L’OPPOSIZIONE AL FASCISMO A CINISELLO BALSAMO

Il 28 ottobre 1922 Benito Mussolini organizzò la marcia su Roma convincendo il re Vittorio Emanuele III a consegnare le redini del governo.
Dopo l’omicidio di Giacomo Matteotti, nel 1925 il governo Mussolini si trovò di fronte a un bivio: continuare a governare in modo legalitario, rispettando quantomeno nella forma lo Statuto, oppure imprimere una svolta autoritaria. Mussolini, premuto dai ras dello squadrismo, optò per la seconda scelta e il fascismo divenne a tutti gli effetti una dittatura.
Le cosiddette leggi fascistissime, adottate tra il 1925 e il 1926, iniziarono la trasformazione di fatto dell’ordinamento del regno d’Italia in regime fascista, ossia in uno stato autoritario.

Nessuna forza politica era in grado di rispondere concretamente a questo stato di cose. I liberali decisero di votare la fiducia a Mussolini e i partiti antifascisti dell’Aventino diffusero un comunicato di protesta in cui ribadirono l’intento di continuare a seguire la linea secessionista. I comunisti espressero nell’aula la loro sfiducia al governo, ma ormai la strategia del P.C.d’I. (Partito Comunista d’Italia) era proiettata verso l’organizzazione di una struttura semiclandestina considerata lo strumento più idoneo per proseguire la lotta al fascismo; quindi gran parte delle risorse umane, logistiche e finanziarie del partito furono impiegate per predisporre le basi necessarie a questa nuova fase politica.

Sanguigna e determinata apparve la reazione da parte dei militanti politici socialcomunisti e popolari in molte regioni italiane e particolarmente in Brianza. Anche Balsamo e Cinisello non fecero mancare un’energica protesta. Già all’indomani del 3 gennaio 1925 l’atmosfera dei due comuni era carica di tensioni.

Ma le violenze dei fascisti erano già iniziate dopo la marcia su Roma. Ovunque in provincia di Milano, ma principalmente in Brianza, non si contavano le aggressioni, i pestaggi e le intimidazioni compiuti contro esponenti dell’antifascismo: devastazioni alle sedi dei partiti, dei circoli, delle cooperative e delle redazioni dei giornali comunisti, socialisti e popolari.
Nel mirino a Cinisello era la Cooperativa La Previdente e a Balsamo la Cooperativa Aurora. Nel 1923 un gruppo di squadristi aggredì a colpi di manganello Cesare Brigatti e costrinse il presidente della cooperativa La Previdente Luigi Villa e il segretario Pacchetti, a bere olio di ricino.

Nella denominata notte di sangue dell’Epifania del 1925, un gruppo di fascisti si mise a sparare contro alcuni operai che rincasavano: i fratelli Luigi e Giovanni Santambrogio vennero feriti al basso ventre.

Poco prima, la stessa notte, in via Garibaldi, Pierino Recalcati venne aggredito da una squadra di fascisti capeggiata da Giovanni Pogliani, fervente camicia nera. Le indagini furono condotte garantendo la più ampia protezione agli aggressori; la tesi della provocazione venne pienamente accolta, consentendo ai responsabili delle aggressioni di evitare provvedimenti penali.

Nelle settimane successive a questi fatti la popolazione di Cinisello e di Balsamo visse quasi in stato di assedio con le strade costantemente pattugliate dalle Forze dell’Ordine. Le case dei sovversivi subirono continue perquisizioni, i negozi, le osterie e gli altri locali pubblici vennero chiusi alle ore 17; la gente, impaurita e incredula, si ritirava nelle proprie abitazioni appena terminato il lavoro.

Il 18 gennaio alcuni fascisti entrarono nel Caffè Palladini che si affacciava sulla piazza di Cinisello e aggredirono il sovversivo Angelo Clerici, colpevole di portare la cravatta rossa, procurandogli ferite guaribili in 10 giorni.

Sempre nel 1925 Cesare Brigatti si ritrovò nuovamente nel mirino delle squadracce e una notte fu aggredito per aver ricordato in un’osteria la morte di Giacomo Matteotti. Venne poi vendicato a colpi di randello dai fratelli. La stessa notte il fratello Paolo Brigatti verrà arrestato e in carcere troverà altri antifascisti di Cinisello: i fratelli Santambrogio, Federico Meregalli, Paolo e Spirito Veronelli.
Paolo Brigatti era stato trattenuto in carcere e ingiustamente accusato di porto abusivo di armi da fuoco e di tentato omicidio in occasione dello scontro con i fascisti. Per protesta le donne del paese organizzarono uno sciopero nelle tre filande locali e si recarono in delegazione dal sindaco per sollecitarne l’interessamento.
Il sindaco Baj Macario andò a Monza dal sottoprefetto minacciando di rassegnare le proprie dimissioni se il Brigatti non fosse stato rilasciato al più presto. Il suo intervento ottenne l’esito sperato e dopo venti giorni di galera il giovane fu rimesso in libertà.

Dopo l’attentato Zaniboni, urgevano i preparativi per il IV Congresso del PCd’I (Partito Comunista d’Italia); ad Angelo Mantica ed Enrico Bigatti di Balsamo e a Mario Sangiorgio di Niguarda fu affidato l’incarico di trovare un luogo sicuro. Si stabilì di organizzare l’incontro con i delegati in una capanna nel Parco delle Groane nei pressi di Garbagnate. L’incontro venne però interrotto dall’arrivo di due carabinieri, che non intervennero, ma spaventarono i presenti che decisero di cambiare luogo di incontro.

Il Congresso, a cui parteciparono anche Giuseppe Alberganti, Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, si tenne la sera di Natale del 1925 a Cinisello, in un cascinotto isolato nei pressi dello stabilimento della Breda al Campo di Aviazione. I documenti lasciati da Enrico Bigatti riferiscono che al termine dell’incontro, a causa dell’arrivo dei fascisti, fu necessario dare fuoco al capanno per far sparire al più presto la documentazione politica.
Gramsci, nei giorni in cui rimase a Cinisello, fu ospite dello stesso Bigatti, che narra che fu proprio in quel periodo che vennero scritti gli appunti che si sarebbero poi trasformati nelle Tesi di Lione.

Virginio Pulici, capocellula dell’organizzazione comunista, arrestato nel 1931, fu condannato a dodici anni di reclusione. Benché le direttive da parte del Comitato Centrale non fossero chiare in proposito, rifiutò la domanda di grazia presentata da un parente e uscì dal carcere nel 1934 in seguito a un’amnistia. Fu un vigilato politico fin dopo gli anni quaranta.

Pietro Vergani, iscritto al PCd’I già dal 1927, entrò in contatto con gli esponenti del gruppo del Carducci a Sesto San Giovanni e con la cellula comunista di Cinisello Balsamo. Nel 1931 tutti quelli del Carducci furono arrestati e Vergani, considerato dai giudici uno dei capi e dei più attivi del movimento delittuoso, riuscì a fuggire in Francia, in Germania e in Unione Sovietica.

Rientrato clandestinamente in Italia nel 1933, venne arrestato a La Spezia mentre tentava di organizzare le cellule comuniste locali. Il Tribunale Speciale lo condannerà a diciotto anni.
Il Giornale di Sesto descriveva con questo linguaggio l’attività del Vergani e di Carlo Seveso, che con lui si trovava a lavorare nella zona: “Nei loro interrogatori, quasi tutti gli imputati hanno confermato le esplicite ammissioni fatte in istruttoria e qualcuno ha cercato di attenuare la propria responsabilità specialmente in ordine all’appartenenza al partito comunista dicendo di essere intervenuto alle riunioni in buona fede e di non avere svolto alcuna azione di propaganda.”

Le autorità fasciste erano ormai al corrente del lavoro che stavano conducendo gli antifascisti della zona; in Comune arrivavano circolari prefettizie che segnalavano: “Al Ministero dell’Interno risulta che la concentrazione antifascista prima d’inviare in Italia suoi fiduciari, allo scopo di accertarsi se essi siano conosciuti dalla Polizia come elementi politicamente sospetti, richiederebbero ai Podestà dei comuni di origine dei fiduciari stessi, informazioni sul loro conto. Il mittente della lettera con cui di solito viene fatta la richiesta e chi si sottoscriverebbe con cognome fittizio, francese o italiano, addurrebbe, a giustificazione della richiesta stessa, il pretesto di dovere dare in isposa una figlia alla persona della quale si richiedono le informazioni o altro consimile.
Alcuni Podestà avrebbero, in perfetta buona fede, fornite dette informazioni e avrebbero anche dato notizie sulla condotta politica delle persone indicate nelle lettere di richiesta, rendendo in tal modo possibile alla Concentrazione di utilizzare, per incarichi nel Regno solamente quelli tra gli affiliati che, non essendo conosciuti in Italia come antifascisti, sono in grado di espletare gli incarichi stessi senza il rischio della loro libertà personale.
Invito pertanto le SSLL ad astenersi, nella maniera più assoluta, dal fornire su chicchessia informazioni di carattere politico e ciò non solamente quando la richiesta proviene dall’estero, ma anche dall’interno.”

I comunisti, a Cinisello Balsamo, come altrove, si trovarono a lavorare sotto una rigida disciplina e in stato di totale clandestinità. Il dissenso con le linee del partito comunista costava l’espulsione e le cellule operanti nei territori dipendevano dalle decisioni prese dal Comitato Centrale in Francia.

Dopo l’espatrio di Vergani, Carlo Meani, uno dei giovani reclutati dopo la svolta del 1929, venne arrestato. Il Tribunale Speciale emise una condanna a due anni per i reati di ricostituzione del Partito Comunista e di propaganda sovversiva. Sconterà un anno circa nel carcere di Lucca e, dopo un periodo di vigilanza politica, verrà inviato dal 1937 al 1943 al confino nell’isola di Ponza.



Nel 1934, la cellula operante a nord di Milano, solita ritrovarsi nella bottega del Ginett, il calzolaio Luigi Pacchetti, venne interamente arrestata. Comprendeva tra gli altri, oltre a Pacchetti, Carlo Villa, Achille Rossetti, Ambrogio Sironi, Natale Sala, Giuseppe Trezzi e Carlo Tabini.

L’arresto avvenne in seguito al pedinamento del dirigente comunista Cesare Borghi, il quale, giunse dal Comitato Centrale del P.C.I. in Italia per organizzare una cellula nel cosiddetto triangolo industriale milanese, che, come si legge nella sentenza di condanna: “[...] si estende da Balsamo a Cinisello, Cusano Milanino, Niguarda, Bresso, Sesto San Giovanni. Ed aveva costituito un completo e ben attrezzato comitato federale comunista; al quale aveva affidato in modo particolare il compito dell’attività propagandistica nelle numerosissime fabbriche e nei moltissimi stabilimenti industriali della detta zona del Triangolo”.

Marcellina Oriani, di Cusano Milanino, che operava nella stessa cellula, in un’intervista rilasciata a Ezio Cuppone, rivela il metodo per scambiarsi le informazioni: “Ci si incontrava con questi funzionari di nascosto, facendo finta di essere degli innamorati che si appartavano in qualche angolino buio. E lì ci si passava il materiale, le informazioni e tutti i documenti che potevano servire per proseguire la lotta contro il fascismo. Si andava fino a Monza, a volte, oppure a Cinisello, a Milanino. Cambiavamo zona ogni volta per paura di essere pedinati e scoperti.
Poi quando sono diventata la dirigente di questa zona (Cusano Milanino, Cinisello, Bresso e Cormano) e non era possibile contattare il funzionario, allora scrivevo a Madame Rose Marseille e scrivevo lettere d’amore. Poi con l’inchiostro simpatico negli spazi bianchi tra un rigo e l’altro fornivo le informazioni di carattere politico e sindacale ai dirigenti esiliati.
Ovviamente lo scritto era in codice e ad ogni lettera corrispondeva un numero. Quindi tutto lo scritto era composto da numeri e la chiave del cifrario era in possesso di pochissime persone.
Ogni tot di tempo poi si cambiava il cifrario.”

Tutti gli arrestati in carcere vennero sottoposti a pesanti interrogatori, durante i quali Carlo Villa morì in seguito a brutali torture. Gli altri antifascisti vennero condannati a diversi anni di prigionia con l’accusa comune di aver partecipato ad associazione comunista.
A Tabini, Trezzi, Pacchetti e Rossetti venne attribuita anche l’accusa di propaganda sovversiva. Da quanto si evince dalla sentenza del Tribunale Speciale, la cellula svolse una serie di indagini sulle condizioni di vita della popolazione della zona, nonché su quelle psicologiche delle giovani lavoratrici, allo scopo di concretizzare un piano di lavoro per rafforzare l’organizzazione.
Sulla base delle confessioni rilasciate dopo la morte del Villa e su quanto trovato tra le carte del Borghi, fu possibile ricostruire i ruoli dei militanti.

Marcellina Oriani, con il nominativo di Clara, venne indicata nella sentenza come membro con funzioni direttive e riorganizzative, divenendo dirigente del comitato federale giovanile comunista.
Achille Rossetti, denominato Mario, fu accusato di fare proselitismo e attività propagandistica, attraverso la distribuzione di giornali clandestini.
Giuseppe Trezzi, anch’esso membro del comitato federale, si occupava principalmente del reclutamento di nuovi adepti negli stabilimenti della zona e di svolgere la propaganda; risulta anche autore di una relazione dal titolo Appello.
Ambrogio Sironi fu incarcerato solo per aver fatto parte del gruppo; in quel periodo, infatti, godeva di scarsa salute ed era ricoverato in una casa di cura.
Carlo Tabini, noto come il compagno Cheti, svolgeva attività di propaganda, riceveva e decriptava documenti scritti da Vergani dalla Francia e li consegnava ai suoi compagni.
Luigi Pacchetti, detto il Ginett, oltre a mettere a disposizione la sua bottega come sede degli incontri, fece opera di infiltrazione nel dopolavoro fascista per svolgervi propaganda politica, informando i dirigenti della cellula in merito all’organizzazione fascista.
Natale Sala dapprima ammise di essere stato coinvolto nell’organizzazione comunista e di essere stato indotto a svolgere propaganda. In seguito lo negò davanti al Giudice Istruttore. Ammise di aver ricevuto della stampa clandestina, ma negò di averla effettivamente distribuita. Non fu possibile provare che l’avesse fatto.

Successivi arresti, coincidenti con un’intensificazione dell’attività propagandistica atta a diffondere malcontento contro la guerra in Etiopia, furono effettuati nel 1936, a seguito dell’infiltrazione di alcune spie dell’OVRA.

Gli antifascisti arrestati furono: Antonio Pacchetti, Giuseppe Chiesa (futuro marito di Marcellina Oriani), Oreste Figini, Umberto Ratti e Carlo Fumagalli.
L’accusa fu anche per tutti loro di partecipazione ad associazione sovversiva. Giuseppe Chiesa venne accusato anche di costituzione di associazione clandestina e venne condannato a dieci anni di carcere. La sentenza del Tribunale Speciale spiega infatti che: “Alcuni sciagurati, con mezzi e direttive provenienti dall’estero, si riunivano a scopo sovversivo e svolgevano intensa attività comunista anche per indebolire e compromettere l’entusiasmo patriottico del popolo e la condotta bellica delle nostre forze armate”.

Tra i cinisellesi arrestati, la sentenza si sofferma principalmente sull’operato del Chiesa: “Sia il Chiesa che il Vittori furono in contatto con funzionari dell’organizzazione sovversiva, provenienti dall’estero, dai quali ebbero materiali di propaganda per la distribuzione e il Chiesa anche fondi.
Tutti i predetti parteciparono a riunioni, si occuparono del Soccorso Rosso e svolsero propaganda a mezzo di stampa clandestina e di reclutamento di gregari.”

Tra il 1936 e il 1938, in seguito a condoni e amnistie, Fumagalli, Antonio e Luigi Pacchetti, Ratti, Rossetti, Sironi, Trezzi, Tabini, Sala e Figini risultano essere in libertà vigilata.
Furono sottoposti a sorveglianza e costretti a vivere in uno stato di semilibertà. Le regole che disciplinavano la loro condizione erano più o meno sempre le medesime:
"1) Obbligo di darsi a stabile lavoro nel più breve tempo possibile;
2) Divieto di trattenersi fuori la propria abitazione dal tramonto al levare del sole;
3) Divieto di associarsi abitualmente a persone pregiudicate;
4) Divieto di portare indosso armi proprie e altri strumenti volti a offendere;
5) Divieto di frequentare pubbliche riunioni, spettacoli, teatri, fiere, feste pubbliche e private;
6) Divieto di frequentare postriboli, osterie ed esercizi pubblici in genere;
7) Obbligo di presentarsi due volte al mese ed ogni volta ne sarà richiesto alla autorità incaricata dalla vigilanza;
8) Obbligo di soggiornare a Cinisello e di presentarsi tutte le domeniche all’autorità di pubblica sicurezza nelle ore da questa fissande;
9) Divieto di variare la scelta abitazione senza darne preventivo avviso all’ufficio locale di P.S. e di allontanarsi dal comune di dimora senza il permesso scritto di detta Autorità;
10) Obbligo di portare con sé la Carta Precettiva e di esibirla ad ogni richiesta di funzionari e agenti PS;
11) Divieto di allontanarsi dal Comune di Cinisello Balsamo senza autorizzazione del giudice di sorveglianza e di cambiare abitazione senza il permesso di PS."

Alle stesse regole comportamentali era soggetto chiunque fosse ammonito per aver manifestato dissenso nei confronti del regime; Alfredo Borgonovo venne qualificato dalla Questura come ammonito politico e fu obbligato a:
"1° Fissare stabilmente la propria dimora e non allontanarsene senza autorizzazione dell’autorità di P.S.;
2° Non partecipare a riunioni pubbliche e politicamente sospette e non trattenersi abitualmente nelle osterie, bettole e case di prostituzione;
3° Non svolgere attività che possa contrastare con le direttive politiche economiche e sociali del Regime;
4° Non portare né detenere armi;
5° Non ritirarsi la sera più tardi del tramonto del sole e di non uscire il mattino prima della levata del sole."

L’unica differenza risulta essere il possesso e l’esibizione della Carta Precettiva, di cui il Borgonovo risulta essere privo.

Cesare Brigatti, invece, fu meno fortunato: sulla base di riferimenti fiduciari attendibili fu condannato a due anni di confino per aver preso parte a conversazioni di contenuto antifascista.

Tra gli ammoniti di Cinisello Balsamo, risulta anche Abele Fumagalli. L’accusa formulata era di aver cercato contatti con ambienti antifascisti e fu pertanto proposto per il confino, ma ebbe solo un’ammonizione.

L’essere posto sotto sorveglianza, in genere, era un provvedimento di breve durata.
Da una lettera di Natale Sala si documenta la volontà, da parte delle autorità, di non sospendere il regime di vigilanza nei confronti di taluni sorvegliati.
“Cinisello Balsamo 11/2/938
(sic!) Egreggio S. Podestà di Cinisello Balsamo, io sott’oscritto sala Natale vengo a riferirgli in merito alla mia liberta vigilata al quale ritengo che con una sua buona parola come mia promeso che sia gia terminata sino dal giorno 19/11/936.
Con questo credo S. Podestà che con una sua gentilesa vorrà favorirmi.
Anticipo i miei ringrasiamenti
in fede Sala Natale"

L’impegno degli antifascisti si estenderà fino alla guerra civile spagnola.

Antonio Fraghì, originario di Sassari, nel 1924 si trasferì a Cinisello per poi espatriare clandestinamente in Svizzera. Nel 1931 tornò in Italia dove fu arrestato e condannato a una pena detentiva di quaranta giorni. Nel 1932 giunse a Marsiglia, dove venne arrestato nuovamente; rilasciato grazie all’intervento della LIDU (Lega Italiana Diritti dell’Uomo), nel 1933 si trovò nuovamente in carcere a Barcellona per sospetta attività anarchica e in seguito fu espulso dalla Spagna. Vi tornerà nel marzo 1937, dove, come segnalato dalle autorità fasciste italiane, entrerà nelle Brigate Internazionali. Costretto ad abbandonarle in seguito a una ferita alla mano, ritornò in Francia dove cercò di rintracciare Emilio Lussu e il movimento di Giustizia e Libertà. Alle autorità fasciste risulterà sempre comunista.

Angelo Giovanni Santambrogio, nato il 2 marzo del 1909 a Cinisello, era figlio di quel Luigi Santambrogio ferito dagli squadristi nella notte di sangue dell’Epifania. Per sottrarsi al servizio militare espatriò clandestinamente e giunse in Francia nel 1930; si stabilì a Parigi per svolgere attività politica. Si recò anche in Belgio ed infine raggiunse Mosca, dove frequentò la Scuola Leninista per diventare quadro del Partito. Nel 1936 partecipò alla Guerra Civile Spagnola arruolandosi, con il grado di tenente, nell’Artiglieria Internazionale, 86^ Divisione. In riferimento alla sua professione di muratore scelse il nome di battaglia Giovanni Cemento. Uscito dalla Spagna, nel febbraio del 1939 venne internato nei campi francesi.

Molti antifascisti confluiranno con compiti diversi nella guerra di Liberazione.

Paolo Brigatti, nome di battaglia Paulin, collaborò con la 119^ Brigata Garibaldi S.A.P. Quintino Di Vona, dopo la Liberazione fu membro del C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale) locale.

Giuseppe Chiesa, rilasciato nel 1941 in seguito a un’amnistia, dopo un breve periodo in libertà vigilata, cercò nuovamente contatti con gli ambienti antifascisti. L’8 settembre 1943 lo colse oltre la Linea Gotica, a Pesaro, dove si unì alle fila degli americani.

Oreste Figini fu partigiano nella 119^ Brigata Garibaldi S.A.P. Quintino Di Vona con i fratelli Mario e Carlo che collaborarono con la Resistenza.

Carlo Meani, nome di battaglia Geo, che durante la Resistenza assunse il ruolo di commissario di guerra della 119^ Brigata Garibaldi S.A.P. Quintino Di Vona, divenne sindaco dal 1945 al 1946, subito dopo la Liberazione.

Luigi Pacchetti fu partigiano con la 119^ Brigata Garibaldi S.A.P. Quintino Di Vona. Venne nuovamente arrestato nel gennaio 1945 dalla X Mas e in carcere fu seviziato al fine di ottenere una confessione mai avuta; rimase prigioniero fino alla Liberazione. Fu membro del C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale) locale.

Umberto Ratti, nome di battaglia Ratt, anch’esso componente della 119^ Brigata Garibaldi S.A.P. Quintino Di Vona, divenne il commissario di Distaccamento.

Angelo Giovanni Santambrogio continuò la sua attività politica anche nel dopoguerra; risulta tra i primi iscritti del direttivo A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia). Morì nel 1968 in un incidente sul lavoro, cadendo da una tettoia.

Carlo Seveso partecipò attivamente agli scioperi milanesi del 1943 e alla Resistenza. Al termine della guerra fu nominato assessore della prima Giunta.

Giuseppe Trezzi, durante la Resistenza divenne responsabile militare della 119^ Brigata Garibaldi S.A.P. Quintino Di Vona e vice ispettore del Comando Piazza di Milano. Luigi Borgomaneri, nel suo Due inverni, un’estate e la rossa primavera, racconta dettagliatamente che fu ufficiale di collegamento del Comando Raggruppamento Brigate Garibaldi di Milano e Provincia e responsabile del Comando Gruppo Brigate Valle Olona e del Comando Gruppo Brigate dell’Est.

Pietro Vergani*, dopo il 25 luglio 1943 si prodigò nell’organizzazione degli scioperi sul territorio, mentre durante la Resistenza si occupò di istituire i primi gruppi in Valtellina. Fu membro del Triumvirato Insurrezionale della Lombardia e, nel dopoguerra, divenne deputato e senatore della Repubblica. L’elogio funebre che gli dedicarono in Parlamento il giorno della sua morte recitava: “Nato operaio, figlio della classe operaia, tale si considerò in ogni circostanza e come sue considerò le lotte che la classe operaia sostiene per il riscatto da ogni servitù”.

Vittorio Viani, che nel 1939 era stato condannato a cinque anni di carcere, farà parte nel 1943 del primo distaccamento cinisellese della 119^ Brigata Garibaldi S.A.P. Quintino Di Vona e in seguito, nel 1946, diventerà il primo sindaco eletto fino al 1953 e, per un secondo mandato, dal 1956 al 1960.

Natale Sala riprese a lavorare come falegname alla Pirelli. Durante il periodo della Resistenza fu deportato in Germania, dove rimase fino alla liberazione del campo. Fu riconosciuto partigiano con la 119^ Brigata Garibaldi S.A.P. Quintino Di Vona.

Ambrogio Sironi, nome di battaglia Giovanni, fu riconosciuto patriota per aver collaborato con la 119^ Brigata Garibaldi S.A.P. Quintino Di Vona. Dopo la Liberazione fu prima membro del C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale) locale e poi assessore nella prima Giunta comunale.

*Pietro Vergani nel 1989 fu insigniro dell’onorificenza cittadina Spiga d’Oro alla memoria con le seguenti motivazioni:
"La Spiga gli è stata conferita per il suo impegno democratico di militante nel Partito Comunista. Antifascista, fu condannato al confino scontando parte della pena. Arruolandosi nelle file della Resistenza, combattè come partigiano col nome di battaglia di Fabio. Fu decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare. Con la nascita della Repubblica Vergani è stato eletto due volte al Senato e una volta alla Camera."

Vai alla scheda: "Seconda guerra mondiale" - i monumenti alle vittime delle guerre.

Vai alla scheda: "I partigiani".

Vai alla scheda: "Il fascismo e la fabbrica del consenso".

Vai alla scheda: "Brambilla Domenico" - biografia.

Vai alla scheda: "Ai confinati politici".

Vai alla scheda: "Venticinque aprile, ore quattordici, insurrezione a Cinisello Balsamo"

Estratto della sentenza a seguito degli arresti del 1934
Estratto della sentenza a seguito degli arresti del 1936
Medaglie agli antifascisti
Giuseppe Chiesa, la Presidenza del Consiglio dei Ministri gli riconosce il periodo di reclusione come antifascista
Oreste Figini, lettera del podestà al Commissarato di P.S. che attesta che lo stesso è munito del libretto rosso per i vigilati politici
Carlo Fumagalli, decreto di prescrizione per la libertà vigilata emesso dal Comune di Cinisello Balsamo
Carlo Fumagalli, libretto rosso per i vigilati politici
Antonio Pacchetti, lettera della Questura al podestà, ai Carabinieri e all’Ufficio Politico per la consegna della Carta precettiva
Luigi Pacchetti, comunicazioni della Questura al podestà, ai Carabinieri e all’Ufficio Politico sul vigilato politico Pacchetti
Oreste Figini, Antonio e Luigi Pacchetti e Umberto Ratti, il podestà dà conferma al Commissariato di P.S. che i vigilati politici si sono presentati regolarmente per il controllo
Achille Rossetti, prescrizioni imposte dal giudice di sorveglianza del Tribunale di Cuneo a Rossetti in libertà vigilata
Carlo Seveso e Pietro Vergani, articolo di giornale che parla del processo a quattordici comunisti lombardi tra i quali figurano i nomi di Seveso e Vergani
Ambrogio Sironi, lettera della Questura al podestà, ai Carabinieri, all’Ufficio Politico e al giudice di Sorveglianza del Tribunale di Milano con la quale si richiede di disporre la sorveglianza
Carlo Tabini, lettera della Questura al podestà, ai Carabinieri e all’Ufficio Politico con la quale si richiede di disporre la sorveglianza
Giuseppe Trezzi, lettera della Questura al podestà, ai Carabinieri e all’Ufficio Politico con la quale si richiede di disporre la sorveglianza
Pietro Vergani, biografia a cura di Ezio Meroni, pag. 1
Pietro Vergani, biografia a cura di Ezio Meroni, pag. 2
Pietro Vergani, biografia a cura di Ezio Meroni, pag. 3
Pietro Vergani, biografia a cura di Ezio Meroni, pag. 4
Pietro Vergani, nulla osta per l’espatrio in Francia
Pietro Vergani, carta d’identità falsa utilizzata durante la clandestinità
Pietro Vergani, commemorazione durante una seduta della Camera dei deputati


GALLERIA FOTOGRAFICA

Enrico Bigatti

Pietro Vergani

Carlo Seveso

Carlo Meani

Luigi Pacchetti

Ambrogio Sironi

Carlo Villa

Marcellina Oriani

Umberto Ratti

Giuseppe Chiesa

Giuseppe Trezzi

Oreste Figini

Antonio Fraghì

Angelo Giovanni Santambrogio

Vittorio Viani

Cascinotto dove si tenne il IV congresso del PCd’I

Curt del popul dove si incontravano gli antifascisti

Gruppo di antifascisti del Carducci di Sesto San Giovanni

Cinisello Balsamo, il funerale di Pietro Vergani durante il quale Pietro Secchia tenne l’orazione funebre

Condanne del Tribunale speciale fascista