PECCHENINI LUIGI

Nacque il 22 febbraio 1924 a Pagazzano (Bergamo) da Giuseppe Pecchenini e Anna Monticelli. Celibe, di professione operaio tubista, era orfano della madre e viveva con la nuova famiglia del padre in vicolo Stretto 4.

Arruolato nell’Esercito, fu inquadrato nel 73° Reggimento Fanteria Lombardia. Il Reggimento operava nella penisola balcanica con compiti di ordine pubblico e controguerriglia. Fu sciolto il 9 settembre 1943 in Croazia a seguito degli eventi che determinarono l’Armistizio, dopo aver reagito agli attacchi di superiori forze croate e tedesche, nel tentativo di portarsi verso Fiume e Villa del Nevoso. E’ probabile che Pecchenini, come molti altri soldati sbandati, stesse cercando di fare ritorno a casa quando fu catturato e rinchiuso nel campo di concentramento del Gradaro alle porte di Mantova. Il giorno 19 settembre 1943 fu prelevato con altri nove militari e portato nei pressi di Curtatone (Mantova), in località Valletta della Corte Aldriga dove vennero tutti fucilati.

Al termine del conflitto, il 10 maggio 1945, per ordine del C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale) vennero riesumate le salme dei dieci martiri. Il 15 maggio le Amministrazioni comunali dove risiedevano le vittime identificate ricevettero una comunicazione per i familiari; così anche il padre di Pecchenini fu avvisato che nel cimitero di Virgiglio (Mantova) era stata allestita una camera mortuaria e che la salma del figlio era contrassegnata con il numero otto. Il 21 giugno si recò a Virgiglio per vegliare il figlio. Prima di ripartire ritirò gli oggetti rinvenuti sul corpo del figlio: un pettine, una macchinetta per fare sigarette, un notes dal quale era stato possibile rilevare l’indirizzo della famiglia. Il padre fu accompagnato in questo viaggio da Oreste Figini, antifascista e partigiano di Cinisello Balsamo che, in rappresentanza del C.L.N., fu delegato dall’Amministrazione comunale a occuparsi dell’accompagnamento della salma del caduto fino al cimitero di Cinisello Balsamo.

Sia l’Amministrazione comunale di Cinisello Balsamo che quella di Curtatone gli intitolarono una via cittadina.

Il suo nome compare:
- sulla lapide Ai martiri della Resistenza e della deportazione sita nell’atrio del Palazzo comunale in piazza Confalonieri 5;
- sul monumento Ai dieci martiri di Valletta dell’Aldriga di Curtatone (Mantova).

PER APPROFONDIRE

Nel settembre 1943, dopo l’Armistizio, molti soldati furono ben presto fatti prigionieri e concentrati in alcuni punti della città di Mantova, come nel resto del’Italia, in attesa di venire internati in Germania. Alcuni tentarono inutilmente di resistere e di contrastare i nazisti (vi furono dei veri atti di eroismo con morti e feriti), mentre molti altri riuscirono a fuggire aiutati dai cittadini.

A Mantova vi erano tre campi di concentramento alle porte della città: uno al Dosso del Corso per gli ufficiali, uno a San Giorgio per i sottoufficiali e i soldati, e uno, il più grande, al Gradaro per i soldati.

Domenica 19 settembre 1943 al campo di concentramento del Gradaro, dove passarono più di duecentomila prigionieri, alle quattro del mattino giunse un autocarro germanico proveniente da Dosso del Corso. Tutti i prigionieri presenti furono riuniti nel piazzale; un ufficiale fece chiedere dall’interprete se ci fossero dieci volontari per scavare una fossa in cui mettere alcune casse di documenti importanti. Molti si offrirono, desiderosi di uscire dal luogo di reclusione, con la prospettiva di poter evadere più facilmente. Vennero scelti i primi dieci e fatti salire su un autocarro dove, tra pale e picconi, era presente anche una mitragliatrice.

Il camion con i detenuti transitò per Porta Belfiore, imboccò la strada Mantova-Cremona e giunto nei pressi del comune di Curtatone svoltò per una via secondaria che conduceva alla Corte Aldriga*. In prossimità di un piccolo campo di granoturco di forma rettangolare, con uno dei lati lunghi prospiciente il Lago Superiore e l’altro un alto argine alberato, i prigionieri furono fatti scendere e fu dato loro ordine di scavare una buca. I nazisti piazzarono la mitragliatrice di fronte a un pioppo (che tuttora si erge a una ventina di metri dalla fossa) e, per ottenere una più completa visibilità di tiro, fecero abbattere le piante di granoturco intorno all’arma. Appena passata l’alba, terminato il lavoro di scavo, due italiani vennero spinti sull’argine e uno dei due fu costretto ad aiutare un soldato tedesco a legare il compagno al pioppo posto di fronte alla mitragliatrice. Fu quindi aperto il fuoco sul detenuto legato all’albero.

Nonostante si fosse sparso il terrore tra i residenti dei casolari circostanti, al rumore delle scariche della mitragliatrice, alcuni abitanti di Curtatone, per rendersi conto di ciò che stava accadendo, uscirono dalle proprie case e vi fu chi, attraversando i canneti, riuscì ad avvicinarsi al luogo del massacro.

Le scariche continuarono a intervalli regolari di una decina di minuti l’una dall’altra; tutti i prigionieri furono passati per le armi. Il massacro durò complessivamente circa un’ora e mezza. Ai detenuti ancora in vita veniva imposto di trascinare i cadaveri dei compagni nella fossa precedentemente scavata. Dopo aver sistemato alla meglio la fossa comune posero sulla tomba una rudimentale croce di legno sulla quale venne scritto "10/19 settembre 1943". Alle ore 7.15 i tedeschi lasciarono il luogo del massacro.

La notizia dell’eccidio si sparse subito nel comune di Curtatone e nella vicina Mantova. Nella stessa mattinata lungo il viottolo d’accesso al cascinale venne trovato un biglietto (che fu fatto pervenire immediatamente al recapito indicato) sul quale il soldato Corradini aveva scritto queste parole: "date notizia ala mia famiglia che sono prigioniero. Mario Corradini Canneto sull’Oglio via Roma 10" (a lui verrà intitolata la 123^ Brigata Garibaldi S.A.P. che tanto si distinguerà nelle azioni partigiane del Medio Mantovano).

I dieci italiani trucidati alla Valletta Aldriga di Curtatone si chiamavano:

- Luigi Binda - nato a Rogeno (Como) il 28 ottobre 1923, di professione sellaio, celibe, residente a Rogeno;
- Attilio Andrea Passoni - nato a Monza il 21 febbraio 1924, di professione meccanico, celibe, residente a Monza;
- Mario Corradini - nato a Canneto sull’Oglio (Mantova) il 17 marzo 1924, di professione carpentiere, celibe, residente a Canneto sull’Oglio;
- Francesco Rimoldi - nato a Guanzate (Como) il 27 gennaio 1924, di professione calzolaio, celibe, residente a Guanzate;
- Giuseppe Aresi - nato a Brignano Gera d’Adda (Bergamo) il 10 settembre 1912 di professione muratore, celibe, residente a Brignano Gera d’Adda,
- Giuseppe Bianchi - nato a Pandino (Cremona) il 2 gennaio 1916, di professione operaio, celibe, residente a Caravaggio (Bergamo);
- Bruno Colombo - nato a Lurago d’Erba (Como) il 24 gennaio 1916, di professione manovale, celibe, residente a Lurago d’Erba;
- Mario Colombi - nato a Salerano sul Lambro (Como) il 29 settembre 1916, di professione operaio, celibe, residente a Salerano sul Lambro;
- Angelo Alessandro Corti - nato a Rogeno (Como) il 19 giugno 1908, di professione garzone macellaio, celibe, residente a Rogeno;
- e Luigi Pecchenini.

Il giorno dopo l’esecuzione, il 20 settembre, il comandante della Stazione dei Carabinieri di Curtatone scrisse il seguente rapporto:
“Poco prima delle ore sette del giorno 19 andante è stato visto dirigersi verso il lago in località Aldriga di Curtatone un grosso autocarro germanico chiuso e dalle ore 7 alle 7.30 di detto giorno sono state udite delle scariche di fucile mitragliatore.
Poiché da persona del luogo sono stati uditi degli strilli umani, si ritiene siano state eseguite delle fucilazioni di nostri soldati.
Difatti in quel luogo si nota una pianta di pioppo tutta forata da proiettili con al piede tracce di sangue e quindi una fossa lunga circa tre metri e larga due, con a un’estremità una rozza croce con la scritta al centro: ’10/19 - 9 - 1943’.
La popolazione di quei paraggi è tutta impressionata e tutti ritengono che i tedeschi abbiano fucilato nostri inermi soldati.
Lungo la strada dove è passato l’autocarro è stato rinvenuto un biglietto nel quale è scritto ’Spedite a Corradini Roberto - Via Roma - Canneto S/O. Fate un favore di inviare ai miei cari uno scritto per dare mie informazioni che sono in corso cioè prigioniero’. Biglietto che si ritiene scritto da uno dei militari fucilati.
Firmato: maresciallo capo, comandante la Stazione, Alcide Passigato.”
Le sfasature d’orario che compaiono nel testo del maresciallo capo, rispetto all’avvenimento reale, sono da attribuirsi probabilmente al modo affrettato con cui all’epoca furono condotte le indagini.

Sempre il 20 settembre, nel tardo pomeriggio fu affisso sui muri del comune di Curtatone e della città di Mantova un manifesto del Feldkommandantur (comando territoriale) Mantua (nome latino di Mantova) su cui comparivano i nomi dei dieci prigionieri trucidati e il motivo dell’esecuzione (testo che venne sostanzialmente ripetuto in un rapporto del comandante del Distaccamento della Brigata G. De Simone di Curtatone).
Alcuni dei nomi dei dieci prigionieri trucidati comparvero storpiati sia sul manifesto del Feldkommandantur Mantua che sul rapporto del brigadiere Giovanni De Simone che si rifaceva all’avviso dei nazisti. Per appurare con precisione l’identità delle vittime occorrerà aspettare la conclusione della guerra quando, il 10 maggio 1945, per ordine del C.L.N. vennero riesumate le salme dei dieci martiri.

Come fu indicato nel manifesto dal Feldkommandantur Mantua i nazisti procedettero all’esecuzione dei militari italiani per rappresaglia in seguito all’attacco a una colonna tedesca alla periferia della città dove, sempre secondo l’avviso, erano rimasti feriti due soldati tedeschi.
In realtà il ferimento dei tedeschi non fu opera dei soldati italiani ma fu causato da una rissa scoppiata fra militari austriaci e tedeschi ubriachi dopo il saccheggio di una villa alla periferia di Mantova. L’eccidio risultò quindi privo di qualsiasi giustificazione e perpetrato soltanto a scopo intimidatorio. L’azione di rappresaglia fu compiuta dal Feldkommandantur tedesco per preservare l’importanza logistico-strategica del Mantovano, scoraggiando qualsiasi tentativo di attacco ostile.

I nazisti e i fascisti proibirono alla popolazione di recarsi in pellegrinaggio nel luogo in cui vennero trucidati i martiri, ma ogni giorno, per molto tempo e nonostante il divieto, uomini e donne si recarono alla Valletta Aldriga.

Il territorio del comune di Curtatone, che aveva visto nel 1848 seimila volontari, soprattutto studenti toscani e napoletani, combattere e cadere per il Risorgimento della Patria e i Martiri di Belfiore immolare la propria vita per gli ideali di libertà e di indipendenza, accoglieva ora anche il martirio di dieci soldati italiani fucilati all’Aldriga.

Nel 1947 la Procura Generale di Roma individuò i responsabili dell’eccidio dell’Aldriga in due ufficiali delle SS (Schutzstaffeln - reparti di difesa), il tenente colonnello Angel e tenente Tannèl. In assenza di informazioni certe, il 14 gennaio 1960 fu ordinata la provvisoria archiviazione degli atti.
Nella seconda metà degli anni Quaranta una gran quantità di fascicoli contenenti dettagliate notizie su crimini nazifascisti venne accuratamente occultata in quello che verrà definito l’ Armadio della vergogna.**
L’eccidio della Valletta Aldriga è indicato con il numero 83 del Registro generale di Palazzo Cesi.
In questo, come del resto in tanti altri casi analoghi, a causa dell’occultamento durato cinquant’anni, fu impossibile identificare i colpevoli. Il procedimento venne pertanto archiviato nell’ottobre del 1997 e gli autori rimasero ignoti.

*Aldriga è il nome di una vecchia corte rurale distante circa cinque chilometri da Mantova, posta sull’alto argine destro del fiume Mincio, della quale ora rimangono solo pochi ruderi.
Da questa abitazione, scendendo per un sentiero campestre, si accede sulla riva del fiume in una delle tante vallette coltivabili protetta dall’alto argine naturale.
Il cascinale Aldriga e le sue adiacenze sono gli stessi luoghi della storica battaglia risorgimentale detta di Curtatone e Montanara, avvenuta il 29 Maggio 1848, nella quale furono coinvolti volontari toscani e napoletani contro l’esercito austriaco durante la prima guerra d’Indipendenza.

**Armadio della vergogna indica un armadio rinvenuto nel 1994 in un locale di Palazzo Cesi, in via degli Acquasparta a Roma, contenente 695 dossier e il Registro generale riportante 2274 notizie di reato, relativi a crimini di guerra commessi sul territorio italiano durante l’occupazione nazifascista.
Si tratta di materiale documentale (istruttorie), che era stato raccolto dalla Procura generale del Tribunale Supremo Militare incaricato dal Consiglio dei Ministri. All’interno dell’armadio emersero fascicoli sulle più importanti stragi nazifasciste.
Nel 1994 il procuratore militare Antonino Intelisano (che si stava occupando del processo contro l’ex SS Erich Priebke) rinvenne in uno sgabuzzino della cancelleria della procura militare nel Palazzo Cesi-Gaddi un armadio, rimasto per anni con l’apertura verso il muro, nel quale c’erano documenti archiviati provvisoriamente decine di anni prima. Tra i documenti ritrovati anche un promemoria prodotto dal Comando dei Servizi Segreti britannici dal titolo Atrocities in Italy (Atrocità in Italia), con stampigliato il timbro secret, frutto della raccolta delle testimonianze e dei risultati dei primi accertamenti effettuati sui casi di violenze da parte dei nazifascisti, che al termine della guerra era stato consegnato ai giudici italiani.

Vai alla scheda: "La storia nelle strade".

Foglio Matricolare 1
Foglio Matricolare 2
Foglio Matricolare 3
15 maggio 1946, comunicazione dell’eccidio di Valletta dell’Aldriga giunta dal comune di Curtatone al Comune di Cinisello Balsamo, pag. 1
Pag. 2
Pag. 3
Alcuni testimoni raccontano l’eccidio
Richiesta dell’atto di morte al Comune di Pagazzano
Commissione per il Riconoscimento delle Qualifiche Partigiane
Commissione per il Riconoscimento delle Qualifiche Partigiane
Riconoscimento della Qualifica di Partigiano


GALLERIA FOTOGRAFICA

Luigi Pecchenini

Cimitero di Cinisello

La targa di via Luigi Pecchenini

Via Luigi Pecchenini

Uno schizzo che raffigura il luogo dell’eccidio

Manifesto del Feldkommandantur Mantua

Rapporto del comandante del Distaccamento della Brigata G. De Simone di Curtatone

Luigi Binda

Mario Corradini

Attilio Andrea Passoni

Francesco Rimoldi

Giuseppe Aresi

Giuseppe Bianchi

Bruno Colombo

Mario Colombi

Angelo Alessandro Corti