SECONDA GUERRA MONDIALE - ALCUNI DEI TEATRI DI GUERRA CHE HANNO VISTO IL COINVOLGIMENTO DEI CITTADINI DI CINISELLO BALSAMO

L’1 settembre 1939, con l’invasione della Polonia da parte della Germania, iniziò la seconda guerra mondiale. L’Italia, pur avendo stipulato il Patto d’Acciaio con la Germania nel maggio dello stesso anno, si dichiarò non belligerante. Però il 10 giugno 1940 Mussolini, di fronte ai successi militari di Hitler e pensando che lo scontro bellico si sarebbe concluso di lì a poco con la vittoria della Germania, dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna.

I principali teatri di guerra che videro impegnate le truppe italiane furono: Alpi Occidentali, Africa Settentrionale, Africa Orientale, Grecia Jugoslavia, Egeo e Unione Sovietica. Male equipaggiate, con armamenti spesso obsoleti e insufficienti, le forze italiane collezionarono gravi insuccessi e un alto numero di morti.

L’8 settembre 1943, sfiduciato Mussolini e dichiarato capo del governo Badoglio, ci fu la firma dell’Armistizio con gli Alleati. Il Paese si trovò diviso in due, il Regno del Sud controllato dalle Forze Alleate dopo lo sbarco in Sicilia e a nord la Repubblica Sociale Italiana controllata dalla Germania. Iniziò la guerra di Liberazione condotta a sud principalmente dal Corpo Italiano di Liberazione e dagli Alleati che iniziarono a risalire la penisola, e al centro-nord dai partigiani. Le ostilità si conclusero con la firma della resa del comando tedesco a Caserta il 2 maggio 1945.

Fronte delle Alpi Occidentali

La Battaglia delle Alpi Occidentali fu combattuta durante la breve guerra fra Italia e Francia, dal 10 al 25 giugno 1940. Furono i primi quindici giorni di conflitto dell’Italia, impreparata a sostenere una guerra e non all’altezza degli avversari.

L’obiettivo, ma anche il pretesto, era la riconquista di Nizza e della Savoia, cedute come pattuito da Cavour a Napoleone III nell’accordo di Plombières nel 1858. Il fronte si sviluppava dal mare fino a tutto il confine francese lungo le Alpi Occidentali, suddiviso in direttrici d’attacco, da cui le truppe puntavano a conquistare le testate delle valli per poi scendere in territorio francese. La penetrazione in territorio straniero durante la battaglia fu però solo di pochi chilometri.

Alle 19.15 del 24 giugno il generale Huntziger e il maresciallo Badoglio, con la firma dell’Armistizio di Villa Incisa, posero fine al conflitto diretto con la Francia. Le ostilità sulle Alpi cessarono alle 0.35 del 25 giugno. Al Nord della Francia Hitler aveva lanciato la Campagna di Francia, una guerra lampo, iniziata il 10 maggio, che si concluse con una spettacolare vittoria tedesca, ottenuta grazie all’ampio impiego di nuove tecniche militari: le offensive corazzate e meccanizzate, la cooperazione fra carri armati e aviazione tattica, i lanci di paracadutisti e gli assalti con alianti.

La Francia capitolò e firmò l’Armistizio con la Germania nello stesso giorno dell’Italia, il 25 giugno 1940. Le perdite italiane furono: seicentotrentuno morti, seicentosedici dispersi, duemilaseicentotrentuno feriti e congelati e millecentoquarantuno prigionieri, restituiti subito dopo l’Armistizio.

Grecia

La Campagna italiana di Grecia ebbe inizio il 28 ottobre 1940, quando le truppe del regio esercito italiano, partendo dalle proprie basi albanesi, entrarono in territorio ellenico. Le forze greche riuscirono a contenere l’offensiva iniziale italiana e successivamente anche a contrattaccare. La guerra di posizione in montagna si trascinò fino all’aprile 1941 quando i tedeschi, con una blitzkrieg (guerra lampo), invasero la Jugoslavia e la Grecia, costringendole in poco tempo alla capitolazione.

L’attacco fu sferrato dalla sola Italia, esclusivamente per motivi propagandistici. L’avanzata delle truppe italiane, insieme a quelle albanesi, partì dal confine albanese e non fu strategicamente studiata.

Teneva conto di eventi che non si realizzarono mai, come la rivolta del popolo ellenico contro il proprio governo dittatoriale filo-inglese, o la collaborazione degli abitanti della Ciamuria (a maggioranza albanese) con le truppe italiane, o la breve resa dei generali greci, corrotti da Galeazzo Ciano.

Invece il 14 di novembre 194o il generale greco Alexandros Papagos lanciò la sua controffensiva. L’attacco, portato in direzione di Coriza, sfondò le difese italiane. Il Comando italiano, conscio della gravità della situazione, ordinò alle proprie truppe di ripiegare e attestarsi lungo una nuova linea difensiva. La manovra aveva lo scopo di accorciare sensibilmente il fronte per permettere di raggruppare i pochi reparti disponibili e poter contenere l’offensiva ellenica.
In questo frangente Mussolini pronunciò la frase: "Dissi che avremmo spezzato le reni al Negus. Ora, con la stessa certezza assoluta, ripeto assoluta, vi dico che spezzeremo le reni alla Grecia."
Ma dopo pochi mesi di dure battaglie la disfatta dell’Italia era ormai segnata. Da quel momento in poi l’Italia di Mussolini, sconfitta in Grecia, sarebbe diventata un’entità statuale e militare che dipendeva esclusivamente dalle decisioni di Adolf Hitler che riuscì a togliere d’impaccio l’amico Mussolini. I tedeschi penetrarono con i panzer dal confine bulgaro in Grecia, raggiungendo Salonicco in pochi giorni, quasi senza combattere, dopo aver aggirato la linea greca Metaxas (Operazione Marita).

Indro Montanelli* definì la campagna di Grecia una smargiassata di Mussolini. La smargiassata costò all’Italia 13.755 morti, 50.784 feriti, 12.638 congelati, 25.067 dispersi, 52.108 invalidi.
In quella smargiassata persero la vita anche tredici militari di Cinisello Balsamo: Bossi Giulio, Elgani Edoardo, Forbice Francesco, Gilberti Giuseppe, Magni Pietro, Mantica Agostino, Marelli Angelo, Montrasio Francesco, Moriggi Santo, Negri Egidio, Pagani Mario, Sala Luigi e Terruzzi Augusto

Rodi

Durante la seconda guerra mondiale, fino all’estate del 1943, Rodi, che faceva parte del Dodecaneso, rimase sotto il controllo del governo fascista italiano.

L’Armistizio dell’ 8 settembre 1943 colse le Forze Armate italiane impreparate. Nonostante la superiorità numerica esse furono sconfitte dopo vari combattimenti. La sconfitta fu causata dagli errori del Comando Superiore dell’Egeo, dall’irresolutezza del Governatore Campioni e da fattori psicologici di subordinazione all’ex alleato tedesco.

La resistenza italiana continuerà a Coo e a Lero, dove il 6 novembre, l’ultimo assalto tedesco travolgerà la resistenza anglo-italiana.
Il valoroso ammiraglio Mascherpa, comandante della piazzaforte, sarà imprigionato e condannato a morte insieme a Campioni, dopo un vergognoso processo messo in piedi da un tribunale fascista nel maggio 1944.
La definitiva conquista di Leros e delle altre isole circostanti consolidò il dominio tedesco sino al maggio 1945. Inizia per il Dodecaneso il periodo più oscuro, lo spietato regime di terrore instaurato dal generale Wagener, successore di Kleeman; la fame, i bombardamenti, la deportazione della comunità ebraica trasformarono la perla del Mediterraneo in un gigantesco Lager all’aperto.
Già dal 1938 erano state emanate le leggi razziali dai fascisti. Con l’arrivo dei nazisti che occuparono l’isola, questi provvedimenti si inasprirono e nel 1944 iniziarono le deportazioni degli ebrei verso i campi di sterminio. Alla fine del conflitto, fra i pochi superstiti, solo alcuni decisero di far ritorno; per ricordare le atrocità subite questi aprirono il Museo degli Ebrei di Rodi.
Il generale Fredrich Whilhelm Muller, comandante della 22^ Fanteria Wehrmacht fu l’artefice della conquista tedesca di Kos e Leros, ma anche il carnefice di 118 ufficiali italiani inermi.
Fredrich Whilhelm Muller fu condannato come criminale di guerra e giustiziato ad Atene nel 1947. Era responsabile della strage di 12 ufficiali italiani a Leros e di altri 103 a Coo, in entrambi i casi si trattava di prigionieri inermi.

Sul Don

Il Corpo di Spedizione Italiano in Russia**, spesso abbreviato come C.S.I.R., e l’8^ Armata Italiana in Russia, o ARMIR, furono le formazioni del Regio Esercito inviate sul fronte orientale tra il luglio del 1941 e il gennaio del 1943. La partecipazione alla guerra contro l’Unione Sovietica rappresentò uno sforzo notevole per le forze armate italiane, già duramente impiegate nei Balcani e in Africa settentrionale, e le ingenti perdite subite rappresentarono un duro colpo per le capacità militari dell’Italia.

Alla fine del 1942 iniziò la grande controffensiva sovietica a Stalingrado e sul Don, fronte tenuto da italiani, rumeni, ungheresi e tedeschi. Lo sfondamento travolse l’intera Ottava Armata Italiana. Per non rimanere accerchiati, i nostri soldati, mal vestiti, malnutriti e impreparati al durissimo inverno russo, si ritirarono; ma, ben presto, tra bufere di neve a quaranta gradi sotto zero, la ritirata diventerà una rotta. Gli alpini rimasero indietro per cercare di fermare l’avanzata dei carri armati russi.

Il 17 gennaio 1943 gli alpini furono accerchiati. Marciavano nella neve per cercare di uscire dalla sacca in cui si erano venuti a trovare sotto i continui attacchi nemici. Chi non moriva colpito da arma da fuoco, moriva di gelo e di stenti nella lunga ed estenuante marcia sulle piste ghiacciate. Solo il 26 gennaio 1943 il comandante Reverberi della Divisione Alpina Tridentina compì un assalto disperato contro l’accerchiamento sovietico per cercare di raggiungere Nikolaevka e la via di fuga.
L’attacco riuscì e la colonna con i nostri soldati superstiti potè uscire dall’accerchiamento e iniziare la marcia di rientro, sempre in condizioni disperate.
Dei 227.000 partiti per la Russia, 100.000 non tornarono, 30.000 i ricoverati negli ospedali, feriti o assiderati. Gli alpini subirono perdite durissime. Dei 16.000 componenti la Divisione Giulia, 12.600 morirono o furono fatti prigionieri. Dei 17.000 uomini della Cuneense, ne tornarono in Patria solo 1300.

Morti in mare dopo l’8 settembre 1943

Dopo l’8 settembre 1943 molti furono i soldati italiani fatti prigionieri dai tedeschi nei teatri di guerra che si affacciavano sul Mediterraneo. Stipati nelle stive di anonime navi, a centinaia e migliaia, per essere trasportati nei campi di detenzione, venivano fatti oggetto di attacchi da parte delle Forze Alleate. Migliaia di nostri soldati perirono annegati in queste tragedie del mare.

I numeri

Si stima che gli italiani coinvolti nel conflitto dal 1940 al 1943 furono 3.430.000.
Il numero dei morti a causa della guerra fu molto elevato: tra 415.000 (di cui 330.000 militari e 85.000 civili) e 443.000.
La guerra di Liberazione e la Resistenza coinvolsero 340.000 partigiani (fino al 25 aprile 1945), 379.000 militari del Corpo Italiano di Liberazione impegnati con le Forze Alleate. Gli internati e i deportati in Germania 600.000.
I caduti dal 1940 al 1943 furono 197.208 (194.000 militari, 3.208 civili), cui vanno sommati le vittime dei bombardamenti aerei anglo-americani 28.066 (3.066 militari, 25.000 civili).
I militari feriti e invalidi sui vari fronti e per l’intero periodo bellico (1940-1945) furono circa 320.000.
I militari fatti prigionieri dalle forze anglo-americane sui vari fronti (1940-1943) furono circa 621.000.

PER APPROFONDIRE

*Indro Montanelli (Fucecchio, 22 aprile 1909 - Milano, 22 luglio 2001) è stato un giornalista, scrittore e storico italiano.
Iscritto al Partito Nazionale Fascista, partecipa come volontario alla guerra di Etiopia e, alla guerra civile spagnola, come corrispondente per il quotidiano Il Messaggero. In Spagna le sue posizioni iniziano a essere critiche nei confronti del regime fascista. Una volta rimpatriato viene cancellato dall’albo dei giornalisti e egli viene tolta la tessera del P.N.F. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale Montanelli si sposta al fronte: in Francia, nei Balcani, in Grecia e in Albania. Nel 1943 aderisce al movimento partigiano Giustizia e Libertà. Viene incarcerato, ma riesce a fuggire dal carcere e dall’Italia; ritorna dopo la Liberazione.
Lavora per i quotidiani Il Tempo, La Domenica del Corriere, il Corriere della Sera, La Stampa e per il settimanale Oggi; fonda Il Giornale Nuovo (Silvio Berlusconi è socio di maggioranza) e La Voce. Pubblica, soprattutto con Longanesi, molti libri di storia.
Il 2 giugno del 1977 è vittima di un attentato delle Brigate Rosse.
Pur dichiaratamente anticomunista e controcorrente, in seguito alla sua discesa in campo di Berlusconi lo attacca duramente paragonandolo a Mussolini e considerandolo incapace di sopravvivere alla politica.

**Sulla campagna di Russia è interessante leggere parte della copiosa produzione letteraria, in parte autobiografica, di Giulio Bedeschi (Arzignano, 31 gennaio 1915 - Verona, 29 dicembre 1990), scrittore e medico. Nei suoi libri narrò principalmente le vicende del corpo degli Alpini durante il secondo conflitto mondiale, al quale partecipò come ufficiale medico.
- Centomila gavette di ghiaccio, 1963,
- La mia erba è sul Don, 1972,
- Nikolajewka: c’ero anch’io, 1972,
- Gli Italiani in Russia, 1980,
- Il Corpo d’Armata Alpino sul fronte russo, 1991.
- Il Natale degli alpini, 2003,
tutti editi da Mursia
Inoltre Mario Rigoni Stern pubblicò nel 1953 (Premio Bancarellino 1963) Il sergente nella neve., Einaudi, e nel 2006 Quel Natale nella steppa, Interlinea.

Vai alla scheda: "Seconda guerra mondiale" - i monumenti alle vittime delle guerre.

Vai alla scheda: "Le vittime della seconda guerra mondiale".



GALLERIA FOTOGRAFICA

Valico del Piccolo San Bernardo, il Corpo d’Armata Alpino della 4^ Armata

Confine Moncenisio, truppe someggiate si inoltrano nel territorio francese

Albania, il Natale dei soldati

Albania, genieri riattano un ponte

Campagna di Grecia, soldati italiani

Albania, colonne di alpini e artiglieri

Grecia, Creta, i massicci bombardamenti che precedettero gli sbarchi aerei; incrociatore inglese Gloucester centrato dagli Stuka tedeschi

Grecia, Creta, truppe alpine tedesche in azione con MG 42

Grecia, Cefalonia, lancio di paracadusti italiani

Grecia, Rodi, panzer tedeschi intorno le mura della città

Russia, le truppe cercano di attraversare il fiume Don

Soldati italiani dell’ARMIR

Ucraina, 2 novembre 1941, il C.S.I.R. conquista Gorlowka

Campagna di Russia

Russia, un pezzo di anticarro della Divisione Sforzesca spara contro il nemico

Russia, carro armato sovietico ispezionato dal generale Gariboldi, comandante dell’ARMIR, 8^ Armata Italiana

Russia, gennaio, ritirata delle truppe italiane

Russia, fanti italiani in un caposaldo di resistenza tra le rovine di un’isba (tipica abitazione rurale russa)

Clisura, riva nord del Danubio, mitragliatrici italiane

Basso Don, bombardamento di un ponte di fortuna da parte di uno Junkers Ju 87, detto anche Stuka (letteralmente aereo da combattimento in picchiata)

Russia, 1943, corpi di alpini sotto la neve

Al largo di Algeri, 10 novembre 1942, l’equipaggio sta abbandonando il sommergibile Emo in procinto di affondare

Indro Montanelli