Le scritte murali con motti, spesso attribuiti a Benito Mussolini o da lui coniati, furono uno dei principali strumenti di propaganda durante il regime fascista. Fu un canale largamente funzionante quello dei motti mussoliniani epigrafati con solennità grafica su edifici pubblici e privati, facciate rappresentative, ma anche su muri qualsiasi, cinte e cascinali. Un canale di propaganda disponibile anche per quegli strati sociali della popolazione che non avevano accesso alla stampa, una forma di propaganda tutt’altro che marginale.
Le scritte murali nacquero nelle città anche per le scelte urbanistiche mussoliniane che, con gli sventramenti di vecchi centri storici e l’edificazione di realtà urbane nuove, favorirono lo sviluppo di ampi spazi vuoti con ampie prospettive e ampie superfici; nulla di più naturale dunque che riempire questi vuoti con la scrittura di testi celebrativi, solenni e duraturi, resi visibili a distanza.
Ma questo efficace metodo di propaganda si irradiò successivamente dal centro alle periferie dell’Italia fascista, facendo la sua comparsa anche nelle campagne.
Si deve fare una preliminare distinzione tra i luoghi deputati ad accogliere le scritte murali rurali, escludendo quelle eseguite su edifici pubblici:
le scritte poste sulle arterie di comunicazione viaria, strade statali di una certa importanza o visibili dalle strade ferrate e quelle sui muri delle case all’ingresso del paese, affiancate all’indicatore di località, sovente poste a entrambi gli ingressi del paese;
le scritte con uno spiccato predominio di temi e argomenti specificamente rurali, poste sulle facciate di casali o stalle in aperta campagna, tracciate soprattutto in aziende agricole dove i contadini lavoravano permanentemente come salariati o vi giungevano per lavori periodici.
Non tutte le scritte in ambiente rurale erano a tema rurale; lo erano però più o meno tutte quelle comparse su casolari e stalle, a testimonianza e conferma del pubblico settoriale a cui si rivolgevano.
Si trattava di scritte con una base d’intonaco, su cui venivano verniciati i caratteri con esecuzione manuale a pennello. Caratteri che rispondevano a una tipologia grafica sostanzialmente unica, rappresentata dal carattere tipografico bastone, privo di ornamenti, semplice e squadrato.
Sotto il profilo dei committenti delle scritte, si possono cogliere delle differenze tra le scritte ufficiali, commissionate secondo direttive procedenti dal centro alla periferia, perciò uniformi, quelle semispontanee, a iniziativa degli organi fascisti locali e quelle spontanee, cioè ad opera di singoli simpatizzanti.
Il mito mussoliniano assorbiva e sostanziava di sé l’intero fenomeno delle scritte murali; anche quelle che non erano firmate con la classica "M" vedevano comunque il dittatore in primo piano. Le scritte fasciste non parevano esser altro che segni (replicabili, ma unici, indelebili e onnipresenti) della divinità del duce e della forza della sua parola.
I motti, epigrafati spesso in concomitanza con i discorsi mussoliniani, non ne erano che piccoli brani, formule ideologicamente pregnanti, isolabili dal loro più ampio contesto senza creare problemi di chiarezza; le caratteristiche linguistiche erano perciò le stesse.
Si trattava di espressioni con frequente uso di imperativi o di indicativi di sapore imperativo. Nel caso di una scritta a tema rurale la lusinga propagandistica messa in opera nei confronti del contadino era trasparente.
Viste le alte percentuali di analfabetismo e di evasione della scuola dell’obbligo in ambiente rurale in quegli anni, dovremmo aspettarci un’estraneità pressoché totale dei contadini da tutto ciò che fosse scrittura; ma se ciò risultava vero per la scrittura stampata (libri e giornali), non sembrava esserlo affatto invece, o per lo meno non del tutto, per una scrittura semplice come quella murale.
La barriera della comprensione linguistica non era perciò insormontabile; le scritte, come già detto, riportavano quasi esclusivamente motti mussoliniani, contraddistinti da una elementare struttura linguistica.
Queste frasi venivano amplificate in modo ripetuto e martellante attraverso una sorprendente molteplicità di canali ed erano perciò, almeno sul versante orale-acustico, già fin troppo note.
Infine quel rettangolo, pronto a riempirsi di volta in volta con frasi diverse, ci fa intuire l’importanza che il motto assumeva, non tanto perché portatore di un proprio specifico messaggio, quanto piuttosto come parola stessa del duce, come ipse dixit, irradiante un potere proprio, quasi magico. Da ciò risulta evidente come Mussolini avesse esautorato il fascismo, costringendo temi e media della propaganda a passare attraverso la propria figura in un processo osmotico di circolare e reciproco arricchimento.
Cinisello Balsamo non fece eccezione, infatti durante il fascismo anche sugli edifici pubblici e privati della nostra città erano ben visibili le scritte murali con le massime del duce. Nel 1939 ne risultavano trantadue; se si considera che a quel tempo le strade e gli edifici erano pochi, il numero delle scritte appare elevato.
La scelta dei detti fascisti spettava al podestà, previo accordo con il segretario politico. Il tecnico del Comune, dopo aver richiesto i preventivi, sottoponeva ad entrambi una relazione per decidere quali scritte rinfrescare e quali nuove dipingere.
E’ interessante notare come le ditte di imbiancature e verniciature fornissero con il preventivo dei costi anche precise indicazioni circa l’esecuzione del lavoro: "imbiancatura a due stratti a tinta calce previa di raschiatura dové è necessaria"(sic). Infatti le scritte a olio, per essere visibili sui muri degli edifici, necessitavano di una base chiara in calce.
Le scritte furono tutte cancellate alla fine del secondo conflitto mondiale, così come altre vestigia che richiamavano al fascismo. Dai documenti d’archivio è possibile però ricostruire quali e dove erano dislocate le scritte murali; ad esempio nella palestra di ginnastica era scritto: "La pace, per essere sicura, deve essere armata", sul muro di cinta dell’asilo infantile G. Frova in piazza Confalonieri: "Unica è la fede: l’amore di Patria. Unica è la volontà: fare grande il popolo italiano", sulla facciata del muro di cinta della ditta ALEA in piazza Vittorio Emanuele (oggi piazza Gramsci): "Solo dall’armonia costituita dai tre principi: capitale, tecnica, lavoro, vengono le sorgenti della fortuna", sul muro di cinta delle case E.C.A. (Ente Comunale di Assistenza) di via Milano (oggi via della Libertà): "Durare: con fedeltà, con disciplina; con dedizione assoluta", lungo le strade dell’abitato "Nel segno del Littorio noi abbiamo vinto. Nel segno del Littorio, noi vinceremo domani", e così via.
Per ovviare al periodico esborso sostenuto dall’Amministrazione comunale per ridipingere le leggende del duce sugli stabili comunali, ad aprile del 1940 il podestà Ferdinando Gimelli deliberò l’acquisto di lettere in cotto. La ditta R.D.B. di Piacenza fornì con il catalogo dei prezzi anche un elenco di motti più in uso. Tra questi furono scelti ad esempio: "Il P.N.F. è l’artefice della rivoluzione, la spina dorsale del Regime, il motore della attività Nazionali"(sic), "Il Fascismo non vi promette ne onori, ne cariche ne guadagni, ma il dovere ed il combattimento" (sic), "Noi vogliamo preparare le giovani generazioni al lavoro e al combattimento per l’Italia Imperiale di oggi e per quella più grande di domani". Nella stessa occasione furono ordinati anche quattro fasci littori grandi e due stilizzati; infatti su molti edifici pubblici era collocato un fascio littorio, simbolo dei Fasci italiani di combattimento, che si richiamava al fascio littorio dell’Antica Roma come altri simboli del regime.
GALLERIA FOTOGRAFICA
Asolo (Tv) scuola, iconografia che rappresenta il motto "Libro e moschetto, fascista perfetto" che affonda le sue radici nell’originaria ispirazione ideologica e pedagogica del fascismo
Cinisello Balsamo, via Milano (oggi via della Libertà), sul muro della casa sullo sfondo che precede la chiesa di Sant’Ambrogio ad nemus, si intravede una delle scritte murali con i motti del duce, purtroppo non è possibile leggerne il contenuto. Il primo edificio sulla sinistra era la sede del Partito Nazionale Fascista