Cittadino di Cinisello Balsamo, cresciuto nel G.S. Serenissima S. Pio X° Nasce a Cernusco sul Naviglio il 25/5/1953, a cinque anni si trasferisce a Cinisello Balsamo in via XXV Aprile 235. A dieci anni comincia a giocare sul campetto della Parrocchia S. Pio X°, sotto la guida di Gianni Crimella, tesserato per il G.S. Serenissima S. Pio X° rimane sino al 1967, anno del suo trasferimento all’Atalanta. A 19 anni esordio in serie “A” contro il Cagliari di Gigi Riva (Cagliari 0 Atalanta 0).Nel 1974, a 21 anni, si trasferisce alla Juventus e inizia quella sfolgorante carriera che lo porta a diventare, unico giocatore al mondo, vincitore di tutte le competizioni alle quali ha partecipato.Nel 1976 si trasferisce a Torino e sposa Mariella Cavanna. Nel 1977 nasce Riccardo.Il 3 settembre 1989 scompare tragicamente in Polonia lasciando nella costernazione i familiari, gli amici e tutti coloro che lo hanno conosciuto e apprezzato per le sue grandi doti umane. Unico giocatore al mondo Ha vinto: Campione del Mondo 1982 7 Scudetti 2 Coppa Italia Coppa Uefa Coppa delle coppe Supercoppa Europea Coppa dei Campioni Coppa Intercontinentale RICORDI DEL SUO PRESIDENTE Era il mio fuoriclasse. Giocava con estrema naturalezza e raffinatezza, in punta di piedi. Nato a Cernusco sul Naviglio il 25/5/1953, approdò giovanissimo alla Juventus raggiungendo un esaltante traguardo di fedeltà alla maglia bianconera con 552 presenze, vincendo sei scudetti, due coppe Uefa e coppa delle coppe. Nel 1982 divenne campione del mondo.Fuoriclasse in campo e nella vita.Il presidente dell’Atalanta Achille Bortolotti, mio carissimo amico, il giorno del passaggio di Gaetano dall’Atalanta alla Juventus mi ha confidato: «ti porto io personalmente (fatto mai successo) il giocatore a Torino, sono sicuro che anche tu dopo un po’ di tempo dovrai ammettere che uno così non è mai esistito».Quando Gaetano ha smesso di giocare, volevo che diventasse un punto fermo della Juventus: aveva qualità fuori del comune e la sua splendida carriera ne era la conferma.Un crudele destino lo portò via a soli 36 anni, il 3 settembre 1989, in un incidente stradale in Polonia.Non furono solo gli appassionati di calcio a piangere Scirea.La sua morte provocò incredulità, dolore vero e diffuso perchè Gaetano era un uomo esemplare ed atleta eccezionale. La città di Torino recentemente ha riconosciuto la straordinarietà del personaggio e ha voluto intitolargli una via in zona Mirafiori. Questo nobile gesto contribuirà a rendere perenne il ricordo dell’indimenticabile Gaetano.Caro Gaetano, ti abbraccio ancora con tanto affetto. Gian Piero BonipertiUN MURO, UN PANINO E LA STORIA COMINCIÒ Quando tutto iniziò Gaetano Scirea aveva 9 anni e un panino in bocca. In via XXV Aprile 235, a Cinisello Balsamo. Gianni Crimella, che abitava nella stessa via e allenava la «Serenissima-S. Pio X», si fermò a guardarlo. Oggi ricorda: «Palleggiava contro il muro: destro e sinistro, senza bisogno di spostarsi o di sospendere i morsi. Una disinvoltura impressionante per l’età. Lo portai alla Serenissima, giocava punta, campo a 7, segnava un sacco, anche se lo schieravo con i ‘50 lui che era un ‘53. Molti scommettevano su suo fratello Paolo, io non avevo dubbi: Paolo e Gaetano avevano lo stesso carattere, ma in campo Gaetano cambiava, aveva dentro il furore che porta lontano. Voleva sempre giocare. Faceva i tornei dei bar, anche senza il mio permesso. Si faceva portare il borsone dagli amici, per fregarmi. Una volta a Cusano lo beccai: «Adesso ti rivesti, tu non giochi». Quelli del bar mi insultarono: «Mica sei suo padre… «Dopo il primo tempo perdevano 3-0, allora dissi: «Gaetano, entra e falli vincere». Segnò 4 gol. Gli procurai un provino all’Atalanta. Era la prima volta che giocava in un campo a 11. Aveva 14 anni. Gli raccomandai: «Ti arriveranno 3 o 4 palloni. Non passarli a nessuno». Segnò 3 gol, ma tentennarono perchè dicevano che era piccolino. Poi lo presero e diventò Scirea. Ma restò Gaetano, anche dopo la Juve, anche dopo il mondiale, fino alla fine. Il giorno che diede l’addio al calcio, (15-5-88: Juve-Fiorentina ndr), sua moglie gli organizzò una festa a sorpresa a Torino, ma lui aveva preso un impegno con noi: inaugurare il torneo all’oratorio con Trapattoni, e non volle mancare. Era di una modestia impressionante ed esaltava i colleghi. Dovevate sentirlo come mi parlava del giovane Baresi, quando vinse lo scudetto nel ’79: «Ma lo vedi come anticipa? E che spinta… E’ bravissimo. Bearzot dovrà prenderlo in considerazione ». Capite? Lui era Scirea, appena consacrato miglior libero del mondiale di Argentina, e pensava ai meriti di Baresi e mi diceva che Bini era molto più forte di testa. E invece nessuno è stato grande come Gaetano, perchè gli altri, compresi i sommi Beckenbauer e Baresi, erano difensori che avanzavano, lui era difensore in difesa, centrocampista vero a centrocampo, attaccante vero in attacco. Era unico. Ma ve lo ricordate Gaetano in Spagna che fa l’assist per Tardelli contro la Germania? Quale libero in una finale mondiale, sull’1-0, ha il cuore di buttarsi fino là in fondo? È vero però che all’inizio chiedeva sempre il permesso a Zoff: «Posso sganciarmi?» Me lo confessò Gaetano. Ed è vero che una volta Trapattoni gli urlò in milanese: «Perchè ogni tanto non la butti via come all’oratorio?» Gaetano aveva cercato di saltare Graziani con un colpo sotto e dal rimpallo era nato un gol del Toro. Un giorno affiancammo un’auto e Gaetano mi disse: «Quei due per me tifano Toro». Non sò da cosa lo capisse. Chiesi conferma: era vero. Uno dei due disse: «Scirea, a parte lei, tutti i suoi compagni sono dei…» Nessuno poteva pensare male di Gaetano, neppure gli avversari. Quella morte assurda lo ha strappato a tutti. Toccò a me dare la notizia a suo fratello Paolo. Abitavamo nella stessa via, in case vicine. Avevo sentito la notizia al telegiornale delle 22, la lesse Michele Cucuzza: ogni volta che lo vedo in tv, rivedo quel giorno maledetto. Paolo non sapeva ancora niente e neppure i suoi genitori. Paolo oggi è presidente della Serenissima, io organizzo il «Memorial Scirea», il suo esempio deve durare, fa bene ai giovani: mai un’espulsione, mai una squalifica in carriera. Un giorno, in un albergo milanese, Gaetano mi presentò a Bearzot: «Mister lo sgridi, è colpa sua se gioco così male». Bearzot mi diede una pacca sulla spalla. «Lei merita un monumento: non ce ne sono in giro giocatori e uomini così». da “La Gazzetta dello Sport”3 settembre 1999 Data ultima modifica: 4 agosto 2009