IL FASCISMO E LA FABBRICA DEL CONSENSO

Lo storico Philip V. Cannistraro, scomparso il 28 maggio 2005, scrisse un saggio sul fascismo dal titolo La fabbrica del consenso che rappresentò il primo tentativo storiografico di ricostruire in modo sistematico la struttura e il funzionamento dell’apparato propagandistico del regime di Mussolini, con particolare riferimento al Ministero della Cultura Popolare, in una prospettiva volta a delineare gli strumenti impiegati dal duce per conseguire il consenso di massa.

Il termine consenso, usato ormai per consuetudine, sembra improprio parlando di regimi dittatoriali, dal momento che si trattava di consenso costruito, in parte estorto, in ogni caso organizzato dall’alto. Per questa ragione lo storico coniò la definizione di fabbrica del consenso, analizzando come, attraverso nuovi e del tutto inediti meccanismi di controllo, di orientamento dell’opinione pubblica e di inquadramento delle masse, il fascismo riusciva a ottenere una diffusa accettazione.

Questa nuova politica, come fu definita, costruiva, utilizzava e agitava simboli e miti che nella società di massa acquisivano intensità e pervasività, capaci di orientare e influenzare tutti gli aspetti della vita associativa e dell’esistenza dei singoli, inquadrando le forme subalterne di partecipazione in maniera capillare e ricercando da esse un consenso attivo alla politica del regime. L’inquadramento di un’ampia parte della popolazione italiana nelle organizzazioni create dal fascismo avveniva grazie a una struttura associativa che intendeva coprire dalla culla alla bara l’intera esistenza degli italiani. Una politicizzazione di massa che coinvolgeva attivamente nella politica ceti sociali fino ad allora mai interessati. Il carattere, di fatto obbligatorio, dell’iscrizione al Partito Nazionale Fascista, per molte professioni e carriere, rendeva praticamente impossibile tracciare un confine certo tra adesioni militanti e tessere del pane, come venivano chiamate.

Totale era il controllo della stampa e dei nuovi strumenti di comunicazione come la radio e i cinegiornali dell’Istituto Luce. Paesi e città furono dotati di altoparlanti per trasmettere nelle piazze, nelle officine e nelle scuole, i proclami del duce.

Variegati erano gli strumenti di cui si avvaleva il governo centrale per diffondere i propri messaggi e incidere capillarmente anche sulla popolazione residente nelle varie zone del Paese, in aree geograficamente distanti dal centro del potere e dalle adunate oceaniche della capitale. Era vitale e necessario, da parte del regime, tentare di costruire il consenso radicandosi nei singoli territori e cercando innanzitutto di utilizzare e piegare ai propri fini le strutture istituzionalmente già presenti: gli enti locali territoriali e le scuole in primis.

Un ruolo certamente significativo nell’ambito della costruzione del consenso veniva svolto dalle cerimonie pubbliche che si tenevano in varie circostanze, in occasione degli anniversari di date significative per il regime, come ad esempio il 28 ottobre, la Marcia su Roma, il 18 dicembre, Giornata della Fede, o per le inaugurazioni di opere pubbliche.

Anche le visite alle fabbriche dovevano servire al regime per ribadire il sostegno a tali attività imprenditoriali e, al tempo stesso, avevano la finalità di cercare di estendere, quanto più possibile, il consenso nei confronti del governo, da parte anche dei ceti popolari, attraverso gli incontri con le maestranze e il bagno di folla realizzato mediante la percorrenza delle strade cittadine, le cerimonie e i discorsi che si pronunciavano.

Quanto questo progetto di appoggio incondizionato al regime fosse tuttavia ben lungi dal concretizzarsi in toto, emerge dalle misure di polizia che venivano adottate per garantire la sicurezza del duce o dei federali durante visite e cerimonie.
Accanto a precauzioni che sono tuttora usualmente adottate e che rientrano nella prassi invalsa anche nelle moderne democrazie, venivano piantonati alcuni edifici che si potevano definire sensibili in quanto abitazioni di noti comunisti; in alcuni casi i sovversivi venivano fermati e rilasciati al termine della visita ufficiale.

Relativamente alle visite dei gerarchi, le fonti d’archivio ci restuiscono con precisione e pignoleria ogni singolo atto che inquadrava esattamente tutti i preparativi che precedevano l’evento: piantine, manifesti, fogli-disposizioni. Venivano date indicazioni in merito alla sistemazione dell’arredo urbano, alla divisa da indossare per la circostanza, al luogo del raduno e secondo quale ordine si dovessero esattamente inquadrare le rappresentanze delle singole Associazioni intervenute. In alcuni casi veniva azionata la sirena del Municipio, alla quale si univano le sirene di tutte le fabbriche. Veniva inoltre chiesto ai datori di lavoro di lasciare liberi gli iscritti alla G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio), Avanguardisti e Giovani Fascisti, corrispondendo loro comunque l’intero salario, al fine di permettere la loro partecipazione alle cerimonie previste.
Si regolamentavano in modo estremamente accurato la collocazione topografica, le dimensioni e i colori di bandiere e striscioni da collocare opportunamente lungo il percorso. La tipologia delle decorazioni era estremamente varia: si andava dalle fiamme di carta nera da
collocare lungo le strade d’accesso alle città o ai paesi, alle bandiere nere da esporre alle finestre e da assicurare alle piante, alle bandiere tricolori di varia misura da porre ad altezze predeterminate.

Gli scolari e gli studenti, il cui ruolo era, nelle intenzioni del regime, complementare ed essenziale, in prospettiva, per la costruzione dei nuovi italiani, venivano mobilitati in tutte le cerimonie fasciste, come si evidenzia anche dai registri di classe, dove le maestre annotavano le ricorrenze e la partecipazione dei bambini e dove appare chiaro il ruolo pervasivo dell’educazione fascista.

Nel corso degli anni Trenta, nel contesto delle iniziative di assistenza all’infanzia, erano progressivamente sorte sul territorio dei singoli Comuni le colonie elioterapiche. Esse furono soprattutto uno strumento di inquadramento e indottrinamento ideologico. Si venivano a porre in stretta relazione con la pratica sportiva, tanto che in svariate circostanze erano ubicate all’interno dei campi sportivi che potevano peraltro costituire una cornice ideale per la realizzazione di coreografie e parate in occasione delle visite di gerarchi o di altre autorità.

Strettamente connessi alle colonie erano dunque gli impianti sportivi che vennero costruiti nei singoli Comuni con dimensioni proporzionali al numero degli abitanti e alle risorse disponibili. Tutte le strutture erano accomunate dalla funzione che assolvevano e dalla presenza di costanti e inequivocabili elementi che rimandavano all’ideologia fascista, attraverso la scelta dei materiali costruttivi, della ricorrente icona del fascio littorio e mediante la presenza di scritte murali che veicolavano le parole d’ordine e i concetti basilari propugnati dal regime, presenti anche su molti edifici pubblici e privati.

In definitiva la dittatura fascista riuscì nell’intento di trasformare la fisionomia del Paese sia da un punto di vista estetico che da un punto di vista morale. Tuttavia, trasformare il volto della patria significava trasformare innanzitutto le singole realtà locali; la città, dunque, diventava la fucina ideale dove costruire, plasmare, inventare la nuova immagine, la nuova identità dell’Italia fascista. Lo spazio urbano veniva direttamente identificato con l’idea di modernità ed era nelle trasformazioni fisiche e spirituali della città che si materializzavano gli emblemi della nuova liturgia fascista, del nuovo culto littorio.
Per modificare il senso di autopercezione della comunità urbana e quindi per rimodellare il volto della città, la potente macchina culturale del regime si servì di repertori simbolici preesistenti, come quelli che facevano riferimento all’epopea risorgimentale o agli avvenimenti della Grande Guerra. Tali repertori, dopo l’innesto dei rituali del littorio, furono spogliati del loro capitale simbolico e inseriti nella nuova cornice celebrativa della rivoluzione fascista.
Se nel corso dell’età liberale furono le lotte risorgimentali a essere assunte come modello rappresentativo di tutte le lotte nazionali, con la fine della Grande Guerra il paradigma patriottico di riferimento divenne quello degli eroi caduti nelle trincee per la vittoria. Questo stesso repertorio simbolico fu progressivamente sostituito dal culto tributato ai martiri della rivoluzione fascista, veri eredi e depositari delle tradizioni patriottiche precedenti.


Le organizzazioni fasciste

L’E.N.C. (Ente Nazionale della Cooperazione) venne fondato per il controllo del movimento cooperativo. Ogni cooperativa fu posta di fronte all’alternativa: cessare l’attività o aderire all’ E.N.C. o all’O.N.D (Opera Nazionale Dopolavoro).

A Cinisello Balsamo tutte le cooperative aderirono all’E.N.C. accettando la presenza di esponenti fascisti all’interno dei Consigli di Amministrazione e la modifica degli articoli degli statuti che caratterizzavano la matrice politica. Esse furono inoltre obbligate ad aprire nei propri circoli una sezione O.N.D. La presenza di esponenti del partito fascista rimase comunque marginale e mai in grado di incidere in profondità sulla struttura e sulla conduzione delle cooperative stesse.

L’O.N.D. (Opera Nazionale Dopolavoro) fu creata il 1 maggio 1925 col compito di occuparsi del tempo libero dei lavoratori. Per definizione statutaria "cura l’elevazione morale e fisica del popolo, attraverso lo sport, l’escursionismo, il turismo, l’educazione artistica, la cultura popolare, l’assistenza sociale, igienica, sanitaria, e il perfezionamento professionale".

A Cinisello Balsamo le sezioni dell’O.N.D. aperte nei circoli delle cooperative rivestirono un ruolo marginale, risultando un doppione dei circoli già esistenti. Faceva eccezione il Dopolavoro aperto dalle camicie nere nei locali di villa Lampugnani De Ponti; infatti risultava essere il loro ritrovo preferito, oltre alle sedi del P.N.F. (Partito Nazionale Fascista), una situata a Balsamo in un capannone presso la Scuola Elementare Filippo Corridoni, e una a Cinisello in via Milano (oggi via della Libertà).

Comunque le nuove organizzazioni fasciste non riuscirono a sovrastare del tutto le precedenti forme popolari di aggregazione (bocciofile, sportive, corali, ecc.) che continuarono ad avere il maggior numero di praticanti iscritti.

Il 20 giugno 1935 venne istituito il sabato fascista. Si interrompeva la giornata lavorativa del sabato alle ore tredici in modo che il pomeriggio potesse essere dedicato ad "attività di carattere addestrativo prevalentemente premilitare e post-militare, come ad altre di carattere politico, professionale, culturale e sportivo". Spesso per gli studenti erano previste attività ginniche per mantenersi in forma e per dare sfoggio della propria abilità.

L’O.N.B. (Opera Nazionale Balilla), fondata nel 1926 come ente autonomo e complementare all’istituzione scolastica, era finalizzata all’assistenza e all’educazione fisica, culturale e morale della gioventù.
L’organizzazione era suddivisa in vari corpi: quelli maschili, Figli della Lupa (6-8 anni), Balilla (9-10 anni), Balilla moschettieri (11-13 anni), Avanguardisti (14-18 anni) e quelli femminili, Figlie della Lupa (6-8 anni), Piccole italiane (9-13 anni), Giovani Italiane (14-17 anni).
Tra i 18 e i 22 anni i giovani entravano in gruppi esterni all’O.N.B.: i Fasci Giovanili di Combattimento e le Giovani fasciste; mentre gli studenti universitari e delle scuole superiori erano tenuti ad aderire ai G.U.F. (Gruppi Universitari Fascisti). Nel periodo dal 1932 al 1940, gli iscritti ai G.U.F. parteciparono ai littoriali, manifestazioni culturali, artistiche, sportive e del lavoro, organizzate dalla Segreteria Nazionale del P.N.F. con la Scuola di Mistica Fascista e le sedi provinciali dei G.U.F.

A Cinisello Balsamo l’O.N.B, che subentrava alle precedenti strutture ricreative e sportive, iniziò a operare verso la fine degli anni Venti sostenendo e indirizzando il lavoro degli insegnanti con proposte e iniziative. A coordinare questo lavoro era il maestro Scimemi che in molti ricordano come un acceso sostenitore del fascismo. Tra i corpi organizzati a Cinisello Balsamo risulta che gli Avanguardisti nacquero nel 1930 e il Fascio femminile nel 1931.

A partire dal 1937 l’O.N.B. confluì nella G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio) che passò sotto la direzione del P.N.F. per mettere a tacere i conflitti che erano sorti tra l’O.N.B. e il Partito fascista.

A Cinisello Balsamo Il 4 giugno 1938 il federale Rino Parenti, accolto dal podestà Ferdinando Gimelli e dal segretario politico Federico Repetto, inaugurò la nuova casa della G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio) costituita da una palazzina e da una palestra in via Cadorna angolo via Beato Carino.

Vai alla scheda: "Lapide commemorativa dell’unificazione dei Comuni di Balsamo e Cinisello".

Vai alla scheda: "... e piazza Natale Confalonieri, via Giovanni Frova e via della Libertà nei ricordi di Luigi Donzelli."

Lettera ai camerati
Associazione Nazionale Combattenti di Cinisello Balsamo, moschettieri ai Balilla
Disposizioni del podestà per l’arrivo del federale
Il culto del littorio di Emilio Gentile


GALLERIA FOTOGRAFICA

Mussolini consegna i riconoscimenti alle famiglie numerose

Napoli, Renato Ricci (ministro delle Corporazioni, presidente dell’O.N.B. e della G.I.L. e sottosegretario per l’Educazione fisica giovanile) passa in rivista le Giovani Italiane

Roma, 21 agosto 1931, chiusura del II corso degli allievi capi-centuria, Renato Ricci parla agli Avanguardisti

Roma, 2 luglio 1933, Achille Starace, segretario del partito, inaugura il campo sportivo del dopolavoro dell’Urbe

Roma, 3 aprile 1934, celebrazione della VIII annuale dell’Opera Balilla all’Augusteo, Achille Starace (segretario del Partito Nazionale Fascista e presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano) e Renato Ricci consegnano le croci al merito

Roma, 6 gennaio 1934, Achille Starace, Costanzo Ciano (presidente della Camera dei deputati del regno d’Italia, poi Camera dei Fasci e delle Corporazioni) e Gaetano Postiglione del Direttorio del P.N.F., assistono alla distribuzione della befana ai figli dei ferrovieri

Una gara/esercitazione di dattilografi, sullo sfondo una parete con scritte inneggianti al duce

Roma, anni Trenta, giochi sportivi, squadra atletica della Marina

Cinisello Balsamo, 1933, saggio di Figli della Lupa

Cinisello Balsamo, 1938, saggio scolastico di Figlie della Lupa

Milano, Figlio della lupa

Giovane Balilla

Tessera della G.I.L.

Tessera della G.I.L.

Distintivi della G.I.L.

Il Bo’ giornale dei G.U.F. di Padova

Libro del fascista

Pagina di un libro per le scuole

Pagina di un libro per le scuole

Copertina di un libro per le scuole

Pagina di un libro per le scuole

Compito di uno scolaro

Dal quaderno di uno scolaro

Adunata in piazza Vittorio Emanuele

Adunata in piazza Vittorio Emanuele

Adunata in piazza Vittorio Emanuele

Cinisello Balsamo, 23 marzo 1940, manifesto per la celebrazione della fondazione dei fasci di combattimento

Striscione per l’arrivo del federale a Cinisello Balsamo

Cinisello Balsamo, 14 aprile 1940, manifesto per l’arrivo del segretario federale Gianturco

Cinisello Balsamo, 14 aprile 1940, ordine di adunata per l’arrivo del segretario federale Gianturco

Il podestà sollecita la presenza degli insegnanti per accogliere il federale

Cinisello Balsamo, 18 maggio 1940, manifesto del P.N.F. per la Giornata degli italiani nel mondo

L’inaugurazione di via Cadorna, avvenuta nel 1932 in occasione del decennale della Marcia su Roma, fu per i fascisti locali un’ulteriore occasione per sottolineare l’efficenza del regime. La fotografia fu scattata poco tempo dopo l’apertura della via

Via Milano (oggi via della Libertà), il primo edificio a sinistra è la sede del P.N.F., sullo sfondo uno dei motti del duce dipinto su un edificio

Via Milano, la parte interna dell’edificio che ospitava la sede del P.N.F., situata nell’area di villa Arconati Visconti Arese

1943, via Frova, villa Lampugnani De Ponti sede dell’O.N.D.

Cinisello Balsamo, via Cadorna angolo via Beato Carino, sede della G.I.L., è visibile sulla facciata il motto dell’organizzazione: Credere, obbedire, combattere

Lo stesso edificio alcuni anni dopo la fine della guerra. Pur abrasa, è ancora visibile la scritta: Credere, obbedire, combattere. Oggi l’edificio è sede dell’U.T.E. (Università della Terza Età)