GIMELLI FERDINANDO

Nell’aprile del 1936 é nominato commissario prefettizio e sostituisce il podestà Alberto Innocente Monti che viene allontanato a causa di deprecabili episodi di ordine pubblico e per discordie intestine al P.N.F. (Partito Nazionale Fascista).

Dopo un mese, nel maggio del 1936, Gimelli assume la carica di podestà.

Lascia il suo incarico il 18 maggio 1940 perché richiamato alle armi come capitano dell’esercito, dopo essersi già allontanato per un breve periodo di esercitazioni. Dopodiché si sa poco della sua azione militare se non che aderisce volontariamente alla R.S.I. (Repubblica Sociale Italiana) e viene nominato capo di stato maggiore della Brigata Nera Aldo Resega.*

Risulta avere un ruolo molto importante negli ultimi concitati giorni prima della Liberazione. Il 19 aprile 1945 a Milano incontra Mussolini con il federale della città Vincenzo Costa, il generale Eduardo Facdouelle, capo di stato maggiore delle Brigate Nere, il federale di Como Paolo Porta, ispettore dei Fasci per la Lombardia e con Franco Colombo, comandante della Legione Muti.
Vengono convocati dal duce per esaminare la situazione e valutare la possibilità di trattare con il C.L.N.A.I. (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) per un passaggio di poteri non cruento.

Il giorno 25 aprile la Brigata Nera Aldo Resega, al comando di Gimelli, raggiunge il presidio di Legnano. Dopo inutili tentativi per entrare in città, decide di sospendere la lotta e di tornare a Milano con la colonna che ha avuto morti e feriti.
A Nerviano i repubblichini vengono bloccati dai partigiani. Dopo vani sforzi per aprirsi la via, Gimelli ordina di cessare il fuoco e si presenta ai partigiani per la resa.

Il mattino successivo tutti i componenti del reparto sono incolonnati e condotti a Parabiago dove vengono custoditi. Alle ore nove del 29 aprile arriva una squadra di partigiani al comando del partigiano, nome di battaglia Garibaldi, il quale ordina agli ufficiali di seguirlo. Gli ufficiali sono: Ferdinando Gimelli, il capitano Osvaldo Sala, un tenente, i sottotenenti Fernando Campioni e Adriano Gimelli, quest’ultimo figlio del comandante. Si aggiungono due militi: Cappelli e Guido Mari.
Vengono portati tutti a Nerviano davanti a un tribunale del popolo e condannati a morte. Sono poi trasportati davanti alle mura del cimitero, dove si raccoglie una grande folla.
Il tenente colonello Ferdinando Gimelli si rivolge alla folla per chiedere la grazia per il proprio figlio e per Cappelli, il più giovane dei militi. Il comandante partigiano Garibaldi accoglie la richiesta e li sottrae quindi alla fucilazione, mentre Ferdinando Gimelli (anni 47) sarà fucilato con gli altri gerarchi.

* Le Brigate Nere erano un corpo paramilitare fascista della Repubblica Sociale Italiana, che fu operativo in Italia settentrionale dagli inizi di luglio del 1944 fino al termine della seconda guerra mondiale.
La formazione militare fu istituita il 30 giugno 1944 col decreto legislativo 446 XXII con il nome di Corpo Ausiliario delle Squadre d’Azione delle Camicie Nere ed era costituita da militanti del P.F.R. (Partito Fascista Repubblicano) arruolatisi in maniera volontaria.
Furono costituite quarantuno brigate, una per provincia, intitolate ciascuna a un caduto del fascismo [quella comandata da Gimelli era stata fondata da Vincenzo Costa (ultimo federale di Milano) e intitolata ad Aldo Arnaldo Resega, importante esponente della Repubblica Sociale Italiana, ucciso dai G.A.P. (Gruppi di Azione Patriottica) a Milano il 18 dicembre 1943]. Ad esse si affiancavano sette brigate autonome e otto brigate mobili.
Le federazioni provinciali del partito furono convertite in comandi di brigata, diretti dai vari federali, mentre la segreteria nazionale del P.F.R. assumeva le funzioni di Ufficio di Stato Maggiore del Corpo. Comandante generale del corpo fu, sin dall’inizio, il segretario del partito Alessandro Pavolini.

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GALLERIA FOTOGRAFICA

Ferdinando Gimelli

1944, da destra Vincenzo Costa e Alessandro Pavolini passano in rassegna la Brigata Nera Aldo Resega

1945, Milano, cortile della Prefettura, da sinistra Alessandro Pavolini, Mussolini, Vincenzo Costa

Manifesto delle Brigate Nere