AGLI ANTIFASCISTI, AI RESISTENTI, AGLI ESSERI UMANI RECLUSI, TORTURATI, ASSASSINATI ALL’ALBERGO "REGINA"

Lapide commemorativa - Milano - via Silvio Pellico angolo via Santa Margherita

ISCRIZIONE

QUI, DOVE ERA L’ALBERGO REGINA,
SI INSEDIÒ IL 13 SETTEMBRE 1943
IL QUARTIERE GENERALE NAZISTA DELLE SS A MILANO.

QUI FURONO RECLUSI, TORTURATI, ASSASSINATI,
AVVIATI AI CAMPI DI CONCENTRAMENTO E DI STERMINIO
ANTIFASCISTI, RESISTENTI,
ESSERI UMANI
DI CUI IL FASCISMO E IL NAZISMO
AVEVANO DECISO IL SISTEMATICO ANNIENTAMENTO.

UNA PETIZIONE POPOLARE
HA VOLUTO QUESTA LAPIDE
PER LA MEMORIA DEL PASSATO
LA COMPRENSIONE DEL PRESENTE
LA DIFESA DELLA DEMOCRAZIA
IL RISPETTO DELL’UMANITA’.

27 GENNAIO 2010-GIORNO DELLA MEMORIA
65 ANNI DOPO LA LIBERAZIONE DELL’ALBERGO REGINA

In uno dei luoghi più bui e cupi della storia di Milano solo dal 2010 si può notare una traccia del triste passato legato all’occupazione nazista e alla ferocia dei nazifascisti: la lapide posta a ricordo delle atrocità che avvenivano all’interno delle stanze dell’Albergo Regina, situato tra via Silvio Pellico e via Santa Margherita.

Per dare visibilità a questa tragica storia, affinché la memoria di quel luogo fosse tutelata, nel dicembre 2008 fu presentata al presidente del Consiglio comunale di Milano una petizione firmata da circa millenovecento persone.
La proposta fu accolta e una lapide venne finalmente posta sulla facciata dell’edificio che al tempo ospitava l’Albergo Regina grazie alla disponibilità della società Generali Properties, proprietaria dello stabile (oggi sede di uffici), che diede l’autorizzazione alla posa del marmo sostenendone le spese. Fino ad allora la lapide non era stata collocata perché considerata sconveniente e disturbante per i frequentatori di quell’edificio.

La lapide commemorativa, segnata dall’artista della memoria Giulio Iacchetti, vi fu infine sistema il 22 gennaio 2010 in occasione delle celebrazioni per il Giorno della Memoria, a sessantacinque anni di distanza dalla resa dei fascisti e dei nazisti che fino al 30 aprile del 1945 erano ancora asserragliati nelle stanze dell’Albergo.

Alla cerimonia erano presenti i gonfaloni di Milano e Sesto San Giovanni (Città Medaglie d’Oro della Resistenza), i medaglieri di A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), A.N.E.D. (Associazione Nazionale ex Deportati) e F.I.A.P. (Federazione Italiana Associazioni Partigiane) e un folto pubblico. Oltre agli interventi commemorativi furono proposte alcune letture a cura di Aglaia Zannetti e una performance di Giovanni Rubino.
L’iniziativa fu promossa da Giovanni Marco Cavallarin e da altri firmatari della petizione in collaborazione con A.N.P.I., A.N.E.D., F.I.A.P., A.N.P.C. (Associazione Nazionale Partigiani Cristiani).

La cerimonia era stata preceduta la sera del 20 gennaio da un’iniziativa durante la quale fu proiettato il documentario Via Santa Margherita 6 di Micaela Nason e Vera Paggi, prodotto da RAINews24. Dopo la proiezione seguì un dibattito durante il quale intervennero tra gli altri: Guido Artom, promotore della petizione, Luigi Borgomaneri, storico, Roberto Cenati, A.N.P.I. Milano, Pier Francesco Fumagalli, dottore ordinario Biblioteca Ambrosiana, Alessia Potecchi, F.I.A.P. Lombardia, Liliana Segre, ex deportata, Giuseppe Valota, A.N.E.D. Sesto San Giovanni.

Dalle carte dell’archivio dell’A.N.E.D. di Sesto San Giovanni risulta che Leandro Galbusera, nato a Balsamo, durante il periodo dell’occupazione fu arrestato e portato all’Albergo Regina, dove venne torturato, come si può leggere da una sua dichiarazione.


PER APPROFONDIRE

A Milano, città insignita della Medaglia d’Oro della Resistenza, esistono luoghi completamente rimossi dalla memoria collettiva in cui si svolsero drammatiche pagine di storia. Uno di questi è l’area dove si trovava l’Albergo Regina & Metropoli, nel pieno centro di Milano, a pochi passi da piazza Duomo, in un palazzo signorile con un ingresso in via Santa Margherita 6 e un altro sul retro in via Silvio Pellico 7.

Elegante e spazioso, venne immediatamente requisito dai nazifascisti, circondato da barriere di filo spinato, casematte in cemento armato, e illuminato di notte da potenti cellule fotoelettriche, come ce lo restituisce lo scrittore Elio Vittorini in Uomini e no. L’albergo fu trasformato, come molti altri in Italia e nell’Europa occupata, in centro di sequestri, interrogatori e tortura per antifascisti, partigiani e per semplici cittadini non appartenenti ad alcuna organizzazione resistenziale.

In esso, dal 13 settembre 1943 fino alla liberazione di Milano, e fino al 30 aprile 1945, quando giunsero le truppe alleate, ebbero sede il Comando delle SS (Schutzstaffel - Reparti di Difesa - erano un’unità paramilitare d’élite del Partito Nazista) e il quartier generale della Gestapo (Geheime Staatspolizei - Polizia Segreta di Stato - era la polizia politica del Terzo Reich) a Milano.
Ne era a capo, sotto la direzione del suo collega colonnello Walter Rauff, il capitano Theodore Saevecke, comandante la polizia segreta nazista a Milano, responsabile dell’importante Aussenkommando (Comando Avanzato) di Milano, da dove dirigeva la repressione antipartigiana e la caccia agli ebrei.
Rauff, uno dei più stretti collaboratori del criminale Karl Adolf Eichmann, era invece capo del supercomando interregionale della S.I.P.O. - S.D. (Sicherheitspolizei - Polizia di Sicurezza - la direzione delle tre forze di polizia che si occupavano specificatamente della sicurezza del Reich sotto il profilo politico e criminale: Gestapo, Kripo - Reichskriminalpolizei - Polizia Criminale e S.D. Sicherheitsdienst - Servizio di Sicurezza delle SS) che sovrintendeva a Piemonte, Liguria e Lombardia. Rauff era l’inventore dei Gaswagen, i camion della morte che avevano ucciso con i gas di scarico gli ebrei in essi reclusi; ciò accadeva in Russia e principalmente in Polonia, intorno al piccolo paesino di Chelmno (in tedesco Kulmhof). Uno strumento di sterminio di massa per un numero di persone stimato tra le 100.000 e le 150.000.

Saevecke e Rauff si servivano del cosiddetto macellaio Walter Gradsack; lì lavoravano anche i sanguinari Karl Otto Koch, sottufficiale della Gestapo, e Franz Staltmayer, detto la belva, armato di nerbo e cane lupo.

Un rapporto tedesco, redatto subito dopo la resa, descriveva il contingente addetto all’Albergo Regina costituito da venti ufficiali, sessanta sottoufficiali e venti soldati, più un’altra cinquantina di uomini, forse italiani.

Verso la fine del 1944 divennero assai stretti i rapporti della Legione Autonoma Mobile Ettore Muti (Corpo Militare della Repubblica Sociale Italiana con compiti di polizia politica e militare) con il comando SS dell’Albergo Regina.

L’Albergo assunse grande importanza per il lavoro di ricerca poliziesca organizzato in stretto rapporto con la Muti di via Rovello 2, la X Mas, le Brigate Nere e la Banda Koch di Villa Triste** che aveva sede in via Paolo Uccello 17/19. All’Albergo Regina furono condotti centinaia di milanesi, anche se non coinvolti nella Resistenza, per essere interrogati. Si sa quali sordidi metodi fossero soliti usare i macellai nazisti, e su questo è meglio non indugiare, se non altro per pietà delle vittime.

Nell’Albergo fu recluso, tra gli altri, Ferruccio Parri***; un assalto per la sua liberazione, risoltosi infruttuosamente, fu tentato da alcuni partigiani (comandati da Edgardo Sogno) che in quell’occasione vennero catturati dalle SS.

Dal mattatoio dell’Albergo Regina i catturati (ebrei, partigiani, antifascisti, sospettati, ecc.) venivano avviati al carcere di San Vittore e in alcuni casi direttamente ai trasporti in partenza dal Binario 21 della stazione Centrale di Milano per essere deportati. Una struttura quindi molto simile a quella romana di via Tasso, a quella torinese dell’Albergo Nazionale, a quella parigina dell’Hotel Lutetia.

Nella tarda mattinata del 29 aprile 1945 entrarono in città le prime avanguardie della V Armata statunitense. Le SS erano trincerate all’Albergo Regina, intenzionate a cedere le armi solo se garantite dalla presenza delle truppe alleate. Il Comando Generale del C.V.L. (Corpo Volontari della Libertà), avendo già il controllo della città e nell’intento di evitare ulteriore spargimento di sangue partigiano e distruzioni agli edifici, ordinò di non attaccare l’Albergo che venne soltanto circondato.

Il Maresciallo Rodolfo Graziani, che era stato temporaneamente inviato all’Albergo Regina, venne trasferito al Grand Hotel Et de Milan. Il colonnello Walter Rauff, in cambio della parte da lui svolta nelle trattative di resa segretamente avviate da tempo con gli Alleati, ottenne dal capitano americano Daddario, proprio all’Albergo Regina, l’incolumità per sé e per i suoi.

Il 30 aprile, dopo diciannove mesi e diciassette giorni di spietata occupazione, protette da mezzi corazzati statunitensi, e sotto le armi puntate dei partigiani, le SS e gli altri contingenti abbandonarono l’Albergo.
Di quel giorno e della fine dell’Aussenkommando Mailand rimane una serie di fotografie che fissano la resa e l’evacuazione del Regina e le riprese filmate dai cineoperatori militari della V Armata statunitense e da un partigiano al seguito delle Brigate di Cino Moscatelli.
Gli appartenenti alla Wehrmacht (Forza di Difesa, nome delle forze armate tedesche dal1935 fino all’agosto 1946 quando fu sciolta; era suddivisa in: Heer - esercito, Kriegsmarine - marina militare, Luftwaffe - aeronautica militare, sottoposta a un comando supremo denominato O.K.W. - Oberkommando der Wehrmacht), sotto scorta partigiana, sfilarono a piedi per via Dante preceduti da due ufficiali che si coprivano il volto davanti all’obiettivo; le SS, truppa e graduati insieme alle segretarie del comando, furono caricati su camion, mentre gli ufficiali lasciavano l’Albergo a bordo di alcune macchine scoperte, ostacolati da una folla sempre più minacciosa che tentava di colpirli, tanto che gli americani furono costretti a sparare alcune raffiche di mitra in aria per consentire loro il passaggio.

Il colonnello Rauff, evaso dal campo di concentramento di Rimini, morirà in Cile nel 1984. Il capitano Saevecke, diventato dopo la guerra addirittura funzionario di alto livello della polizia della Germania Federale, morirà in Germania nel 2000 dopo essere stato condannato in contumacia all’ergastolo dal Tribunale Militare di Torino il 9 giugno 1999 (non ha scontato nemmeno un giorno di carcere) per l’omicidio dei quindici partigiani fucilati in piazzale Loreto il 10 agosto 1944 (a comandare quel plotone d’esecuzione era stato il capitano Pasquale Cardella della Legione Autonoma Mobile Ettore Muti).

*L’Albergo Regina, prima di divenire un luogo di orrore, era stato un lussuoso hotel.
Un tempo, sito nell’attuale perimetro di piazza del Duomo a Milano, sorgeva il rione Rebecchino. La denominazione derivava da un’antica osteria nata nel XVI secolo (probabilmente così chiamata perché gestita da un suonatore di ribeca), divenuta particolarmente rinomata nel XVII secolo, nel corso del quale venne ampliata per offrire servizio d’albergo.

Durante i lavori per concludere il rifacimento della facciata del duomo, voluti da Napoleone Buonaparte, si prese in considerazione l’idea di allargare la piazza del sagrato mediante la demolizione degli immobili prospicienti, tra i quali il rione del Rebecchino (prevista nel Piano Generale di Milano del 1810, ma i lavori vennero eseguiti nel decennio tra il 1866 e il 1876). Peraltro, il piccolo agglomerato urbano, fatto di stradine strettissime e immobili fatiscenti, era costantemente frequentato dalla malavita cittadina attirata dal continuo afflusso di pellegrini in visita al duomo.

Poco distante dall’antica osteria del Rebecchino nacque una lussuosa struttura ricettiva, denominata Regina Hotel & Rebecchino Restaurant, frequentato centro della vita mondana durante la belle époque.

**Villa Triste è il nome popolare di vari luoghi di tortura aperti dai nazifascisti durante gli ultimi anni della seconda guerra mondiale: a Trieste, Firenze, Brescia, Biella e Genova.
Nell’estate del 1944 Pietro Koch (poliziotto e criminale italiano a capo di un reparto speciale di polizia della Repubblica Sociale Italiana, noto come Banda Koch) aprì a Milano una nuova Villa Triste con le medesime usanze di quella fiorentina, dove le persone detenute subivano orribili sevizie, torture e atrocità
Il luogo era anche frequentato dai celebri attori Osvaldo Valenti e Luisa Ferida. La sede di torture ebbe però vita breve: nel dicembre di quello stesso anno, il ministro di Giustizia della R.S.I. Piero Pisenti, spinto dalle proteste dei cittadini milanesi e da quelle dello stesso arcivescovo Schuster, ne ordinò la chiusura.
Pietro Koch, che aveva operato principalmente a Roma e a Milano, macchiandosi di numerosi crimini, il 25 settembre 1944 fu arrestato e il suo reparto, implicato anche in un traffico di cocaina, fu smantellato dalla polizia della R.S.I. e dai legionari della Muti.

***Ferruccio Parri (Pinerolo, 19 gennaio 1890 - Roma, 8 dicembre 1981) fu un politico e antifascista italiano. Condannato prima a dieci mesi di carcere e poi a cinque anni di confino per attività antifascista, venne relegato a Ustica, Lipari e Vallo della Lucania. Liberato, fu segretamente in contatto con il movimento di Giustizia e Libertà. Divenne mediatore fra la Resistenza e gli Anglo-Americani; leader del Partito d’Azione nei territori occupati e in seguito nel Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia, con la costituzione il 9 giugno 1944 del Comando generale dei Volontari per la Libertà, fu nominato vicecomandante. Parri assunse il nome di battaglia di Maurizio.
Dopo la Liberazione venne decorato dagli Stati Uniti d’America con la Bronze Star Medal. Fu il primo presidente del Consiglio a capo di un governo di unità nazionale istituito alla fine della seconda guerra mondiale.

Vai alla scheda: "Lapide commemorativa del Bollettino della Vittoria"

Vai alla scheda: "Organizzazioni italiane impegnate in azioni di intelligence dopo l’8 settembre 1943".

Il testo della petizione


GALLERIA FOTOGRAFICA

La lapide

Giovanni Marco Cavallarin, uno dei promotori della petizione

Svelamento della lapide

Le autorità assistono agli interventi commemorativi, si riconoscono tra gli altri il sindaco di Sesto San Giovanni Giorgio Oldrini e la deportata Liliana Segre

Un folto pubblico assiste alla cerimonia

Un momento della cerimonia

L’Albergo Regina durante l’occupazione

La facciata del Regina in via Santa Margherita durante l’occupazione

Un disegno di Giulio Agostino che raffigura l’Albergo Regina nel 1943

L’interno dell’Albergo Regina

Pianta dell’albergo quando si chiamava ancora Rebecchino

1860, prima delle demolizioni, piazza Duomo a Milano, rione Rebecchino

30 aprile 1945, interno dell’Albergo Regina, SS e militari tedeschi ascoltano la comunicazione della resa

All’interno della Prefettura di Milano, presumibilmente il 16 dicembre 1944, dietro a Benito Mussolini, al centro Walter Rauff, a sinistra Theodore Saevecke

Theodore Saevecke

30 aprile 1945, Walter Rauff mentre, sotto scorta americana, abbandona l’Albergo Regina

Karl Otto Koch

Karl Adolf Eichmann

Pietro Koch

Ettore Muti

Ferruccio Parri

Villa Triste a Milano

La lapide di Villa Triste a Milano

I gaswagen, detti camion della morte