SOZZI ALESSIO

Artista di fama internazionale, nato nel 1920 a Piombino, città che un secolo prima aveva dato i natali a Fattori, il caposcuola dei macchiaioli, Sozzi ha da subito un destino segnato. Frequenta la scuola e passa il tempo a disegnare su fogli di carta oliata e, invece di giocare con gli amici, va alla ricerca di pezzi di fango per poterli modellare in scultura.

Di animo mite e schivo, non aderisce a movimenti culturali; è quasi un anacoreta che si affida alla propria intuizione, all’innato gusto per la chiarezza e la pulizia formale e per una raffinata armonia dei ritmi.

Sozzi non è mai stato fuorviato da mode passeggere e dalle tante tendenze estetiche che hanno reso convulso e tormentato il panorama dell’arte di questo secolo.

Certo, a ciò ha concorso l’umile origine, la sofferta giovinezza, la formazione spirituale in un ambiente provinciale poco stimolante, salva la parentesi sudamericana fra il 1948 e il 1960 (in Argentina ha realizzato otto tra monumenti, affreschi e altorilievi in pietra), fino al suo arrivo definitivo a Milano agli inizi degli anni settanta.

Ma tutto questo, se può aver costituito un handicap per un più adeguato riconoscimento dei suoi reali meriti, non ha nuociuto alla genuinità della sua arte, rimasta immune da contaminazioni esterne. Un’arte nella quale la maestria tecnica e il nozionismo accademico risultano illuminati da un innato istinto pittorico e scultoreo.

Nella sua lunga carriera artistica ha presentato un numero incredibile di mostre di pittura e scultura: dalle prime (1946-1947) a Piombino, a quelle in tutta Italia, ma anche in Argentina, a New York, Locarno, Los Angeles, in Germania. Nel 1965 partecipa alla IX Quadriennale d’arte a Roma.
Dal 28 novembre al 13 dicembre del 1992 Sozzi espone una sua mostra antologica anche presso villa Silva Ghirlanda Cipelletti a Cinisello Balsamo. Nella giornata di chiusura della mostra, promossa dalla cooperativa Auprema e dall’A.V.I.S. (Associazione Volontari Italiani Sangue) con il patrocinio del Comune di Cinisello Balsamo, si tiene un’asta delle opere dell’artista a favore dell’A.V.I.S.
L’ultima sua mostra a Piombino è stata nel 2007.

Muore il 28 marzo del 2010 a Cassina de’ Pecchi in provincia di Milano dove risiedeva e dove aveva il proprio studio. Per sua volontà, la salma verrà portata dalla sua residenza di Cassina de’ Pecchi fino a Piombino, città alla quale era rimasto sempre legato. Tanti anni fa, nel suo quartiere del Cotone, fu uno dei protagonisti della preparazione dei carri del grande Carnevale piombinese. Per la piazza del Cotone scolpì un monumento in pietra ricostruita, sei metri per sei, battezzato «L’umanità del Cotone».

Le origini figurative

Sozzi si è cimentato in tutte le tecniche, dall’olio all’affresco, dall’acquarello alla tempera e al pastello, alle tecniche miste, alcune delle quali frutto della sua costante sperimentazione.
La prima produzione pittorica a Piombino ha toni malinconici che emanano da tenere armonie tonali, da contorni fluidi e sfumati in cui colline, figure femminili, case rustiche e pagliai disciolgono la loro consistenza fisica in tenui vibrazioni di luce, in atmosfere di pacata serenità.
Una tavolozza scarna a volte quasi monocroma innervata sui fondi ocracei o verdi pallidi che, soprattutto, nella tecnica dell’acquarello o dell’olio e acido acetico su tela, concorrono a costruire la poetica sozziana intrisa di intima e celata tristezza.

Il periodo pre-informale

Su una tavolozza da toni spenti e crepuscolari, su note cromatiche in sordina, Sozzi si mantiene, fino al 1968, quando inizia un lento ma progressivo processo di smaterializzazione delle forme.
La rappresentazione del reale perseguita dall’autore sino a questo momento, si sfuoca e si disgrega via via in una ricerca di essenzialità del segno e di efficacia espressiva che porterà Sozzi all’informale.
Un legame con la figuratività oggettuale rimane tuttavia presente nelle opere realizzate tra il 1968 e il 1970 nelle quali dominano figure schematizzate e idealizzate ormai tramutate in geometrie di colorati arabeschi.

Gli informali

Verso la fine degli anni ’60, gradualmente e attraverso il processo sottrattivo e di smaterializzazione della figura iniziato nel periodo pre-informale, Sozzi giunge all’informale. Fase che esploderà in una più libera astrazione cosmica in occasione delle grandi mostre di New York e Philadelphia nel 1971.
E’ questa una delle parentesi più gioiose dell’artista che, tra il ’71 e il ’73, giunge a felici invenzioni cromatiche di pura fantasia.
I colori si riscaldano nelle visioni siderali o nelle trasparenze marine, in cui: grigi perla, chiarori opalini, frammenti di smeraldi e miriadi di scintille rasserenano e distendono.

Reminescenze toscane

Gli oli su tela dal ’74 al ’75 rappresentano una brusca interruzione rispetto all’informale e una parentesi singolare prima che l’artista venga drammaticamente e definitivamente fagocitato nella brumosa Milano.
Giunto da poco nel capoluogo lombardo, Sozzi ripensa nostalgicamente ai paesaggi lasciati e viene richiamato dalle linee morbide delle sue colline e dai colori intensi e crepuscolari dei suoi tramonti.
Un ricordo romanticamente rivissuto della sua terra, delle colline dai profili dolcemente ondulati, dei villaggi da favola, dei cipressi allineati e bagnati da un getto di luce irreale, che tutto trasumana e trasfigura.
Uno spettacolo della sua Toscana sognato, forse osservato da un immaginario palchetto di loggione. Idealizzazione di una dimensione dell’esistenza umanizzata e in armonia con la natura.

I cavalli

Sensibile alla dimensione sociale dell’esistenza, Sozzi affronta spesso il tema della convivenza umana che rappresenta a partire da alcune situazioni e tratti paradigmatici come: il desiderio del leader di sovrastare la massa dei gregari, il vociare inconcludente e sterile dei dibattiti congressuali, i complotti per il raggiungimento del potere.
E lo fa utilizzando in chiave metaforica la figura plastica del cavallo in una teatrale rappresentazione di un’umanità scalpitante ma svuotata di razionalità e meramente istintiva.
Il risultato di tale opera pittorica è una visione impietosa della società.
Una società osservata con distacco e cinismo, in cui l’uso di un linguaggio formale relativamente privo di accensioni cromatiche e di intenti volumetrici, concorre a trasfigurare in un’inconsistente visione onirica.

Le opere più recenti

A partire dagli anni ’80 la pittura di Sozzi ci svela una sfaccettatura inedita della poliedrica personalità dell’artista.
Avviluppato nel groviglio tentacolare di una metropoli alienante, il suo interesse si sposta da arcane spazialità metafisiche al travaglio di un’umanità compressa nella morsa della sofferenza.
Sono ancora il colore piatto e opaco, l’impianto compositivo carente di profondità e di valori plastici, la luminosità quasi bruciante ed eccessiva, che concorrono, anche nelle ultime opere, a costruire immagini in un’atmosfera rarefatta che appartiene più al subconscio che alla realtà concreta e tangibile.

Il figurativo in scultura

Fin dal lontano 1940, Sozzi prende le mosse da un realismo in cui la ricerca evidente dell’eleganza delle forme, l’armonia del modellato, il ritmo delicato e a volte fremente delle linee si sposano perfettamente con un’indagine psicologica intensa di sapore romantico.
Vi è nella sua scultura un accordo tra una compostezza classicheggiante e un verismo commosso e tiepido di poesia.
In tutta la tematica affrontata in scultura è sempre presente una componente di sofferenza: osservando le sue opere pare che sfili davanti a noi un’umanità schiacciata da un’opprimente e quasi ineluttabile fatalità.

I tufi

Verso la fine degli anni ’60 la scultura di Sozzi è orientata ad un’essenzialità arcaica e scabra che trova nell’uso di alcune rocce sedimentarie, ed in particolare nel tufo di vari colori, la propria corrispondenza materica elettiva.
Sono opere di sapore neo-romantico ove, nell’imponenza delle masse plastiche, si snodano forme imponenti e "primitive", volti o gruppi di figure di un’umanità solidale e incorruttibile, abbozzate tra i mille rivoli della porosità.

La femminilità salvatrice

Degli anni ’80 è il tema “Donna il tuo mondo nell’universo”: serie di opere scultorie in creta che propongono il tema della donna in duplice rapporto con il mondo terreno nei suoi limiti immanenti e lo sconfinato e trascendente universo che la circonda.
Le donne di Sozzi, le membra dolorosamente abbarbicate al nostro vecchio pianeta ma con lo spirito ormai proiettato verso spazi infiniti, sono figurazione di facile fruizione, ma non per questo rappresentano valori espressivi superati come spesso, i patiti dell’avanguardia a tutti i costi, vorrebbero far credere.
Nella perfetta simbiosi Donna-Sfera riecheggiano la pienezza dei volumi di un Despiau e la ritmica opulenza di un Maillol. In queste suggestive composizioni, una forza centrifuga si sprigiona dal globo, si trasmette in superficie, alle braccia, ai seni, al capo, ai capelli, al bacino della donna che, per non essere proiettata verso l’aldilà, deve artigliarsi come ponte umano per resistere a metaforiche scosse telluriche.
Il mondo ancora rifiuta nella loro pienezza i valori della femminilità (siamo negli anni ottanta), ma questa riesce a prendere il sopravvento, lo domina, lo schiaccia, lo immobilizza con lo sguardo puntato verso un’altra dimensione incontaminata dove la lotta secolare per il riscatto potrà placarsi.

Per maggiori informazioni: www.alessiosozzi.it

Vai alla scheda relativa all’opera scultorea "Donna il tuo mondo nell’universo" sita nel parco di Villa Di Breme Gualdoni Forno



GALLERIA FOTOGRAFICA

Alessio Sozzi

Alessio Sozzi

Autoritratto, 1978

Genesi, 1968

Diversità di idee, 1994

Paesaggio toscano, 1974

Donna il tuo mondo è l’universo, 1977

Testa blu,1963