CARINO BEATO PIETRO DA BALSAMO

di Ezio Meroni
da: Storia di una comunità - Sant’Ambrogio ad nemus in Cinisello

Nel secolo decimoterzo le sette ereticali a Milano risultano particolarmente attive e in grado di far registrare una consistente proliferazione, tanto che il cardinale Jacopo de Vitry, all’inizio del Duecento giunge a definire la città ambrosiana come una "fovea haereticorum", una fossa di eretici; indubbiamente la situazione non deve essere stata delle più tranquille, se Pietro Verri è in grado di individuare nella città ben "quindici sette di eretici" di cui fornisce un dettagliato elenco.

Per porre rimedio a questa situazione nel 1220 giungono a Milano i Domenicani, seguiti pochi anni dopo dai Francescani, onde combattere con la dottrina e l’esempio gli eretici. Nel 1228 è insediato a Milano il Tribunale dell’Inquisizione, che non lesina scomuniche e condanne al rogo, come dichiara esplicitamente l’epitaffio posto ai piedi della statua del console Oldrado da Tresseno.

Risultando questi provvedimenti ancora insufficienti ad estirpare l’eresia nella città e nei villaggi, nel 1233 è inviato a Milano fra’ Pietro da Verona, inquisitore dell’Ordine Domenicano, al quale è legata l’esperienza di sangue e di redenzione del beato Carino da Balsamo.

Il Corio narra che, nonostante l’energico intervento del nuovo inquisitore, "non puocho era moltiplicata la pestifera heresia", anzi l’intraprendenza e la caparbietà della sua azione avevano suscitato il disappunto e la sete di vendetta in alcuni dei maggiori esponenti ereticali milanesi, i quali, "duoppo molti concilii", decidono "de fare occidere fra’ Pietro".

Per l’esecuzione del crimine Manfredo Chiiro assolda Carino, del villaggio di Balsamo, il quale "acceptando il partito", chiede di "seco havere Albertino Porro de Lenta, nominato Magnifo".

Saputo che fra’ Pietro da Verona era in procinto di intraprendere un viaggio da Como verso Milano assieme a un confratello di nome Domenico, i due assassini scelgono con cura il luogo dell’imboscata e, "nelle vicinanze di Barlassina, il giorno 6 aprile 1251, con una falce" lo uccidono lasciando "fra’ Domenico sì malamente concio", che dopo pochi giorni cessa di vivere.

Ciò che scaturisce da questo orribile delitto è storia troppo nota per essere ampiamente trattata in questo lavoro: Carino da Balsamo fugge dal carcere dove era stato rinchiuso grazie alle connivenze con gli eretici di Pietro Avvocato, podestà di Milano; mentre tenta di raggiungere Roma è colto da una grave malattia e viene ricoverato a Forlì in un ospedale per i poveri.

Qui chiede di confessarsi e al priore del vicino convento dei Domenicani rivela l’atroce delitto e tutto il proprio tormento, implorando la misericordia divina.

Convertitosi, Carino da Balsamo è accolto nell’Ordine dei Domenicani e trascorre a Forlì il resto della sua esistenza nella preghiera, nella penitenza e nel lavoro; nel 1293, alla sua morte, chiede di essere sepolto in terra maledetta, tra gli assassini, ma qualche anno dopo i forlivesi ottengono il permesso di traslarne le spoglie nella chiesa dei Domenicani.

Nel 1882 ha luogo il processo per la sua beatificazione e nel 1934, grazie all’interessamento del parroco di San Martino don Emilio Griffini, il capo e altre reliquie del beato sono trasportate nel suo paese d’origine; con gran concorso di folla e alla presenza del cardinale Schuster esse vengono tumulate con una solenne cerimonia sotto l’altare della chiesa parrocchiale di San Martino.

Nel 1964 don Piero Carcano provvede a completare il trasporto delle restanti reliquie del beato e a tumularle sotto l’altare della nuova chiesa parrocchiale di Balsamo.

L’Amministrazione comunale gli ha dedicato una via.

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GALLERIA FOTOGRAFICA

Le reliquie del Beato Carino

Particolare della fotografia, a destra della reliquia don Emilio Griffini

Le reliquie giungono al Santuario San Martino

Una vecchia fotografia di via Beato Carino

Via Beato Carino

Via Beato Carino oggi