MARAFANTE GIOVANNI

Nacque a Sesto San Giovanni (Milano) il 7 giugno 1926 da Gaetano Marafante e Santa Trombin. Abitava in via Cavour 7.

Morì in combattimento il 17 giugno 1944 durante il rastrellamento della Val Grande (Verbano Cusio Ossola).

Dopo la Liberazione fu riconosciuto partigiano combattente della Divisione Mario Flaim, Brigata Valgrande Martire.*

L’Amministrazione comunale gli intitolò una via cittadina.

Giovanni era fratello di Giuseppe Marafante, anch’egli partigiano che fu arrestato e deportato.

Il suo nome compare sulla lapide Ai martiri della Resistenza e della deportazione sita nell’atrio del Palazzo comunale in piazza Confalonieri 5.

PER APPROFONDIRE

Il rastrellamento della Val Grande

Il rastrellamento si svolse tra l’11 e il 30 giugno 1944. I tedeschi e i fascisti che attaccarono erano quattro-cinque mila, bene armati ed equipaggiati; i partigiani che si difesero erano quattrocentocinquanta-cinquecento, male armati, peggio equipaggiati e privi di viveri. Per le formazioni partigiane e per la popolazione civile furono venti terribili giorni di spietata caccia all’uomo, fucilazioni, incendi e saccheggi.
Scriveva Nino Chiovini, Peppo (1923 - 1991, partigiano, scrittore e storico italiano, studioso della Resistenza e della cultura contadina di montagna) ne’ I giorni della semina: "Nei primi giorni la lotta è accanita e più volte gli attaccanti segnano il passo, poi la superiorità numerica e d’armamento del nemico travolge anche le ultime resistenze organizzate in Val Grande, sul Cavallone, sul Vadà, sulla Marona, e la lotta si spezzetta in brevi scontri, in stracche sparatorie; infine i nemici dilagano. Ogni partigiano armato, disarmato, ferito, moribondo, dopo la cattura viene ucciso alla spicciolata o fucilato pubblicamente."
Le operazioni in montagna di fatto terminarono il 22 giugno con l’eccidio dell’Alpe Casarolo in alta Val Grande dove morirono nove partigiani e due alpigiani. Poi in Val Grande le armi tacquero, ma continuarono le fucilazioni dei partigiani catturati nei paesi ai piedi dei monti.

Cronologia del rastrellamento - 11 giugno - 1 luglio 1944.

11 giugno
Nel pomeriggio le prime truppe tedesche e fasciste giunsero a contatto con i partigiani a Ponte Casletto. In serata si ritirarono verso Rovegro.

12 giugno
Attacco nazifascista in forze sul fronte Ponte Casletto, Alpe Scellìna e Corte Buè. Duri scontri a Ponte Casletto (dove furono fatti saltare i ponti) e ad Alpe Velina. La sera stessa a Rovegro tra i partigiani vi furono dieci morti e due fucilati. Cicogna fu sottoposta a un massiccio bombardamento.
In serata, al comando del capitano Mario, il grosso del Valdossola si ritirò in direzione della Val Pogallo per sottrarsi all’accerchiamento in atto; un secondo gruppo, al comando del maggiore Superti, lo tallonò a distanza di una decina di ore.

13 giugno
Truppe tedesche occuparono Cicogna, proseguirono fino ad Alpe Prà e si spinsero in Val Pogallo.

14 giugno
Tedeschi e fascisti attaccarono la Giovane Italia. Scontri ad Alpe Cavallotti e lungo il Pizzo Pernice. Il comando della legione fascista Leonessa cadde in un’imboscata a Comero (morirono il colonnello comandante la Legione e altri tre ufficiali).
Una prima colonna del Valdossola, al comando di Mario, si diresse in Val Cannobina, mentre una seconda, al comando di Superti, si apprestava a rientrare in Val Grande attraverso la bocchetta di Campo.

15 giugno
Continuò la difesa della Giovane Italia lungo Pizzo Pernice e Pian Cavallone.

16 giugno
Vennero attaccate le posizioni della Cesare Battisti. Duri scontri ebbero luogo a Colle Bìogna, Pian Vadà e Alpe Fornà, mentre proseguì la difesa di reparti della Giovane Italia sul Pizzo Marona. Combattimenti del Valdossola a Pian dei Sali e Alpe Polunia.

17 giugno
Ad Aurano (Valle Intrasca) otto partigiani della Cesare Battisti vennero fucilati e sepolti nella fossa che loro stessi furono costretti a scavare.
A Ponte Casletto furono fucilati con una scarica alle spalle due partigiani del Valdossola: Luigi Abbiati e il Panatée.
In Val Pogallo due partigiani, catturati all’Alpe Aurà, vennero legati assieme e bruciati vivi su una catasta di legna.
A Pizzo Marona si recarono alcuni partigiani della Giovine Italia per cercare di contrastare l’avanzata tedesca. Nella serata del 16 arrivò dal Vadà anche Mario Flaim e la mattina del 17 sarà la volta di alcuni partigiani della Cesare Battisti. I tedeschi attaccarono. Alcuni partigiani scesero in Val Marona. Verso mezzogiorno tutto era finito. Prima di ritirarsi i tedeschi fecero saltare la cappelletta (poi ricostruita). Dopo il rastrellamento, alla base dei roccioni verso la Val Pogallo, furono trovati i cadaveri di undici partigiani. Alcuni di essi non presentavano ferite da arma da fuoco, ma solo quelle prodotte dalla caduta; forse furono gettati vivi dall’alto.
A Verbania si scatenò la caccia all’uomo; in pochi giorni i rastrellati salirono a ottantasei. Verranno in seguito inviati nei campi di concentramento in Germania.

18 giugno
Scontro a bocchetta di Scaredi. Quattro partigiani furono fucilati a Falmenta, diciotto a Pogallo.

20 giugno
Quarantatre partigiani fucilati a Fondotoce.
Imboscata tedesca all’Alpe Portaiola, morirono trenta partigiani della colonna di Superti.

21 giugno
Diciassette partigiani fucilati a Baveno.

22 giugno
Undici fucilati ad Alpe Casarolo.

23 giugno
Quindici fucilati a Finero.

27 giugno
Nove fucilati a Beura.

1 luglio
Ebbero termine le operazioni di rastrellamento. Dopo le fucilazioni di Beura (27 giugno 1944) tacquero le armi tedesche. Nell’ultima settimana di giugno i tedeschi abbandonarono progressivamente la Val Grande, la Val Pogallo e la Cannobina e tolsero l’accerchiamento. La sera dell’1 luglio l’autocolonna corazzata tedesca abbandonò il Verbano per recarsi in Valsesia, nel frattempo liberata dalle Brigate garibaldine di Ciro (Eraldo Gastone) e di Cino Moscatelli.
Abbandonando le valli di montagna, le truppe tedesche bruciarono gli alpeggi (duecentootto baite e stalle incendiate in Val Grande e Pogallo, cinquanta case danneggiate o distrutte dai bombardamenti a Cicogna). Tre rifugi alpini vennero distrutti (Pian Cavallone, Pian Vadà, Bocchetta di Campo) e uno danneggiato (la Casa dell’Alpino all’Alpe Prà).
Le perdite tra i partigiani furono elevate: quasi trecento morti su circa quattrocento-cinquecento partigiani presenti all’inizio del rastrellamento. Il Valdossola fu decimato (duecentoventi-duecentoquaranta morti su trecento combattenti ai primi di giugno). La stima dei morti, parecchi dei quali non fu possibile identificare, e di altri di cui non vennero più ritrovati i corpi, è forzatamente approssimativa. Molte reclute, affluite in gran numero dopo l’ultimatum del 25 maggio 1944, non erano ancora state registrate nei ruoli delle formazioni.
Alla fine del rastrellamento rimasero in vita circa centosessanta partigiani, di cui cinquanta feriti, undici ripararono in Svizzera, una ventina rimasero in montagna, gli altri, protetti dalla popolazione, si nascosero nei villaggi ai piedi delle montagne. Tra i superstiti non vi fu nessuna defezione.

Il rastrellamento della Val Grande rimane ancora oggi impresso nella memoria storica delle popolazioni locali come uno degli eventi più tragici della Resistenza. Per venti giorni l’operazione antiguerriglia condotta da tedeschi e fascisti ebbe l’obiettivo di annientare le formazioni partigiane attestate sui monti del Verbano. Il rastrellamento vide atti di estrema ferocia da parte dei reparti speciali antiguerriglia delle SS (Schutzstaffeln - reparti di difesa) con torture, fucilazioni sommarie di partigiani e civili, incendi e saccheggi. I montanari della Val Grande pagarono con la vita e con la distruzione di stalle e alpeggi l’appoggio dato alla Resistenza.
Oggi i monti della Val Grande sono tutelati come Parco Nazionale, l’area wilderness più grande delle Alpi, ma sono anche un prezioso luogo della memoria dove leggere pagine di limpido valore morale nel grande libro della Resistenza. Oggi, camminando nella storia e nella memoria, è possibile ripercorrere i luoghi dei partigiani, una forma di turismo etico alle origini dell’Italia democratica e repubblicana.

*La formazione delle Divisioni e delle Brigate della zona

13 settembre 1943
Nacque il C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale) a Verbania, formato dai democristiani Natale Menotti e Iginio Fabbri, dai comunisti Mario Catena ed Ettore Maffioli di Mergozzo e dai socialisti Vincenzo Andreani e Giovanni Bossi.
Ottobre 1943
Nacque sui monti di Miazzina un gruppo di partigiani formato da una decina di giovani riuniti attorno al sacerdote di Busto Arsizio don Enzo Alboni. Nella primavera 1944 prenderà il nome di Giovane Italia.
Novembre - dicembre 1943
Nacque il battaglione Valdossola dalla fusione di un gruppo di partigiani guidati da Mario Muneghina Mario, proveniente dalla Valle Antigorio, con il gruppo guidato da Dionigi Superti e operante nella zona di Premosello-Colloro. La formazione (venti-venticinque uomini) si attestò all’Alpe Ompio ed era comandata da Superti.
Novembre 1943
Nacque per iniziativa di tre ufficiali (Armando Calzavara Arca, Giuseppe Perozzi Marco ed Enzo Plazzotta Selva) che si unirono a un piccolo gruppo di partigiani guidato da Franco Plazzotta Platea, la Cesare Battisti. Arca ne diventò il comandante e attestò la formazione nella zona del Monte Zeda e in Valle Intrasca.
Luglio 1944
Finito il rastrellamento, Superti con trenta superstiti si attestò a Colloro e si diede il via alla ricostruzione del Valdossola. Mario Muneghina con altri trenta partigiani si staccò dal Valdossola e ad Alpe Velina costituì la nuova formazione Valgrande Martire. Guido il Monco con i superstiti della Giovane Italia era a Miazzina. A Scareno si ritrovarono i cinquanta superstiti della Cesare Battisti attorno ad Arca.
Agosto 1944
Ai primi di agosto la Giovane Italia, guidata da Galli (Marco di Lella), confluì nella Valgrande Martire che diventò 85^ Brigata Valgrande Martire della 2^ Divisione Garibaldi Redi, di cui diventò comandante Mario Muneghina e commissario Pippo Coppo; comandante della Brigata era Galli.
Sui monti di Cannero nacque, per iniziativa di Filippo Frassati e Nicola Lazzari, la Banda Giuseppe Perotti (comandante Filippo Frassati).
Marzo 1945
Dall’unione della Valgrande Martire (autorizzata a lasciare la 2^ Divisione Garibaldi) con la Cesare Battisti, nacque la Divisione Mario Flaim, formazione che realizzò l’unità di tutte le forze partigiane del Verbano. (Mario Flaim 1919 - 1944, tenente degli Alpini, dopo l’8 settembre organizzò una formazione partigiana sulle Prealpi lombarde. Nel maggio 1944 si unì alla Giovane Italia sui monti del Verbano. Cadde durante il rastrellamento di giugno, nella battaglia di Monte Marona.)

Un altro partigiano di Cinisello Balsamo, Enrico Ferrandi (15 febbraio 1925), nome di battaglia Cinisel, Divisione Valdossola, fu protagonista e superstite del rastrellamento della Valgrande, a seguito del quale si rifugiò in Svizzera, dove venne internato.
Tra le sue numerose avventure raccontava un episodio in particolare: "Dovevo andare a Cossogno ed ero imbottito di armi. Eravamo in due e ci avventurammo lungo una strada scoscesa, interrotta a un certo punto da una frana. Proprio in quel punto veniamo sorpresi da un fascista che ci ferma e inizia a deriderci dicendo che avrebbe scommesso sul fatto che noi fossimo disarmati, ben sapendo che così non era. Mario Rossi, che era con me, coglie lo scherzo e, riconoscendo il suo dialetto lombardo, inizia a parlare delle sue origini. Per farla breve, scopriamo che eravamo vicini di casa, avevamo amici e conoscenti in comune, ma eravamo su due fronti opposti. Non ci sono state altre parole: ci ha semplicemente lasciati andare. In fondo, eravamo amici. Era solo la guerra che ci aveva fatto diventare nemici."

Vai alla scheda: "La storia nelle strade".

Domanda di ammissione all’A.N.P.I. compilata dalla madre di Giovanni Marafante per ottenere il riconoscimento di partigiano combattente
Testimoniaze di partigiani (tra le quali anche quella Enrico Ferrandi) sul rastrellamento in Valgrande


GALLERIA FOTOGRAFICA

Giovanni Marafante

La targa di via Giovanni Marafante

Via Giovanni Marafante

Molti sono i partigiani uccisi o feriti

Partigiani

Fondotoce, 20 giugno 1944, i quarantatre partigiani che verranno fucilati dai nazisti

Pogallo

Pizzo Marona

Croce sul Pizzo Marona

Cicogna, lapide

La lapide all’Alpe In La Piana che ricorda le vittime del rastrellamento del giugno 1944

Pogallo, la lapide che ricorda diciassette giovani partigiani

Intra, la lapide che dedica a Mario Flaim il piazzale nei pressi dell’imbarcadero nuovo

Enrico Ferrandi

Carta da lettera della Divisione Valdossola stampata in clandestinità (1943).
Il logo utilizzato per la carta da lettera e per il distintivo è di Albe Steiner.
Lettera datata 20 aprile 1949 ricevuta da Enrico Ferrandi.
“Mio caro Cinisello, ti mando il distintivo della Divisione con la quale tu hai combattuto per la libertà d’Italia e degli uomini.
Custodiscilo gelosamente a ricordo dei giorni belli e che saranno sempre impressi nel nostro animo e sia pegno di affetto per il tuo comandante che ti ha considerato come un buon figlio”.
Comandante Superti