INA-CASA

INA-Casa fu un piano di intervento dello Stato per realizzare nell’immediato secondo dopoguerra edilizia pubblica su tutto il territorio italiano con i fondi gestiti da un’apposita organizzazione presso l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni.

Con la legge n. 43 del 28 febbraio 1949 il Parlamento approvò il "Progetto di legge per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per i lavoratori". Inizialmente il Piano prevedeva una durata settennale ma venne successivamente prorogato sino al 1963.

Grande promotore dell’iniziativa fu l’allora ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale Amintore Fanfani (Pieve Santo Stefano, 6 febbraio 1908 - Roma, 20 novembre 1999), tanto che il Piano nei commenti giornalistici venne spesso denominato Piano Fanfani.

L’intervento gestito dall’INA-Casa intendeva favorire, oltre il rilancio dell’attività edilizia, anche l’assorbimento di un considerevole numero di disoccupati e la costruzione di alloggi per le famiglie a basso reddito.

I risultati del Piano rilevarono una grande vitalità e un impatto sulla vita economica e sociale del Paese. Infatti nell’estate del 1949, solo pochi mesi dopo l’approvazione della legge, venne aperto il primo dei 650 cantieri che risultavano avviati nell’autunno dello stesso anno.
Il ritmo di costruzione fu estremamente efficiente e produsse circa 2.800 unità abitative a settimana, con consegne settimanali di circa 550 alloggi alle famiglie assegnatarie.
In totale furono aperti 20.000 cantieri che portarono a impiegare molta mano d’opera stabile: circa 41.000 lavoratori edili all’anno.

Molti dei migliori architetti dell’epoca parteciparono ai progetti: da Irenio Diotallevi a Mario Ridolfi e a Michele Valori, da Carlo Aymonino a Franco Albini, dallo studio B.B.P.R. a Castiglioni.
Fu coinvolta anche una moltitudine di professionisti che comprendeva, oltre agli architetti, urbanisti, ingegneri e geometri.

Il Piano seguiva precise direttive che si ricollegavano alla tendenza architettonica prevalente in quel periodo in Italia che era quella del Neorealismo architettonico, e cioè di un legame stretto con la tradizione che portava a una reinterpretazione dei temi razionalisti basata sulla coerenza compositiva dei materiali, delle scelte tecnologiche, dei particolari architettonici, delle interpretazioni sociologiche e psicologiche dell’ambiente costruito e dello spazio architettonico esistente e storico.

In secondo luogo, proprio per garantire il ritorno occupazionale, era previsto l’utilizzo di imprese locali e di piccoli imprenditori.

Questi due fatti uniti insieme generarono la caratteristica del cosiddetto Razionalismo italiano del secondo dopoguerra, sempre in bilico tra tradizione e modernità, tra interpretazione storica e norme funzionali.

Una singolare caratteristica del progetto fu quella di far apporre su tutti gli edifici realizzati una targa in ceramica policroma (alcune delle quali realizzate da grandi artisti quali Alberto Burri, Duilio Cambellotti, Cascella, Pietro De Laurentiis, Piero Dorazio) che alludesse al tema del progetto o al tema della casa come luogo felice. L’applicazione delle targhe sugli immobili, per le quali erano stabilite le misure, i prezzi massimi e la posizione, era una delle condizioni per il rilascio del certificato di collaudo.

A Cinisello Balsamo sorsero molti caseggiati grazie al piano INA-Casa come quelli di via XXV Aprile/via Tiziano, viale Rinascita e via Carducci.

Vai alla scheda: "Via XXV Aprile" - Com’era com’é.

Vai alla scheda: "Viale Rinascita" - Com’era com’é.

Vai alla scheda: "La lotizzazione Casati Stampa di Soncino".

La seconda, terza, quarta, quinta, sesta e settima immagine della galleria si riferiscono a targhe in ceramica policroma realizzate da Pietro De Laurentiis che lavorò alla loro modellazione sin dall’inizio del Piano, partecipando al primo concorso indetto dall’Ente.



GALLERIA FOTOGRAFICA

Il ministro Amintore Fanfani

29 Ottobre 1960, Viterbo, Quartiere Pilastro, assegnazione degli alloggi INA-Casa