LA SITUAZIONE ALIMENTARE A MILANO E A CINISELLO BALSAMO DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

All’indomani del 10 giugno 1940, i giornali, rigidamente censurati e imbeccati dal regime, riprendevano nei titoli alcune roboanti espressioni pronunciate da Mussolini durante il discorso che annunciava la guerra. Gli umori però erano contrastanti; nonostante i toni trionfalistici e le manifestazioni di giubilo, molti ricordano anche diffuse perplessità e lacrime versate per la tragedia annunciata, specie tra gli anziani che avevano sperimentato sulla propria pelle la carneficina della prima guerra mondiale.

Mentre i soldati erano al fronte e le città venivano pesantemente bombardate, gli italiani cominciarono presto a piangere i loro morti e si trovarono catapultati in una dura realtà che imponeva pesanti sacrifici quotidiani.

A Milano, come nel resto dell’Italia, fin dal luglio 1940 erano stati razionati pane, zucchero, sapone. I beni di prima necessità, reperibili presso spacci, negozi, mercati autorizzati, furono sottoposti a tesseramento.
In applicazione alla legge sul razionamento dei consumi, approvata il 6 maggio 1940, la distribuzione dei generi alimentari di più largo consumo fu effettuata esclusivamente attraverso la tessera rilasciata dall’Ufficio Annonario del Comune di residenza. L’ammontare delle razioni individuali era fissato mensilmente dal ministro delle Corporazioni. La tessera, personale e non cedibile, dava diritto a generi alimentari differenziati a seconda dell’età. I generi alimentari dovevano essere prenotati in giorni prestabiliti presso i negozi e ne era vietato il commercio in qualunque altra forma. Il negoziante staccava la cedola di prenotazione apponendo la propria firma. Dal momento che i prezzi variavano di mese in mese, era uso comune prelevare tutto quanto fosse possibile in un’unica soluzione.
La tessera, dapprima predisposta solo per generi alimentari, si diffuse in seguito, anche per il vestiario.
Con il progredire delle operazioni belliche i quantitativi acquistabili con i bollini della carta annonaria divennero sempre più esigui.
Nel 1941 la razione quotidiana forniva duemilacinquecento calorie per persona, un valore che si sarebbe assottigliato fino a raggiungere, nell’inverno del 1945, le ottocentoquarantotto calorie al giorno (millecinquecentodieci per gli operai addetti ai lavori pesanti).

Mentre la guerra proseguiva, i prezzi salivano alle stelle e i giri di vite restrittivi si susseguivano senza posa. Le bistecche di manzo furono sostituite, quando era possibile, da carne di maiale e di cavallo, mentre si cominciavano ad allevare polli e conigli anche sui balconi delle città.

Aiuole e giardini urbani vennero arati e coltivati, perlopiù a grano. La battaglia del grano si inseriva nella politica autarchica varata dal fascismo nel 1925 nel tentativo di ridurre al massimo le importazioni di frumento dall’estero. Sostenuta con premi in denaro messi in palio dalle Amministrazioni civiche, giunse al suo apice tra il 1940 e il 1942 con la realizzazione degli orti di guerra e la conseguente trasformazione dei giardini pubblici in aree coltivabili. Azione propagandistica più che di seria programmazione che fu salutata con i consueti toni stentorei dalla stampa di regime. Alla coltivazione degli orti di guerra provvedevano gli stessi cittadini o i giovani delle organizzazioni del P.N.F. (Partito Nazionale Fascista). Nessun particolare recinto li chiudeva, erano affidati al rispetto dei cittadini.

Una tessera annuale consentiva il rifornimento di vestiario che cominciò presto a scarseggiare; il problema principale divenne quello delle scarpe. Legno e sughero sostituirono le suole di cuoio e, facendo di necessità virtù, le grossolane zeppe divennero forzatamente calzature alla moda per le signorine del tempo. Qualcuno recuperava strisce di pelle dalle borse, mentre con gomma vecchia, pescata chissà dove, si rinforzavano le suole.
La scarsità di carburante e l’insufficiente servizio di mezzi pubblici costringevano i milanesi a camminare parecchio, o a utilizzare la bicicletta che in breve divenne un bene assai prezioso. La pubblicità sui giornali prometteva il salvataggio di suole ormai logore mediante miracolosi prodotti.

Non era tempo di frivolezze. Gli uomini erano impegnati al fronte e le donne dovevano rimboccarsi le maniche. A Milano decine di migliaia di giovani donne iniziarono a lavorare come impiegate, postine, bigliettaie o manovratrici di tram. Le prime bigliettaie presero servizio il 19 luglio 1941.

Nel novembre del 1943 entrò in vigore il tesseramento del tabacco che dava diritto a tre sigarette o a un sigaro al giorno, ma i tabaccai ne erano spesso sprovvisti. Si ricorreva, come per tutto il resto, al fai da te, arrivando a recuperare il tabacco dalle cicche.

Curiosi surrogati venivano proposti per addolcire una dura esistenza. La Frappeina, "prodotto meraviglioso", era un frappé senza latte, l’astragalo fece malamente le veci del caffè.

Chi non poteva permettersi di pagare a peso d’oro generi di prima necessità, ricorrendo rischiosamente alla borsa nera, si arrangiava in altro modo. I fortunati con i regali di qualche parente benestante, gli altri con il baratto, non esitando a rubare quando capitava l’occasione. Tali metodi divennero la regola durante i due ultimi terribili anni di guerra.

Tra l’agosto del 1943 e quello del 1944 i prezzi degli alimentari al mercato ufficiale aumentarono del cento per cento e la situazione andò costantemente precipitando. Sopravvivere senza ricorrere alla borsa nera era impossibile. A causa dei disagi nei trasporti e delle carenze energetiche, i rifornimenti erano difficoltosi. Entrarono in funzione le mense collettive comunali che offrivano pasti a prezzo modesto. Mentre le donne andavano a caccia di vivande, gli uomini circolavano con circospezione o erano costretti a sparire. Tedeschi e repubblichini rastrellavano a più non posso per l’arruolamento nelle file fasciste o, peggio, per la deportazione in Germania.


La situazione a Cinisello Balsamo

Già nel corso dei primi anni di guerra, anche a Cinisello Balsamo peggiorava la situazione degli approvvigionamenti che, pur essendo ancora lontana dai drammatici livelli che raggiungerà negli ultimi due anni del conflitto, creava disagi e sofferenze tra la gente al punto da non poter essere taciuta neppure sulla stampa controllata dal regime fascista.

A luglio del 1941 l’Amministrazione comunale prese “in attento esame il problema del rifornimento viveri alla popolazione” decidendo di “riferire alle superiori Autorità le necessità locali”. Il mese seguente un articolo comparso su Il Popolo di Lombardia annunciava che presso il Fascio di Cinisello Balsamo era stato istituito il “settore economico, alla cui direzione il segretario politico ha chiamato il camerata Piero Monti” che aveva provveduto con i suoi collaboratori a compiere una “visita ai mercati regionali e ai negozi per rendersi conto della qualità della merce e per il controllo dei prezzi” e aveva invitato la popolazione a una “attiva collaborazione, comunicando all’apposito ufficio tutto ciò che è in relazione all’approvvigionamento e ai prezzi”.

Erano le prime avvisaglie dello spettro della fame che da quel momento in avanti incomberà con tinte sempre più fosche, anche a causa del timore che le incursioni aeree nemiche potessero incendiare i raccolti dei cereali. Una circolare ministeriale avvertiva: “Da fonti diverse viene segnalato che il governo inglese starebbe organizzando attentati diretti a distruggere le produzioni di cereali durante la prossima campagna agricola. Atti di sabotaggio sarebbero compiuti da elementi sovversivi o comunque avversi reclutati in Italia. Raccomandasi disporre subito singole provincie rigorose indagini e misure vigilanza, avvalendosi di tutti i mezzi a disposizione scopo impedire propositi criminosi”.

Vennero così formate sette squadre di “difesa antiaerea per gli incendi”, dislocate soprattutto nelle cascine e nelle frazioni dove si concentrava la produzione agricola locale (due a Sant’Eusebio, le altre al Vallo, nella zona di via Monte Grappa, alla Cornaggia, alla Bettola e a Robecco), composte ciascuna da cinque uomini ai quali erano rivolte, tra le altre, queste indicazioni operative: “Importanza grandissima si deve attribuire alla vigilanza e al tempestivo intervento delle squadre a ogni minaccia di pericolo, specialmente quando le messi sono mature o già raccolte in covoni nei campi. Al segnale di allarme ogni squadra si adunerà nel punto stabilito e provvederà subito al collocamento del servizio di vedetta nei punti più elevati. Le vedette dovranno dare l’avviso dell’avvicinarsi degli aerei e dello sviluppo di eventuali principi di incendio nella zona da loro osservata”. Precauzioni queste che si rivelarono assai utili dal momento che gli aerei inglesi, nel periodo di maturazione del grano, fecero uso di piastrine e spezzoni incendiari e di bombe al fosforo nel tentativo di distruggere i raccolti, chiamando in causa in diverse occasioni le squadre operanti sul territorio cittadino.

Trovare generi alimentari a prezzo di mercato era diventato anche a Cinisello Balsamo difficile; gli Ammassi e i Consorzi, organismi preposti alla raccolta e alla distribuzione dei prodotti, funzionavano poco e male, non solo per la scarsità delle derrate, ma anche per la corruzione che alimentava il mercato nero al quale la gente era costretta a ricorrere sempre più frequentemente, mentre si intensificavano le incursioni aeree sugli obiettivi militari e industriali.

Si inasprirono divieti e controlli, anche con episodi di prepotenza. Erano tentativi di imbrigliare la mente e la parola di un popolo che era ormai stanco della guerra, della fame e dei lutti.
Questi sentimenti trovarono nelle fabbriche uno sbocco clamoroso nel marzo del 1943; a Sesto San Giovanni come a Milano e a Torino i lavoratori fermarono la produzione. Nell’area industriale di Sesto San Giovanni lo sciopero venne fissato per il 23 marzo. Ci fu una grande adesione; le richieste avanzate dai lavoratori erano chiare e significative delle condizioni di vita a cui la guerra li aveva ridotti. Chiedevano: aumento dei salari e delle razioni alimentari. Lo sciopero rivestiva soprattutto una grande importanza politica e sindacale poiché "dopo vent’anni non di silenzio ma di lotte oscure, taciute e comunque isolate" la classe operaia dell’Italia settentrionale riprendeva la propria autonomia organizzativa rispetto alle strutture corporative fasciste.

Dopo l’Armistizio e l’occupazione dei nazisti, la situazione annonaria aveva raggiunto livelli quasi tragici. A ottobre del 1943 la tessera prevedeva la corresponsione procapite mensile di "kg. 1 di patate, 100 grammi di fagioli, 50 grammi di salumi, 80 grammi di carne suina, un decilitro d’olio, 200 grammi di burro e 100 grammi di grassi di maiale, 1 kg. di pasta e riso, niente carne, verdura introvabile, 1 saponetta deve bastare per due mesi e per i fumatori sono garantite 3 sigarette al giorno".

Il 13 dicembre 1943 si fermarono nuovamente alcune grandi fabbriche di Milano e di Sesto San Giovanni e il giorno seguente lo sciopero si estese ad altri complessi industriali. Le rivendicazioni erano: 100% di aumento dei salari, aumento dell’indennità giornaliera, premio di 500 lire per i capifamiglia e di 350 per gli altri, aumento delle razioni in mensa e delle merci negli spacci interni, pagamento del 75% dello stipendio ai licenziati, revoca di qualsiasi obbligo di lavoro per la Todt e la libertà per i detenuti politici. Dopo uno sciopero di sei giorni, i lavoratori tornarono nei reparti spinti dalla fame e dalla rappresaglia dei nazisti.

La popolazione doveva fare i conti con la mancanza ormai allarmante di generi alimentari e di combustibile. Nel corso degli ultimi due inverni assunse un ruolo fondamentale il servizio di refezione scolastica, l’unico che riusciva a garantire un pasto caldo, seppur misero, agli alunni indigenti che erano una parte considerevole. Ai primi di dicembre del 1943 una maestra annotava sul registro di classe che nonostante le vacanze natalizie fossero state anticipate per mancanza di riscaldamento, la refezione funzionava ugualmente per dar da mangiare ai bambini. Inoltre il problema della mancanza di riscaldamento influiva notevolmente sullo svolgimento delle lezioni. Nella primavera del 1944 si registrava un susseguirsi di variazioni di orario per far andare i ragazzi a scuola durante le ore più calde; nel giro di un mese, dal 22 febbraio al 20 marzo, ben quattro furono i cambiamenti di orario per il freddo.

A marzo del 1944 venne indetto uno sciopero generale nel quadrilatero industriale; anche le fabbriche di Sesto San Giovanni scioperarono; la repressione fu più dura delle volte precedenti e molti lavoratori vennero arrestati e deportati.
Il Comune di Cinisello Balsamo, a novembre del 1944, non ricevette il previsto quantitativo di farina da pane, a dicembre solo metà del burro assegnato fu distribuito, insieme a un terzo della farina di granoturco; il riso era rimasto un alimento solo per la tessera annonaria, la carne era introvabile da mesi, la legna, per il semestre novembre 1944 - marzo 1945, era sufficiente per "i soli bisogni di cucina e per la panificazione".

La sensazione che la fine del conflitto non fosse molto lontana sosteneva gli sforzi e le sofferenze della popolazione che, agli inizi del 1945, non riusciva quasi più a trovare cibo e combustibile, se non al mercato nero. A gennaio non era stato distribuito il riso, che comunque mancava da novembre 1944; non era arrivato il quantitativo d’olio assegnato, lo zucchero era giunto solo alla fine del mese, mentre risultava regolare la consegna del burro. La carne rimaneva ancora introvabile, il sapone non si distribuiva dal novembre dell’anno precedente e questa complessiva deficienza dell’approvvigionamento era “lamentata da tutta la popolazione in ispecie da quella con malati e bambini”.

Anche l’esperimento voluto da Mussolini di istituire le mense collettive o ristoranti di guerra, una delle proposte della R.S.I. (Repubblica Sociale Italiana) per sostenere l’immagine di un fascismo sociale, si rivelò fallimentare. Il Comune dovette provvedere a chiudere tutti i ristoranti e le trattorie sul suo territorio, trasformando in mensa collettiva il solo Ristorante della Caccia . In proposito il podestà fece rilevare alle autorità prefettizie che “non arrivando viveri, non sarà possibile far funzionare la mensa collettiva di guerra istituita, mancando in sito ogni risorsa alimentare”.

Anche nelle parole del podestà Giuseppe Francaviglia iniziava a trasparire la sfiducia nel regime. Nei suoi rapporti metteva da parte il linguaggio burocratico per inserire aneddoti od osservazioni. Scriveva ad esempio: "I furti di gelsi e di legna non hanno potuto avere alcun freno", oppure "Una mamma mi ha portato in Comune due marmocchi gemelli che gridavano da ossessi perchè avevano fame, perchè la razione di latte come è ora ridotta non riesce a sfamarli".

Vai alla scheda: "Seconda guerra mondiale" - i monumenti alle vittime delle guerre.

Vai alla scheda: "Le vittime della seconda guerra mondiale".

25 maggio 1945, relazione della Giunta del Comune di Cinisello Balsamo sulla situazione alimentare ed economica, pag. 1
25 maggio 1945, relazione della Giunta del Comune di Cinisello Balsamo sulla situazione alimentare ed economica, pag. 2
25 maggio 1945, relazione della Giunta del Comune di Cinisello Balsamo sulla situazione alimentare ed economica, pag. 3


Norme sulla razione giornaliera di pane
Norme per la vendita della carne a Milano e provincia
Razionamento del sale
Divieto di abbattere e sradicare alberi


GALLERIA FOTOGRAFICA

In attesa di acquistare la propria razione con la carta annonaria

Le lunghe file per acquistare il pane

Mense allestite per i senzatetto a seguito dei bombardamenti

1944, Milano, dopo le incursioni aeree del mese di settembre, in alcune piazze vennero organizzate cucine da campo che distribuivano pasti caldi agli abitanti dei quartieri più colpiti

Fame, freddo e miseria; povera gente davanti alle vetrine vuote

Un orto di guerra

Milano, piazza Duomo, si trebbia il grano degli orti di guerra cittadini

Milano, piazza Duomo, coltivazione di frumento

Una carta annonaria

Comune di Cinisello Balsamo, cartello per comunicare il prezzo del pane

A causa delle difficoltà nei trasporti fanno la loro comparsa nelle grandi città i ciclotaxi

Vengono requisite le gomme d’automobile che devono essere consegnate ai comandi del Corpo Automobilistico per essere destinate all’Esercito

Le donne sostituiscono nel lavoro gli uomini impegnati al fronte, una bigliettaia

Donne in fabbrica