BRANCALEONI ADLER

Nacque il 5 settembre 1925 a Mesola (Ferrara) da Giuseppe Brancaleoni e Andreina Fabbri. Celibe, era residente a Milano in via Bramante 23. A causa dei bombardamenti i familiari di Brancaleoni sfollarono a Cinisello Balsamo in via Frova 7. Alcuni parenti della famiglia della madre aprirono una pescheria in piazza Gramsci, mentre Adler Brancaleoni fece l’operaio, professione che svolse fino alla chiamata alle armi.

Nel corso della ricerca storica per redigere la scheda di Brancaleoni ci si è trovati davanti a fonti in parte discordanti. Si è però giunti a una versione, di seguito riportata, frutto di uno scambio di documenti con l’I.N.S.M.L.I. (Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia).

Adler Brancaleoni (indicato sempre erroneamente come Brancaleone), il 29 agosto 1944, giorno in cui disertò dal Battaglione San Marco (gli attacchi dei partigiani avevano provocato centinaia di vittime tra i militari del Battaglione favorendo il fenomeno delle diserzioni), entrò a far parte delle file garibaldine nella 4^ Brigata E. Guarrini, con il nome di battaglia Oscar.

Fu catturato presumibilmente tra il 3 e il 13 di gennaio del 1945 e condotto nella caserma Ettore Muti di Oneglia (Imperia). Nei giorni di prigionia, benché sottoposto a barbari interrogatori, non pronunciò mai alcuna parola che potesse cagionare danni ai suoi compagni.

Venne presumibilmente fucilato il 15 febbraio 1945 dai nazifascisti dietro il cimitero di Oneglia. Raccontarono i testimoni che mentre veniva condotto alla fucilazione cantava canzoni patriottiche. Aveva solo diciannove anni.

L’Amministrazione comunale gli intitolò una via cittadina.

Il suo nome compare:
- sulla lapide Ai martiri della Resistenza e della deportazione sita nell’atrio del Palazzo comunale in piazza Confalonieri 5;
- su una delle lapidi del monumento Ai partigiani e ai civili caduti nell’imperiese sito a Piani, frazione di Imperia, in corso Salvador Allende.

PER APPROFONDIRE

A partire dal mese di gennaio del 1945 ci furono incessanti rastrellamenti nelle valli Impero e Prino nella zona di Imperia. La 34^ Infanterie Division tedesca, costituita nel distretto militare di Coblenza (Germania) e mobilitata il 26 agosto 1939, era formata da tre Grenadier Regiment, integrata da altri Reggimenti, tra i quali uno di artiglieria. Prese parte alla campagna di Russia del 1941 dove fu praticamente distrutta perdendo circa il 90% degli effettivi, venne ricostruita in Slesia, e nel maggio del 1944 trasferita in Italia. Nel giugno successivo andò a rinforzare il settore costiero ligure occidentale, considerato dai comandi tedeschi troppo debole, con il compito di collaborare con la San Marco, Divisione della Repubblica Sociale Italiana, addestrata in Germania. Tutte e due le Divisioni avevano il compito precipuo di operare contro le formazioni partigiane della 2^ Divisione d’Assalto Garibaldi Felice Cascione.

Si distinse nelle operazioni di rastrellamento il Kampfgruppe Klingemann con i suoi uomini affiancati dalle formazioni fasciste dei Cacciatori degli Appennini e della Compagnia Ordine Pubblico della 33^ Legione Guardia Nazionale Repubblicana d’Imperia, agli ordini del famigerato capitano Giovanni Ferraris.

Queste formazioni, che nell’estate e nell’autunno si erano scontrate con la Divisione Felice Cascione subendo gravi perdite, approfittarono del crudo inverno, rinforzate dalla 34^ Infanterie Division, per attaccare i partigiani che avevano interrotto le vie di comunicazione e di rifornimento tra il Nord Italia e il fronte delle Alpi Marittime.

Per questa ragione l’80° Grenadier Regiment iniziò il 3 gennaio 1945 i rastrellamenti anche nella zona della 4^ Brigata E. Guarrini.
Nella prima fase non vennero scoperti i partigiani perché nascosti nei casoni coperti di neve; però nella prima decade del mese i tedeschi si spostarono in altre zone e catturarono alcuni renitenti alle chiamate della Repubblica Sociale Italiana che furono trucidati. Anche il partigiano Lucio Ferlisi, caduto in mano nemica, venne fucilato il 12 gennaio. Un altro partigiano, Turiddu, si consegnò all’Ufficio Politico Investigativo fascista causando grossi problemi alla sicurezza dei partigiani imperiesi.

Durante gli scontri due tedeschi rimasero sul terreno; i partigiani li seppellirono nelle vicinanze di Costa d’Oneglia. I rastrellamenti continuarono anche nel comune di Imperia. Si parla di una donna, Maria Zucco, che veniva chiamata la donna velata per il suo coprirsi il volto al fine di non farsi riconoscere, che aveva fatto parte delle formazioni fasciste Azione Nizzarda in Francia. Giunta nella provincia di Imperia dopo il 15 agosto 1944, spacciandosi per una patriota, fece catturare alcuni partigiani tra cui Adolfo Stenca.

Nelle carceri di Oneglia il 14 gennaio 1945 venne fatto l’appello dei catturati che dovevano essere fucilati; il primo a essere chiamato fu Paolo De Marchi.
L’olocausto della 4^ Brigata E. Guarrini continuò; nei giorni dall’11 al 16 gennaio caddero: Pasquale Nisco, Francesco Vernaleone, Carlo Gatti, Antonio Dagnino, Settimio Raimondi, Giovanni Cortese, Rino Guglieri e Adolfo Capovani. Il 17 i fascisti effettuarono un altro rastrellamento, durante il quale morirono Carlo Montagna, comandante della 4^ Brigata, Angelo Perrone e Sebastiano Acquarone. Nei dintorni di Tavole molti casolari furono dati alle fiamme e alcuni civili vennero arrestati. Il 25 fu catturato, quasi al completo, il 10° Distaccamento Walter Berio. Nello Bruno e Vittorio Aliprandi, rispettivamente comandante e commissario della Brigata, si suicidarono per non cadere nelle mani del nemico.

In seguito alla scomparsa dei due tedeschi, della cui sorte il comando germanico non sapeva nulla, il comando annunciava che, se non si fosse provveduto alla loro liberazione, venti ribelli sarebbero stati fucilati. Successivamente i nazisti vennero a conoscenza della morte dei due soldati e mandarono perciò davanti al loro Tribunale militare venti antifascisti: Guglielmo Bosco, Francesco Garelli, Ettore Ardigò, Orlando Noschese, Giorgio Cipolla, Santo Manodi, Medardo Bertelli, Giobatta Ansaldo, Paolo De Marchi, Adolfo Stenca, Carlo Delle Piane, Vincenzo Varalla, Giacomo Favale, Luigi Guarreschi, Giuseppe De Lauro, Doriano Carletti, Ernesto Deri, Adler Brancaleoni, Biagio Giordano, Matteo Cavallero.

Riconosciuta la loro colpevolezza, il Tribunale pronunciò la sentenza di morte che venne eseguita, per alcuni di loro, il 31 gennaio 1945.
Dai documenti risulta che altri furono fucilati nei giorni successivi e in luoghi diversi. Si può quindi supporre che Adler Brancaleoni (nome di battaglia Oscar), venne ucciso (come si legge anche sulla tomba) il 15 febbraio 1945, dietro al cimitero di Oneglia, insieme ad altri quattro dei venti garibaldini sopracitati, per cui era stata emessa sentenza del Tribunale germanico: Ernesto Deri (nome di battaglia Austriaco), Matteo Cavallero (nome di battaglia Stella), Biagio Giordano (nome di battaglia Biagio) e Doriano Carletti (nome di battaglia Misar).

Il manifesto affisso dal comando germanico terminava con queste parole:
“I suddetti fuorilegge appartenevano tutti a bande partigiane e vennero fatti prigionieri in azioni di rastrellamento. Quindici dei quali furono disarmati in combattimento. In seguito a tale fatto il comando germanico rivolge ancora una volta l’intimidazione ai banditi di abbandonare volontariamente le loro bande e presentarsi ai Comandi Militari, sia germanici che italiani. Si fa presente che coloro i quali ritorneranno di loro spontanea volontà non andranno incontro a nessuna punizione [...]”. Ma da parte della Resistenza la lotta continuerà.

Vai alla scheda: "La storia nelle strade".

Storia della Resistenza Imperiese, capitolo VIII, 24-31 gennaio
Storia della Resistenza Imperiese, capitolo XIII, 1-15 febbraio
31 gennaio 1945: la strage di Capo Berta di Francesco Biga
Note di Francesco Biga al testo sulla strage di Capo Berta dove viene precisato che non tutti gli antifascisti condannati furono fucilati a Capo Berta il 31 gennaio 1945
Lettera dal carcere di Ettore Ardigò alla moglie


GALLERIA FOTOGRAFICA

Adler Brancaleoni

Cimitero di Cinisello

25 aprile 1946, primo anniversario della Liberazione, cimitero di Cinisello, lo strazio delle vedove e delle madri sulle tombe dei partigiani e dei deportati

La targa di via Adler Brancaleoni

Via Adler Brancaleoni

Ettore Ardigò, uno dei partigiani uccisi a Capo Berta

La liberazione di Oneglia

Partigiani