempio di civiltà. Attraverso la storia tragica di una giovane donna come Norma Cossetto (medaglia d’oro al merito civile) ci viene presentato un microcosmo che trova nel professore interpretato da Franco Nero una lettura ’alta’ che ha la propria sintesi nella frase: "Se Satana crede di poter peggiorare l’uomo è davvero ingenuo".
Proprio per questo fare memoria non può essere un pretesto per riattizzare odi e rancori ma per avere presente l’obiettivo che quanto accaduto non debba più accadere. In un’epoca di tentazioni di nuovi nazionalismi questo è un film che, anche grazie alla sua qualità spettacolare, può contribuire a far riflettere come questi possano facilmente degenerare nell’odio più cieco, ricordando il passato per costruire un futuro diverso