INTRODUZIONE

Patrizia Rulli - Centro Documentazione Storica

Camminando per le strade della città spesso capita di imbattersi in targhe, lapidi, opere scultoree. Raramente ci si ferma ad osservare, non destano curiosità perché è come se fossero lì da sempre; si è così abituati alla loro presenza che vengono considerate parte dell’arredo urbano.
Di fronte a un’opera scultorea di cui non si comprende immediatamente il senso, si lancia uno sguardo sbrigativo e ci si allontana. Perché perdere tempo prezioso per sforzarsi di capire l’ispirazione e l’intento di un artista? Perché poi perdersi nella noiosa lettura di lunghe liste di nomi incisi sulla pietra, perfetti sconosciuti, scomparsi da tempo?

Ma se un giorno ci si soffermasse a guardare con attenzione, a leggere le epigrafi, si scoprirebbe che quei nomi, ogni singolo nome, anche quello in parte consumato dal tempo, racchiudono passioni, pensieri, affetti, sofferenze, aspirazioni. E che dietro le forme enigmatiche di una scultura c’è il richiamo ad un pezzo di storia che è l’anima e la memoria collettiva di una comunità. Si potrebbe così scoprire il senso, il significato profondo di essere una collettività. Perché ciò che le pietre cercano di raccontare è la storia, la nostra storia, la storia di una comunità che, come quella di molte altre, è stata percorsa, attraversata, ma più spesso investita dalla storia universale dell’umanità.

Se si pensa alla suggestione delle parole del grande storico francese Jacques Le Goff si comprende che quelle pietre scolpite possono essere considerate anche una fonte di ricerca storica, un segno del passato attraverso il quale è il passato stesso che si manifesta mediante segni concreti che perpetuano il ricordo: “Lo spettatore/visitatore diventa protagonista della storia, acquisendo informazioni attraverso la realtà tridimensionale del monumenti, che è cosa diversa dalla bidimensionalità dei testi scritti a cui è solitamente abituato”.

Sia i monumenti più antichi, risalenti agli inizi del Novecento, che quelli più recenti sono stati collocati in quel luogo per narrarci fatti, o ricordarci persone per la maggior parte protagoniste involontarie di quegli avvenimenti. Ogni biografia, per quanto storicamente circoscritta a livello locale, è infatti di per sé un frammento di storia universale. Epigrafi, iscrizioni e intitolazioni lungo le strade, su edifici pubblici o abitazioni private, costituiscono uno stimolo a tramandare la memoria.

Tanta letteratura è stata prodotta negli anni sia dall’Amministrazione comunale che da storici e ricercatori sulle ville e sulle chiese di Cinisello Balsamo. Mancava però un tassello alla ricostruzione del patrimonio storico e culturale locale: una ricerca sui monumenti disseminati nel paesaggio urbano.

Il progetto Le pietre raccontano propone proprio questo percorso: partire dal monumento per narrare frammenti di vita e per approfondire pezzi di storia locale. Quindi, nulla a che vedere con un’asettica catalogazione di monumenti e documenti. Al contrario, un meticoloso lavoro di ricerca di nomi, dati, eventi con l’intento di ricostruire la storia della città, il suo percorso di sviluppo, i grandi processi di trasformazione che ne hanno cambiato il volto, con uno sguardo e un richiamo costante ai grandi fatti storici che hanno attraversato il Novecento. E’ stato prezioso a questo scopo il contributo di artisti di valore, di Cinisello Balsamo e non, che hanno saputo interpretare la volontà dei committenti e il significato del messaggio che si intendeva lasciare per ricordare personaggi, rammentare avvenimenti, evocare valori.

Il progetto si propone di fornire a tutti i cittadini uno strumento per acquisire informazioni sui monumenti e più in generale sul patrimonio storico e culturale. Ma è in particolare agli studenti, ai giovani che si rivolge questa ricerca, che contiene per questa ragione molti approfondimenti storici. Accrescere in loro la percezione dei valori storici e culturali dei luoghi, dei monumenti e delle tradizioni locali è essenziale in un percorso educativo che ambisca a infondere il rispetto e la salvaguardia dell’identità del territorio in cui vivono. La consapevolezza della dimensione locale della storia stimola soprattutto i giovani a costruire un senso di identità sociale. E’ però evidente che senza una contestualizzazione entro parametri più ampi la storia locale non potrebbe essere compresa. A sua volta la storia generale sarebbe monca se prescindesse dalle storie locali. Alla ricostruzione dei legami tra l’una e l’altra si è dedicato un impegno particolare nella realizzazione di questo progetto.

Questo lavoro ci restituisce la storia di uomini che, per la maggior parte contro la loro volontà, vennero catapultati in realtà lontane, in luoghi di sofferenza. Dove è stato possibile, la ricerca ha consentito di ricostruirne le biografie e di scoprire così un esercito di ragazzi le cui giovani vite furono spazzate via dalla guerra. Osservando le loro fotografie, spesso sbiadite, dilavate dalle intemperie, si può immaginare di interpretare in ciascuno di quei volti un pensiero, un’aspirazione, dei desideri, talvolta di cogliere semplicemente stupore. Le loro semplici, a volte scarne, biografie rappresentano l’atto d’accusa più pregnante nei confronti di una storia terribile che schiaccia uomini e donne senza che vi sia in loro la consapevolezza degli accadimenti. Leggerne le vicende dà la possibilità di comprendere le drammatiche ricadute che decisioni irresponsabili e scellerate prese altrove hanno determinato sulla vita di tante persone semplici, contadini, operai, studenti.
A tale proposito il progetto propone anche una ricerca su lapidi e targhe che li ricordano nei luoghi vicini e lontani dove persero la vita.

Il racconto di un passato che non compare più lungo le vie dell’abitato ci aiuta invece a immaginare com’era un tempo la città. Durante il fascismo, in particolare, era in uso la propaganda sui muri; poco rimane come patrimonio iconografico, ma molto possiamo ricostruire dalla documentazione storica per immaginare la città disseminata di targhe inneggianti ai fasti del regime, con i motti del duce che comparivano su molti caseggiati pubblici e privati allo scopo di indottrinare i giovani con facili slogan che li spingevano alla cieca obbedienza e al culto della guerra. La rabbia della gente, che per anni aveva subito la pervasività del regime, ha portato alla distruzione di tutta quella simbologia.

Inoltre, il raffronto delle immagini di un paesaggio cittadino modificato dalla progressiva urbanizzazione avvenuta nel dopoguerra narra la storia di due realtà totalmente diverse: quella rurale, fatta di pochissime strade non asfaltate raccolte intorno ai due centri urbani, e quella metropolitana, inglobata nella grande area industriale della cintura milanese, cresciuta rapidamente in seguito ai grandi processi migratori.

In conclusione, il nostro compito non è quello di conservare oggetti inerti, ma far sì che ciò che rappresentano contribuisca a far crescere la conoscenza e la coscienza storica dei cittadini. La memoria collettiva di una comunità si può leggere anche attraverso quello che ci tramandano le pietre: sono valori di libertà, di resistenza, di riscatto, di coesione sociale e di accoglienza. Valori forti che identificano una città e soprattutto i suoi cittadini.